Capitolo uno

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La gelida aria invernale si scontrava contro la parte non coperta del mio viso, constrigendomi a sochiudere gli occhi al brusco impatto, non ho mai sopportato il vento, né caldo né freddo.
erano circa le sette del mattino, quindi il cielo era ancora tinto di un triste grigio misto ad un blu chiaro. camminavo nella triste via che precedeva casa mia, gli unici rumori che si potevano sentire era lo scricchiolio di foglie secche dimenticate dall'autunno. Diana Horenwel, é il nome che mi accompagna da diciassette anni, ho gli occhi grigi sfumati di azzurro, i capelli color cioccolato e lunghi fin poco sotto le spalle, la pelle chiara a tal punto che sui polsi erano ben distinguibili le disgustose vene bluastre. Non sono mai andata pazza per il mio corpo, come ogni adolescente, ma credo di avere una corporatura normale. Quel giorno era il primo giorno nel nuovo college, indossavo la mia divisa scolastica, priva di imperfezioni, costituita da una camicia bianca, una cravatta grigia come la gonna, ed una felpa beurdeux con lo stemma della scuola blu e giallo sulla parte destra e le maniche erano bianche con i polsini del medesimo colore della felpa, dato che era inverno sotto la gonna indossavo una calzamaglia nera velata e anche se non previsti dall'uniforme, indossavo i miei fidati dr. Martens. Non mi sentivo ancora pronta a lasciare tutto e trasferirmi in una nuova città, tremendamente lontana dai miei amici, familiari e dalla casa dove sono cresciuta. Questo a Jonh e a Kate di certo non importava, avevo perso l'uso di chiamarli "mamma e papà" da anni.
"Kate! Manchi solo tu, jonh è giá in macchina!"urlai rivolgendo il viso verso la facciata della casa, speranzosa che il messaggio gli arrivò. l'ansia mi stava divorando sempre di più ogni minuto che passava. pensavo alla sera prima, passata con i miei amici dato che quest'oggi saremmo tutti partiti per il nostro college, almeno loro, dato che io da quell'anno avrei cambiato college, obbligata dei miei genitori influenzati dai loro amici snob. non sopportavo né loro né i loro figli.
Kate scese finalmente, tailleur bianco panna,un leggero filo di perle al collo, un rossetto rosso tenue che le incorniciavano le labbra, mia madre era una bella donna sui trentanove anni, con gli occhi color cielo in tempesta e la pelle olivastra, sicura di se sempre e comunque, purtroppo come mio padre ha sempre messo il suo lavoro prima di tutto e tutti. corsi verso la macchina appostata sul vialetto, aprì agilmente la portiera posteriore e mi appostai sul sedile, il bagagliaio straboccava di mie valigie pronte a scoppiare da un momento all'altro. Portai con me, sui sedili posteriori , il mio zaino nero dell'eastpak segnato dal tempo, era decorato con varie spille di band e scritte bianche. dentro ci costudivo, il mio diario personale, un astucio, un quaderno degli schizzi, il computer, il portafoglio e i caricatori. la mia vita in poche parole. Jonh mi osservava con attenzione dallo specchietto retrovisore, mentre Kate si sedeva con eleganza sul sedile accanto a quello del guidatore. " la cravatta"si schiarì la voce "la cravatta, dell'uniforme Diana" disse squadrandomi con il suo sguardo severo, abbassai lo sguardo e notai che la cravatta era allargata, proprio come volevo, ma per Jonh andava sistemata. Jonh era un uomo sui quarantatré anni, sempre in giacca e in cravatta, senza mai una macchia, sempre perfettamente curato così come i suoi capelli in ordine tinti di un biondo cenere, con qualche striatura bianca ai lati. quel giorno indossava i pantaloni e la giacca blu scuro, camicia bianca cravatta nera come le eleganti scarpe. Sbuffai sistemandomi la cravatta mentre guardavo malinconica la mia casa color crema, sapendo che una volta arrivata sarei stata a ben cinque ora da casa, dalla mia vita, amici e familiari... non era affatto giusto.
"Pronta a conoscere i tuoi futuri amici e professori?" disse con finto interesse Kate.
" cambia nulla se dico di no?" dissi ben cosciente della risposta.
Attenta alle prime impressioni,ti segneranno per tutto l'anno"disse Jonh non curante della mia domanda di poco prima.
" ma avete capito che io non ci voglio andare?" dissi alzando di poco il tono di voce.
"Oh già caro!" esclamò Kate.
continuarono a parlare tra di loro fingendo una conversazione che mi includa.
" cavolo! Dovrò accattivarmi di nuovo la simoatia degli spacciatori dei dintorini,altrimenti dovrò pagare la 'roba' a prezzo pieno"mentii naturalmente a voce ancora più alta. "Tu cosa !?"esclamò mio padre inchiodando l'auto. entrambi si voltarono scioccati verso di me, mi lasciai sfuggire un ghigno che fece infuriare,visibilmente, ancora di più mio padre.
" oh vi importa?" dissi fingendo un'espressione stupita "oh tesoro, ci hai fatto spaventare" sospirò Kate poggiandosi una mano sul cuore " chi ha detto che stavo scherzando?" dissi cercando di fingere un'espressione seria "finiscila Diana" esclamò esasperato Jonh passandosi una mano sopra il viso, era ovvio non ne avevano la certezza ma preferivano non sapere.
Si dice 'occhio non vede cuore non duole' o sbaglio?
Le estenuanti ore di viaggio mi avevano stancato più di quanto pensassi. Kate non smise di parlare per tutto il viaggio, ricordando con nostalgia i suoi tanto amati anni al college, delle sue amicizie e amori passati e nostalgici.
Eravamo arrivati alla 'prigione' e non mi andava ancora l'idea di essere in quel luogo, quell'anno dovevo tornare nel mio vecchio college, ma no. Ancora una volta sono dovuta soccombere sotto il volere dei mie genitori.
Presi la mia cartella in spalla e scesi dall'auto, mio padre disse di lasciare il resto della roba in auto, che a tempo dovuto saremmo tornati a prendere. Varcammo la soglia della scuola e raggiungemmo la segreteria.
" Diana Horenwel" disse mio padre davanti alla segretaria, alla quale appena pronunciato il mio nome gli accese un luccichio negli occhi,
"Oh voi siete i signori Horenwel? Che piacere vi stavamo aspettando!"in quel momenti capi la spavalderia di mio padre e la reazione della segretaria al mio nome, mio padre aveva dato un contributo in denaro alla scuola... Naturalmente.
Mentre Jonh e Kate si preparavano ad incontrare il preside del college io mi avvicinai alla segreteria chiedendo le chiavi della mia stanza ed una mappa della scuola, co n un sorriso a trentadue denti la donna mi diede ciò che gli avevo chiesto così dopo averla ringraziata mi addentrai alla ricerca della mia stanza.
Non mi piaceva l'idea delle uniformi, sembravamo tutti simili, quasi come se nessuno di noi disponeva di una proprio personalità.
La visione mi demoralizzò.
Nonostante una mappa molto specifica
dell'edificio mi persi.
Che idiota.
Ero sicura di essere finita nei corridoi dei dormitoi maschili, ero in crisi.
" cazzo! Cazzo!" esclamai a voce forse troppo alta, ma il mio imprecare 'interiore' venne placato da un uomo,anch'esso, in giacca e cravatta che trascinava il figlio nello stanzino degli inservienti, il ragazzo sembrava senza emozioni, mentre il padre invece ribolliva di rabbia.
Sentii dei forti colpi e dei gemiti. Non poteva essere una amorevole
Scampagnata familiare tra scope e secchielli. Decisi di dare un'occhiata, aprii leggermente la porta senza farmi notate e vidi il ragazzo inerme a terra poggiato agli scaffali ancora senza una emozione visibile sul viso, eppure era ridotto male!
Il padre era in piedi davanti al figlio che si massaggiava le nocche "hai visto cosa accade ad andare contro tuo padre piccolo stronzetto?" ringhiò orgoglioso l'uomo mentre si avviava verso la porta.
Non riuscì ad allontanarmi prima che riuscisse a vedermi, l'uomo (molto più alto di me) mi squadrò da testa a piedi, si chinò verso di me prendendomi il mento "tu non hai visto nulla" sussurrò.
"lei è un uomo di merda"esclamai liberandomi dalla sua presa.
Tornò eretto, mi guardò con disgustò e se ne andò.
Il primo giorno ed incontro un coglione in giacca e cravatta, pensai mentre lo vedevo allontanarsi.
Entrai piano nella piccola stanza e mi avvicinai al ragazzo, guardava un punto indefinito con il sangue che gli usciva dal labbro rotto e le botte che si stavano raggiungendo un colorito sul violaceo. Però mi soffermai a notare i suoi occhi verdi molto intensi, i suoi capelli color nocciola ricchi e spettinati, le sue labbra e il suo fisico asciutto ma muscoloso.
Scossi la testa e tornai alla realtà.
" appoggiati a me, ti porto in infermeria" dissi cercando di metterlo in piedi senza fargli male.
"Zitta" diventò serio. Mi aveva zittita? Pezzo di...
"Come scusa?"chiesi incredula
"ti ho detto di stare zitta cazzo!" si fece scivolare una mano sul viso "piuttosto, tira fuori una di quelle cazzate che usate voi ragazze per coprirvi la faccia" ringhiò.
Simpatia portami via. "Hai bisogno di andare in infermeria!" gli urlai in faccia così che mi capisse, notai lo stesso sguardo di fuoco che aveva prima suo padre, incominciai a spaventarmi. Mi prese il lembo di camicia tirandomi ed avvicinandomi con forza verso il suo viso.
"Ti ammazzo se provi ancora ad usare quel tono con me!"sussurrò infuriato " nessuno deve vedermi ridotto in questo stato, hai capito? Se quel figlio di puttana scopre che qualcuno mi ha visto cosí mi ammazza! " lasciò la camicia, ero terrorizzata.
Le mani mi tremavano, così come le gambe, mi pentii di essere andata ad aiutarlo.
"Allora?"mi incitò lui.
" h-ho tutto nelle mie valigie,ma non credo siano giá nella mia stanza" sussurrai, mi guardò storto.
"Vai a vedere"disse come se fosse la cosa più ovvia del mondo, ma crede davvero che sarei qui se avrei trovato la mia stanza?! " non so dove sia, la sto cercando da una eternitá" spiegai spaventata, grugnì si tirò su il cappuccio della felpa e si alzò lentamente emettendo gemiti di dolore.
Mi prese dalla mano la mappa con segnata la mia stanza, mi prese l'avambraccio stringendolo e dopo essersi accertato che il corridoio era deserto mi trascinò verso la mia stanza.
Non riuscivo a capire quel ragazzo... Sembrava odiare davvero suo padre, eppure aveva paura di mostrare che razza di persona era.
Arrivammo davanti all'ultimo piano davanti ad una porta di legno con scritto '125 C'placcato in oro. Mi esordì ad aprire la porta con le chiavi, una volta aperta la stanza trovali le mie valigie disposte in ordine sul mio letto... L'unico letto nella stanza, fantastico sarei stata sola come un cane.
"Cerca" mi ordinò il ragazzo.
Sbuffai arrabbiata ed iniziai a cercare il mio beauty-case nero.
Dopo aver cercando in tutte le valigie, dato che avevo dimenticato dove lo avevo messo, estrassi il mio correttore. Per sua fortuna lui aveva la stessa mia carnagione.
"Non posso metterti il correttore se sei in piedi,sei troppo alto"gli feci notare al ragazzo rimasto tutto il tempo sulla porta.
Scosse la testa ridacchiando, facendomi scorgere le sue fossette " sei davvero minuscola " ammise andando verso la sedia della scrivania.
Un cenno di umanità?
Una volta seduto mi avvicinai togliendogli il cappuccio.
"Devi almeno sciacquarti via il sangue dal viso.." gli sussurrai indicandogli il suo riflesso nello specchio.
Di tutta risposta sbuffò prima di scostarmi con arroganza per dirigersi verso il bagno.
Pochi secondi dopo torno a sedersi davanti a me ed io con le mani ancora tremolanti incominciai a applicargli il prodotto su l'occhio oramai violaceo e sulle parti arrossante.
"Non serve a nulla coprire,serviva del ghiaccio o della pomata, domani sarai comunque pieno di botte" puntualizzai io cercando di sistemare il correttore senza premere troppo.
"Vorrá dire che domani mattina sarò qua"affermò.
Il ragazzo mi ha preso per la sua truccatrice?
mi faceva paura ma allo stesso tempo mi spiaceva, infondo entrambi avevamo delle situazioni familiari incasinate, anche se la sua situazione, ad occhio, era molto più grave della mia.
"Come ti chiami?" mi chiese quando i nostri occhi si incontrarono, scostai lo sguardo subito dopo.
"Diana" continuai " Diana Horenwel " ammisi ultimando la mia 'opera'.
"Bene" disse alzandosi "Diana ricordati la mia faccia perchè ora che sai il mio segreto mi appartieni" disse avvicinandosi al mio collo e poco prima che me ne accorgessi mi lasciò un succhiotto ben visibile su di esso, lo guardai confusa mentre mi portavo la
Mano sul segno, lui sorride ridendo e avvicinandosi al mio orecchio "Diana hai stipulato il patto con il diavolo" cantilenò soddisfatto prima di dalla mia stanza.

My devil ||H.SDove le storie prendono vita. Scoprilo ora