Capitolo 9

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Elizabeth Adams

Mi sveglio nel cuore della notte, oddio sono solo le cinque del mattino a dire il vero... continuano a susseguirsi nel corridoio dei brusii, e questo ciò che mi ha svegliato.

Indosso una vestaglia di seta mentre raccolgo i miei capelli in uno chignon e scendo al piano terra della villa.
Mentre uscivo dalla mia stanza ho notato la porta della camera da letto di mio fratello aperta, che strano anche perchè dentro non c'era nessuno.

Seguo i brusii, che mi portano all'ingresso dove Octavia e Dennis mi danno la schiena, solo quando si accorgono della mia presenza dietro di loro riesco a scorgere con chi stavano parlando prima... mia madre è qui.

Sabrina, mia madre, l'ingeniera robotica più famosa e ricca del paese è stata mandata in un centro per alcolisti, erano più o meno due anni che non la sentivo più...
I suoi capelli sono sciolti, uguali ai miei, tranne per la ricrescita dei capelli bianchi.
La pioggia si abbatte sulla villa, sento l'acqua battere insistentemente sul tetto e le finestre.
La mia faccia al momento? Sembro appena essere stata folgorata da un fulmine, ma dico io, alle cinque del mattino la capa suprema ritorna come se nulla fosse?
Mio fratello è pensieroso, ma poi mi spiega: "Mamma ha finito al centro di recupero, i dottori dicono che sta bene ora" guardo mia mamma... i suoi occhi scuri mi rimandano indietro a quando ero piccola...

Flashback

-Elizabeth a tredici anni

Mia mamma è distrutta in seguito al suo divorzio con papà.
Con mia madre non ho avuto chissà che rapporto, per questo non ho capito perchè sono con lei, anche s non poteva prendersi la custodia di Dennis poteva sempre lasciarmi li.
Mai un abbraccio, mai un gesto affettuoso... ma ci sono abituata.

Si è buttata nel lavoro, sono cresciuta si con la consapevolezza che ci stavamo arricchendo ma che la mia unica compagnia era lo staff della villa.
È stata la governante a insegnarmi che la camomilla e vedere Spiderman la sera è la cosa migliore, riduce lo stress ve lo assicuro.

-Elizabeth a quindici anni

Tyler cerca in tutti i modi di contattarmi, cambia addirittura il numero ma io come sempre continuo a bloccarlo.
Quello era un periodo particolarmente buio, per me, ma sopratutto per mia madre.
Io e lei non ci parlavamo più...entrambe stavamo combattendo una guerra, lei una relazione finita rovinosamente e io una nuova vita così diversa da quella che ero abituata a chiamare così.
Così distrutta che allontanano chiunque provasse ad avvicinarsi, e mi stavo allontanando perfino dalla mia più cara amica.

-Elizabeth a sedici anni

L'unica cosa che mi impediva di sprofondare nel dolore era la corsa.
Delilah era la mia migliore amica, dopo Kira.
Nonostante fosse decisamente nella classe sociale opposta alla mia andavamo a scuola assieme e siamo subito state inseparabili.

Quel giorno stavamo correndo entrambe, lei odiava correre, ma era per scuola quindi era per così dire obbligata.
Però mentre parlavamo lei continuava a darsi delle arie.
Parlava solo ed esclusivamente della sua vita perfetta, solo perchè il ragazzo che le piace le aveva scritto, ragazzo che per la cronaca era un'idiota.
È non riuscivo a fare a meno che pensare quanto la mia vita in confronto alla sua fosse uno schifo, non lo volevo ammettere, questo è stata la causa della fine di un'amicizia.
"Sai dovresti scendere da quel dannato piedistallo qualche volta" le ho urlato in faccia, e me ne sono andata correndo.

Mi sentivo il mondo contro.
Cominciavo a usare la ricchezza di mia madre.
Ero diventata una snob viziata.
Ogni volta tornavo a casa da feste mezza ubriaca.
Ero senza uno scopo per il futuro.
Senza una speranza a cui aggrapparmi.

Questa non è estateDove le storie prendono vita. Scoprilo ora