Ultraviolence

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Il giorno dell'esame era arrivato.

Jisung aveva passato la domenica e il lunedì a studiare come un pazzo, giorno e notte, senza concedersi un attimo di pace. I suoi amici lo avevano invitato a uscire o a casa loro, ma lui non voleva sentire ragioni: una minima distrazione e il 100 in quell'esame di matematica sarebbe rimasto un sogno.

Quella mattina l'esame era alle 10, ma Jisung arrivò a scuola al solito orario mattutino, rifugiandosi nella biblioteca per ripassare ancora una volta tutto ciò che gli serviva. Era esausto, e questo era poco per descrivere il suo stato: aveva dormito forse due ore quella notte, come anche la precedente, sopravvivendo a forza di caffè ed energy drink. Nel suo sangue scorreva più caffeina e taurina che altro.

Occhiaie profonde incorniciavano i suoi occhi stanchi, e la scarsa alimentazione degli ultimi giorni si rifletteva sul suo corpo, ora più esile del solito. Saltava i pasti, convincendosi che avrebbe mangiato durante le pause, ma alla fine non lo faceva quasi mai. Anche il suo stomaco, stanco, non accettava grandi quantità di cibo.

Jisung odiava ridursi così per lo studio. Riteneva lo studio importante e piacevole, ma non in quei casi dove si sentiva oppresso e obbligato a ottenere il massimo in una materia che nemmeno gli piaceva. Era una situazione terribile.

La minaccia della madre lo aveva preoccupato parecchio, sapeva che quella donna era capace di fargli cambiare scuola in un batti baleno, senza tanti problemi.
Non avrebbe avuto problemi a sganciare dei soldi solo per mandarlo in una scuola di alto livello, dove si trovavano solo figli di papà; odiava quelle persone e luoghi simili, erano la cosa che più detestava, inoltre il solo pensiero di lasciare i suoi amici per un voto che non fosse un cento lo distruggeva ancora di più.

Per questo doveva dare il meglio di sé quel giorno.

Guardò l'orario e notò che era arrivato il momento di dirigersi verso l'aula dell'esame. Solo al pensiero, un nodo gli si formò in gola, rendendogli difficile persino respirare. Prese un respiro profondo, si alzò dalla sedia della biblioteca e si sentì barcollare per un istante. Forse aveva fatto un movimento troppo brusco?

Lasciò la biblioteca e si diresse verso la sua destinazione, tenendo stretto a sé il libro di matematica che aveva praticamente consumato in quei due giorni. Arrivato davanti all'aula, notò vari studenti intenti a ripassare, ma tra di loro spiccava uno in particolare: Lee Minho.

Jisung si passò una mano sul viso e cercò di ignorarlo, facendo finta di non averlo visto. Già non aveva forze per affrontare l'esame, figuriamoci per discutere con quel ragazzo. Abbassò la testa sul libro, fingendo di ripetere, sperando che Minho non lo notasse. Mancava poco all'inizio dell'esame, poteva farcela.

"Han Jisung, eccoti."

Il ragazzo chiuse gli occhi e tirò un sonoro sbuffo, poi abbassò il libro e guardò Minho davanti a lui. "Lee Minho."

Minho osservò il minore, notando che non sembrava il solito Jisung di sempre. C'era qualcosa che non andava in lui, partendo dall'aspetto fisico.

"Vedo che ti sei preparato anche fin troppo."

Jisung sbuffò di nuovo e roteò gli occhi, incrociando le braccia al petto mentre lanciava un'occhiata infastidita al ragazzo di fronte a lui. Non aveva voglia di litigare, ma con Minho era spontaneo creare discussione.

"Non sono in vena, Minho, non mi rompere il cazzo."

Sputò quelle parole acide e lo sorpassò, notando con piacere che ora l'aula era aperta per l'esame. Posò il libro nella propria borsa che lasciò ai piedi del banco in cui si sedette, prendendo una penna per scrivere sui fogli che gli vennero consegnati dall'insegnante.

"Avete 60 minuti a partire da ora."

Il timer partì e tutti si fiondarono sui fogli, Jisung incluso. Lesse attentamente le tracce e si concentrò, mordicchiando il tappo della penna. Sentiva un forte mal di testa torturarlo, ma lo ignorò completamente: doveva pensare solo a quegli esercizi e a quelle domande, non doveva distrarsi.

Prese a scrivere la prima operazione, notando che la sua mano stava tremando, probabilmente per l'ansia. I minuti passavano e nell'aula regnava il silenzio totale, rotto solo dal lieve rumore delle penne che scrivevano con aggressività sui fogli. L'insegnante passava tra i banchi per assicurarsi che nessuno stesse copiando e per dare un'occhiata a come stavano andando gli esercizi.

"Mancano dieci minuti, se avete finito potete anche consegnare i vostri fogli."

Jisung aveva ormai finito, ma stava ricontrollando ossessivamente ogni singolo esercizio per accertarsi che fosse fatto bene, nonostante la sua vista si stesse leggermente offuscando, probabilmente dalla stanchezza. Doveva solo consegnare e sarebbe potuto tornare a casa per riposarsi finalmente. Ne aveva bisogno, ed era la cosa che più desiderava in quel momento: il suo caldo letto e del sano riposo.

Prese un profondo respiro e si alzò dal proprio posto con gambe tremanti, dirigendosi verso la cattedra del professore. Posò i suoi fogli lì, stringendo debolmente la propria borsa.

"Puoi anche andare."

Jisung annuì e si diresse verso la porta, sentendo il pavimento sotto i piedi praticamente sparire. Si appoggiò a un banco vicino, facendo sussultare lo studente che stava ancora scrivendo.

Sussurrò un debole "scusa", poi si appoggiò alla porta cercando di aprirla, ma non riusciva nemmeno a sentire la maniglia. Non riusciva a sentire più nulla, nemmeno le voci che lo richiamavano. In pochi istanti si ritrovò a terra, privo di sensi, sotto lo sguardo preoccupato e spaventato di tutti, tra cui Minho.

Minho fu il primo ad alzarsi e a precipitarsi da lui. Si accovacciò davanti a Jisung e controllò il suo respiro e il battito. Sospirò di sollievo quando capì che era semplicemente svenuto, poi lo prese in braccio, mordendosi il labbro nervoso.

"Ragazzi, continuate l'esame. È tutto a posto."

Annunciò l'insegnante per calmare gli studenti che avevano già creato un brusio di voci per la scena davanti a loro.

Minho lasciò l'aula e si diresse in infermeria, dove posò Jisung su un lettino e spiegò all'infermiera cosa fosse successo. La donna inumidì i polsi e la fronte del ragazzo con un panno bagnato, mentre Minho osservava preoccupato.

"Si risveglierà. Deve solo riposarsi un po'. Tu puoi anche andare."

A Minho mancavano giusto due esercizi per finire l'esame e avrebbe potuto ottenere il massimo come suo solito. Ci pensò su, mordicchiandosi il labbro inferiore mentre guardava Jisung incosciente davanti a lui. Sospirò e si allontanò, passandosi una mano tra i capelli.

Prese uno sgabello e lo mise accanto al lettino di Jisung, sedendosi lì ad aspettare che si svegliasse. Avrebbe potuto avvertire Felix, ma non voleva farlo preoccupare. Dopotutto non era nulla di troppo grave e la ramanzina gliel'avrebbe fatta lui, appena si fosse svegliato.

Mentre osservava il viso di Jisung, si chiese perché si fosse preoccupato così tanto. Certo, è una reazione umana vedendo qualcuno svenire davanti ai propri occhi, ma perché aveva paura di lasciarlo da solo? Perché voleva, in un certo senso, proteggerlo?

Forse perché era il migliore amico di suo fratello.

O forse perché, dopotutto, si stava affezionando a quel ragazzino poco sopportabile.

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non so com'è uscito sto capitolo è tutto così tragico

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