These Walls

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Le ore erano passate veloci e, senza neanche accorgercene, ci eravamo addormentati. A svegliarci era stata solo la fame, dopo che avevamo saltato in pieno l'ora del pranzo.

Quando aprii gli occhi, lo vidi girare nudo per casa, intento a mangiare una fetta della torta che avevo portato. Presi il primo cuscino che trovai sul divano e glielo lanciai, così lui si fermò di colpo e si voltò verso di me

"Aia"
"Eh aia, vestiti almeno, che prendi freddo! E poi potevi aspettarmi per mangiare"
"Vabbe scusa se non volevo svegliarti"
"Eh prego. Almeno è buona?"

Sbuffai una risata passando una mano sul mio viso, poi mi misi seduta rannicchiando le ginocchia al petto, così da coprire il mio seno e quel filo di pancia di troppo, i miei punti deboli.

"Che c'è, fai la timida?"

Gianluca parlava tra un morso e l'altro, andava in giro spavaldo, fiero del suo corpo, e lo avrei fatto anche io, se fossi stata una statua greca come lui. Ma portavo addosso i segni di un passato in sovrappeso causato da un motivo di salute che non avevo mai saputo accettare, e quella domanda mi infastidì, sebbene cercai di mantenere un tono calmo.

"Dai, smettila"

Le parole uscirono senza che lo guardassi in viso, intenta a rivestirmi.

"Dai, niente secondo round?"

Scossi la testa sbuffando una risata, ma non risposi. Mi alzai solo in piedi, una volta aver finito di indossare nuovamente i miei vestiti, ed andai verso di lui per dargli un bacio.

"È buona o no sta torta?"

Chiesi nuovamente, non avendo ricevuto risposta la prima volta. Lui annuì e rivolse la fetta verso di me, lasciandomi dare un morso.

"Direi di si"

Conclusi in merito, poi tornai a guardarlo.

"Senti, è meglio se torno, ci vediamo in questi giorni"

E dinuovo lo baciai, prima di andarmene.
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In realtà, fu complicato incontrarsi nei giorni che seguirono. La squadra doveva preparare l'ennesima partita decisiva: Atalanta-Roma, e De Rossi li aveva decisamente messi sotto.
Tuttavia, per quella domenica, io e le mie solite amiche avevamo deciso di tentare la prima trasferta.

La situazione, però, fu pessima. Per l'ennesima volta, mi sentii, insieme a tanti altri come me, presa in giro da una squadra che pareva non essere mai entrata in partita. Gianluca incluso.

Dopo il match, io e le mie amiche ci fermammo con un gruppo di tifosi.
Dopo aver sentito scuse su scuse per giustificare quella pessima prestazione, non riuscii più a trattenermi. Se c'era qualcosa che accomunava più di tutto me e Gianluca, era la facilità con cui perdevamo la calma.

"Ma perché, l'Atalanta non era stanca?! Ao ce devi entra con il coltello tra i denti in una partita del genere, altro che amareggiati, ma de che stamo a parla"

E, ovviamente, scelsi il momento peggiore per quello sfogo, perché in quel preciso istante il gruppo di romanisti intorno a me si voltò in un'unica direzione: verso Gianluca che, dopo avermi non solo riconosciuta, ma anche sentita, stava venendo verso di me a passo sostenuto, fermandosi ad una spanna dal mio petto, per guardarmi dall'alto al basso.

"Ma tu che cazzo ne sai, Alè? Parli sulla base di cosa? E soprattutto che ci fai qua?"

Non so se la gente fosse più stupita dal fatto che mi stesse aggredendo, o dal fatto che conoscesse il mio nome. In ogni caso, tutti mi guardavano sbalorditi, mentre io ero accecata da come si era rivolto a me, alimentando come benzina sul fuoco quella rabbia che avevo dentro.

"Che ci faccio qua? Sono venuta a sostenere la mia squadra, non posso?! Certo, visto il risultato, era meglio se me ne rimanevo a casa"
"Ma perché? Ti aspetti sempre che le vinciamo tutte?"
"Ma secondo te c'ho due anni? Certo che lo so che si può anche perdere, ma non così. Non ci siete scesi proprio in campo, manco tu"
"Io ho fatto quello che dovevo fare"
"Ma che cazzo hai fatto? Che hai fatto?! Porco due, ti insultano dalla mattina alla sera, e te invece de lotta te fai una passeggiata in campo"
"Forse ero ancora demoralizzato, che dici?"
"E sti cazzi? Io a lavoro i problemi miei li devo lascia fuori, per ottocento cazzo di euro, sennò mi licenziano. Impara a fa lo stesso, è lavoro pure per voi"
"Mo pure le lezioni di vita mi vuoi dare?! Ma vaffanculo"

Lui ridacchiò tra sé e sé, sbeffeggiandomi mentre, con un gesto della mano, accompagnava quell'elegante invito.
Io sentii i muscoli del viso farsi sempre più tesi, allargavo involontariamente le narici, i denti erano ormai talmente stretti che l'articolazione della mandibola iniziava a farmi male.
Rimasi in silenzio, ero passata dalla rabbia alla delusione, ed il mio cervello si annebbiò.
Nessuno osò proferire parola, così mi girai verso gli altri presenti e, dopo aver sussurrato un "godetevi il vostro campione" me ne andai, seguita dalle mie amiche.

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Piccola nota: ho deciso di dare un titolo ai capitoli. Ognuno di questi sarà il titolo di una canzone adatta per il relativo capitolo ❤
(Canzone del capitolo: These Walls - Dua Lipa)

Gialla come il sole ☀️ Gianluca ManciniDove le storie prendono vita. Scoprilo ora