Gli occhi

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Quando tornai a Roma, la situazione peggiorò drasticamente. Qualcuno, quella sera, aveva deciso di fare un video della scena e di postarlo, e così adesso eravamo sulla bocca di tutti.
Volevo sprofondare dentro al letto, mentre leggevo la quantità di messaggi, commenti o followers che arrivavano sul mio profilo Instagram.

Poi, uno dei giorni seguenti, intenta ad andare a lavoro, lo trovai con il suo solito suv a bloccare la stradina di casa mia.

Fino a quel momento, nessuno aveva osato scrivere all'altro, eravamo entrambi troppo orgogliosi e testardi per ammettere per primi i nostri errori.

Adesso, invece, era lì, poggiato allo sportello della macchina, fermo ad aspettarmi.
Roteai per un istante gli occhi al cielo, mentre, un passo alla volta, lo raggiungevo.

"Vattene"

Cercai di passare oltre, di girare intorno a lui ed al suo Mercedes, ma mi strinse una mano intorno al braccio e mi bloccò.
Squadrai prima quella presa, poi lui, e allora a quel punto mi liberò, provando piuttosto con le parole.

"Possiamo parlare?"
"No"
"Ale, che cazzo, sono venuto fino a qui"
"Daje, vuoi un premio?"

Lui iniziò a scaldarsi, ed io capii che non stavo facendo niente per evitarlo. Sospirò per cercare di mantenere la calma, passandosi anche una mano sul viso, mentre teneva gli occhi chiusi.

"Io non ti voglio vede, Gianlu"
"Ho capito, ma io si"

Solo a quel punto tornò a guardarmi, mentre ero ferma davanti a lui, a braccia incrociate, e con un sorriso ironico stampato in faccia.

"Mi hai mandata a fanculo davanti a tutti e mo ti ricordi che mi vuoi vedere?!"
"Non hai fatto manco niente per evitarlo, però"
"No, senti, evita ste stronzate che è meglio"
"Mi spieghi che devo fare?"
"Ma che te lo devo di io che devi fare?!"
"Vuoi che ti chieda scusa? Va bene, mi dispiace"
"A parte che mi dispiace non è scusa, ma poi non è che mi devi fare un favore, lo devi fare se davvero è quello che vuoi e che pensi"
"E se non lo pensavo non te lo dicevo"
"Vabbe. Mo posso andare a lavoro?"
"Ti posso almeno accompagnare?"
"Fai come ti pare"

La realtà era che un po' non avevo nessuna voglia di prendere i mezzi, un po' volevo che le cose si sbrigassero a tornare come prima e quella corazza da dura già mi stava abbandonando.
Io non ero brava a rimanere arrabbiata, mi bastava che qualcuno mi dimostrasse di tenerci anche solo un po', per perdonare tutto.

"Senti, a che ora stacchi oggi?"

Fu lui a rompere il ghiaccio, dopo un viaggio in completo silenzio. Io mi strinsi tra le spalle e, nel rispondergli, non lo guardai neppure, tenendo gli occhi fissi sulla strada davanti a noi.

"Non lo so, credo per le 19, abbiamo un cliente che ci sta dando problemi e dovremo fermarci di più. Perché?"
"Ti passo a prendere"

Non gli risposi, ma lui così fece. Alle 19, quando uscii dall'ufficio, lo trovai fuori ad attendermi.
Dalla camicia bianca ed i pantaloni neri, capii che non era a casa che mi avrebbe riportato. E, fortunatamente, per quel giorno avevo optato anche io per dei pantaloni più eleganti di un semplice paio di jeans, abbinati ad un paio di décolleté ed una blusa bianca. Stonava solo la mia solita tote bag parigina.

La strada che imboccò fu quella verso il Rome Cavalieri Hotel, e durante il tragitto si limitò a chiedermi come fosse andata la giornata, ed io a rispondergli con un semplice "bene".
Quando arrivammo, scoprii che aveva prenotato un tavolo al ristorante La Pergola, uno degli stellati all'interno del rinomato hotel e, dal tavolo che ci avevano riservato in terrazza, la vista su Roma era mozzafiato.
Per accoglierci, subito ci offrirono due flute di champagne e, ancora prima che potessimo leggere i menù, Gianluca decise di prendere, ancora una volta, parola.

"Senti Ale, sono stato un coglione."
"Si, hai sgravato proprio"
"Okay, vogliamo ricominciare o posso parlare?"

Io rimasi in silenzio, facendogli solo cenno con la testa di andare avanti. Se avessimo continuato così, avremmo litigato per il resto della nostra conoscenza, e così capii che ero io che avrei dovuto iniziare a disinnescare.

"Perfetto. Dicevo, sono stato un coglione e, come dici tu, ho sgravato. Ti chiedo scusa, davvero, ma lo so che puoi capirmi perché tu sei come me, non ti lasci sfuggire una sola virgola, rispondi a tono e non permetti a nessuno di metterti i piedi in testa, specie non davanti a tutti. Questo l'ho capito domenica, e questo ci renderà le cose molto difficili."

A quel punto, mi fu impossibile non assumere un'aria preoccupata. Chiunque avesse usato quelle parole con me, aveva poi sempre scelto di chiudere i rapporti, perché una situazione del genere era sempre stata impensabile da affrontare.
Lui, però, sorrise apprensivo, e tentò di prendere una delle mie mani che, questa volta, gli lasciai afferrare, prima che ricominciasse a parlare.

"Però a me le sfide, le cose difficili piacciono, tu mi piaci, tanto. Non sai come sono stato e come sto, se penso di averti trattata così e di averti persa..."

Io scossi la testa, sbuffando solo una piccola risata, anche se la gioia dentro me, al sapere che qualcuno avrebbe avuto il coraggio di tenermi al suo fianco, stava diventando incontenibile.

"... così, stavo pensando: potrebbe essere la più grande cazzata che farò, ma potrebbe essere anche la migliore scelta della mia vita, ed io me la voglio giocare. Quindi, che ne pensi se rendessimo le cose un po' più serie?"
"Quanto più serie?"
"Beh, che ne diresti di essere la mia ragazza?"

Io staccai subito la mia mano dalla sua, per portarla a coprire, insieme all'altra, la mia bocca adesso aperta e sorridente. Me lo aspettavo? No, ma lo volevo così tanto.
Iniziai a ridere senza riuscire a fermarmi, ma era una risata dettata dalla felicità di quel momento.
Annuivo solo, le mie parole non trovavano più una via di uscita, e così lui si alzò dal suo posto, per venire ad accovacciarsi accanto alla mia sedia.

"Tu sei pazzo, Mancini"
"Lo sarei, se ti lasciassi andare"

E così presi il suo viso tra le mie mani, riempiendolo di baci.

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(Canzone del capitolo: Gli occhi - Frah Quintale)

Gialla come il sole ☀️ Gianluca ManciniDove le storie prendono vita. Scoprilo ora