Cinque anni sono passati, ma per me sembrano essere solo un battito di ciglia, un tempo che non ha mai avuto la possibilità di staccarsi dal presente. Hogwarts, che un tempo rappresentava un rifugio sicuro, un luogo dove i sogni sembravano prendere forma sotto il cielo sempre illuminato dalla speranza, è ormai diventata un labirinto oscuro, un castello di ombre che si estendono sempre più a ogni passo. Non sono solo le mura a parlare di cambiamento, ma i corridoi stessi, le aule, e, soprattutto, lui. Tom.
L'ho visto trasformarsi sotto i miei occhi, eppure la sua metamorfosi continua a sorprendermi, a turbare ogni mio respiro. Quella scintilla di ambizione che lo definiva fin dai primi giorni a scuola è diventata ora una fiamma ardente, capace di bruciare tutto ciò che incontra. Non è più il ragazzo che sognava grandezza, è diventato l'incarnazione stessa del potere, un uomo che si muove tra gli altri con una sicurezza inquietante. La sua presenza è magnetica, ma è anche distante, come una forza che non può essere domata né ignorata. Il suo sguardo, gelido e intenso, ha il potere di congelare ogni pensiero, ogni respiro, e mi sento prigioniera di quella sua volontà che si fa sempre più tangibile.
Oggi, mentre mi avvicino alla biblioteca, vedo Tom in compagnia di Abraxas Malfoy e Alphard Black. Sono impegnati in una conversazione che non riesco a sentire, ma che posso immaginare, fatta di segreti e piani che non voglio conoscere. Quando i suoi occhi incrociano i miei, il tempo sembra fermarsi. Il suo sguardo è rapido, ma c'è qualcosa in esso che mi colpisce, un'intensità che non riesco a decifrare. È come se mi stesse sondando, come se volesse capire qualcosa che nemmeno io conosco. Mi saluta con un cenno del capo, ma quel piccolo gesto mi fa perdere il respiro. Il mio cuore accelera impercettibilmente, ma cerco di mantenere il controllo.
"Tom," rispondo, cercando di sembrare più sicura di quanto mi senta. "Come va?"
"Le solite cose," risponde con tono vago, ma la sua voce è più profonda, più carica di una tensione che non posso ignorare. "Stiamo discutendo di... progetti futuri."
Un brivido percorre la mia schiena. La sua freddezza, la sua indifferenza, mi turbano più di quanto dovrebbero. "Sei d'intralcio," mi dice poi, le sue parole come un colpo al cuore, un'accusa che mi trafigge senza pietà.
Cerco di mascherare il mio disorientamento, ma non posso nascondere il tremore che mi scuote. Mi allontano, sentendo il peso del suo sguardo che mi segue, ma dentro di me una tempesta di pensieri si scatena. La sua freddezza mi tormenta, eppure non posso fare a meno di riconoscere quanto sia cambiato, quanto il suo carisma abbia preso una forma quasi inespugnabile. La sua determinazione sembra crescere a ogni passo, e mi chiedo se, un giorno, la sua ambizione lo spingerà troppo lontano, se mi troverò mai più a poterlo fermare.
"Stai bene?" mi chiede Alphard, che mi segue a una certa distanza. Mi volto e lo vedo guardarmi con un'espressione che tradisce un lieve dispiacere. "Sì," rispondo, cercando di non lasciare che le emozioni mi sopraffacciano. "Sto solo... riflettendo."
La sua espressione è più empatica di quanto avessi immaginato, ma non c'è tempo per fermarsi a parlare. Proseguiamo verso la sala comune, ma la mia mente continua a vagare. Le parole di Asmodeo, quella voce sibilante che non riesco a scacciare, risuonano dentro di me come un'eco costante. Non posso ignorarle. La mia eredità, quella che mi legava al fuoco e alle ombre, potrebbe tornare a reclamarmi. Ma, almeno per stasera, cerco di metterlo da parte. Cerco di concentrarmi su quello che è qui e ora, sulla normalità che mi sfugge come sabbia tra le dita.
"Allora, Lilibeth, pronta per la festa di stasera?" mi chiede Harfang, interrompendo i miei pensieri. Cerco di sorridere, ma è più una posa che una reale espressione di entusiasmo. "Sì, sono pronta," rispondo, cercando di non lasciare che la mia ansia rovini un'opportunità di svago.
Lucretia entra nella stanza con un sorriso entusiasta, e l'energia che emana è contagiosa. "Non vedo l'ora! Questa sarà la migliore festa di sempre. Hai visto il vestito di Melisande? È favoloso." Ride, e il suo entusiasmo riesce, almeno per un momento, a sollevarmi. La sua vivacità è un faro che mi aiuta a ritrovare il mio equilibrio.
"Già, è stupendo," rispondo, cercando di non fare troppo caso al tremore che mi sale dentro. "Ma scommetto che il tuo attirerà più attenzione."
Lucretia mi guarda con un sorriso malizioso, e l'ironia nel suo sguardo mi fa sentire più leggera, seppur per un istante. "Devi smetterla di essere così modesta, Lilibeth. Sei bellissima, e lo sai. Stasera dobbiamo divertirci e dimenticare tutto il resto."
Annuisco, e il mio sorriso si fa più naturale. "Hai ragione. Dimentichiamo tutto e godiamoci la serata."
Il tempo sembra volare mentre ci prepariamo, tra risate e chiacchiere sul trucco, sui vestiti, sulla musica. La stanza si riempie di un'atmosfera frizzante, carica di aspettative e di speranza. Quando finalmente siamo pronte, usciamo dalla nostra stanza, ognuna di noi in abiti scintillanti, pronte a tuffarci nella magia della notte.
"Quest'anno dove si tiene la festa?" chiede Harfang, curiosa. "Nel Sala Comune dei Corvonero," risponde Lucretia con entusiasmo. "Non vedo l'ora di vedere i drink," aggiungo, cercando di allontanare, seppur temporaneamente, i pensieri oscuri che mi assillano.
La sala comune dei Corvonero è un sogno trasformato in realtà. Le luci fluttuano nell'aria come stelle, i muri sono ricoperti da arazzi che brillano, e la musica magica permea l'atmosfera, creando una dolce melodia che sembra voler sfiorare l'anima. "Benvenute!" ci accoglie una voce amichevole. "Entrate e divertitevi!"
Ci facciamo strada tra la folla, assaporando la bellezza della serata, cercando di lasciarci alle spalle tutto ciò che ci turba. Tra brindisi, risate e balli, il peso delle ombre sembra svanire, seppur per un momento. Tuttavia, mentre mi perdo nella festa, un volto cattura la mia attenzione.
Adrian. Un Corvonero di settimo anno. I suoi occhi brillano, e la sua presenza ha un'energia che mi attira senza motivo, come se fossi inconsapevolmente magnetizzata da lui. Forse è l'effetto della burrobirra, ma mi avvicino a lui senza pensarci troppo. Mi fermo davanti a lui, cercando di sembrare più sicura di quanto mi senta. "Ehi, Adrian, giusto?" dico, sorridendo.
Lui sorride a sua volta, sorpreso ma divertito. "Sì, sono io. Piacere di conoscerti, Lilibeth."
Il coraggio mi prende alla gola e, senza pensarci troppo, mi avvicino ancora di più. Le nostre labbra si sfiorano in un bacio dolce, un bacio che sembra sospeso nel tempo, un attimo di delicatezza in un mondo che sta cambiando troppo velocemente.
Eppure, proprio in quel momento, un'ombra si avvicina, una presenza che non avevo notato prima. Tom. Il suo sguardo è gelido, il suo volto una maschera di disprezzo. "Che cosa pensi di fare, Lilibeth?" chiede con voce bassa, pericolosa, quasi come un comando. Adrian si ritira subito, la sua sorpresa si mescola all'imbarazzo.
Tom afferra il mio braccio con una forza che mi toglie il respiro. "Non me ne frega niente di cosa pensavi, Lilibeth," sibila, e le sue parole bruciano come il gelo. "Non ti permetterò di fare un passo di troppo con lui."
Il suo respiro è pesante, e l'aria tra noi tre è carica di una tensione palpabile. Tutto il fervore della festa svanisce in un istante, soffocato dalla sua rabbia. La musica sembra lontana, i sorrisi svaniscono, e io mi trovo intrappolata nel cuore di una tempesta che non avevo previsto.

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La figlia del diavolo
FanfictionLilibeth Morning cresce in orfanotrofio con Tom Riddle. A Hogwarts le loro opinioni si separano, ma non i loro cuori. ‼️in revisione