17. In vino veritas

326 10 0
                                        

Il tempo passa veloce, ma la distanza tra me e Tom cresce ogni giorno, un abisso che sembra sempre più insormontabile. Ogni passo che faccio mi sembra più pesante, come se il mondo intorno a me stesse scivolando in un'oscurità che non posso fermare. Lui si allontana sempre di più, avvolto da una nebulosa di potere e di segreti, e io non posso fare nulla per trattenerlo. Il cambiamento che lo sta consumando è visibile a ogni angolo, nei suoi occhi che si fanno sempre più gelidi, nella sua risolutezza che cresce con il passare dei giorni. Mentre il mondo magico si prepara alla guerra, lui si immerge sempre più in quella spirale di ambizione, scegliendo di circondarsi di individui che non conoscono pietà, disposti a seguirlo senza riserve lungo il cammino della distruzione. Io, invece, rimango sola, osservando da lontano il suo cambiamento, senza sapere più quale posto io possa avere nella sua vita.

La festa nella sala comune di Serpeverde arriva come un'illusione di normalità, un'occasione per dimenticare, anche se solo per un attimo, il peso delle cose che ci separano. Le mie compagne di stanza ed io ci prepariamo con cura, cercando di far risaltare la nostra bellezza in un mondo che sembra sempre più lontano da noi. Con mani esperte, ci aiutiamo a indossare i nostri abiti più eleganti e a curare le nostre acconciature, mentre i pettegolezzi e le risate riempiono l'aria di una tensione che cresce man mano che ci avviciniamo al momento della festa. C'è una leggerezza nell'aria, come se, almeno per una notte, potessimo abbandonare ogni preoccupazione e lasciarci trasportare dal piacere della vita.

Quando finalmente arriviamo nella sala comune, l'atmosfera festosa ci avvolge. La musica riempie l'aria, mescolandosi con le risate degli studenti e il chiacchiericcio incessante. È un momento di evasione, un'illusione che ci permette di dimenticare, almeno per qualche ora, le ombre che incombono sul nostro futuro. Mi immergo nel vortice della festa, sorseggiando un bicchiere di punch, lasciando che il dolce sapore mi faccia dimenticare ogni pensiero. Ogni sorso mi fa sentire più leggera, più lontana da tutto ciò che mi tormenta. Il mondo attorno a me diventa un po' più ovattato, più sfocato. Ma c'è una sensazione che cresce dentro di me, un senso di vuoto che non riesco a colmare. E, in quel momento, vedo Tom.

Lui è lì, tra la folla, i suoi occhi freddi e severi che sembrano scrutarmi anche da lontano. Il suo sguardo mi perfora, e io so che lui ha visto tutto: la mia leggerezza apparente, la mia voglia di dimenticare. Mi avvicino a lui, ma non riesco a fare a meno di sentire una certa resistenza tra di noi, come se un muro invisibile ci separasse ormai. Non è più lo stesso Tom. Non è più l'amico con cui condividevo segreti e sogni. Ora è cambiato, come il mondo che ci circonda.

"Lilibeth," dice con tono deciso, il suo sguardo fisso su di me. "Hai bevuto abbastanza. È meglio che ti porti in camera tua."

Le sue parole mi colpiscono come una doccia fredda, e per un momento, mi sento di nuovo quella ragazza insicura che temeva il buio da bambina. Mi alzo con riluttanza, ma non posso fare a meno di sentire che, in qualche modo, lui sta cercando di prendersi cura di me. Come un'ombra di ciò che eravamo un tempo. Mi lascia guidare fuori dalla sala comune, il silenzio che ci avvolge mentre camminiamo nei corridoi deserti. Il mio passo è incerto, barcollante, ma lui è lì, a sorreggermi con delicatezza, come se temesse che potessi cadere.

Arriviamo alla sua stanza, e la porta si chiude silenziosamente dietro di noi. Mi lascio cadere sulla sedia accanto al letto, guardando il pavimento con un misto di vergogna e frustrazione. Non riesco a non sentire che qualcosa tra di noi si è spezzato, che non c'è più spazio per le parole che vorrei dire. Eppure, non posso restare in silenzio. Non posso permettere che tutto finisca così.

"Mi hai ignorata per mesi," esclamo, la mia voce tremante. "Senza una spiegazione, senza nemmeno un addio. E ora ti presenti qui come se fossi tutto risolto, come se tu fossi il salvatore!"

Tom si siede di fronte a me, il suo sguardo profondo e indagatore che cerca il mio. "Non è così semplice," risponde con calma, ma so che le sue parole sono cariche di qualcosa che non riesco a comprendere del tutto. "Ci sono cose che devi sapere, ma non è il momento giusto. È per il tuo bene."

La mia pazienza è al limite, la frustrazione che mi esplode dentro non può più essere trattenuta. Mi alzo bruscamente, la mia voce che rimbomba nella stanza. "Il mio bene?" ripeto, il suono delle mie parole è carico di rabbia. "Da quando ti importa del mio bene, Tom? Sei sparito. Senza dire nulla. Senza un addio. E ora vuoi che creda che tutto ciò è per il mio bene?"

Il silenzio che segue è pesante, carico di un'incomprensione che sembra farsi sempre più grande tra di noi. La tensione è palpabile, come se ci fosse un muro tra le nostre parole, tra i nostri cuori. Eppure, quando mi volto a guardarlo, qualcosa cambia. Il suo sguardo è più morbido, come se stesse davvero cercando di vedermi per quello che sono. Forse non mi ha mai vista così, o forse è solo la distanza che ci separa a renderlo più acuto.

"Sei l'unica che ancora mi chiama così," mormora, accarezzandomi il viso con una delicatezza che non mi aspettavo.

"Non mi piace il nome Voldemort." non posso fare a meno di sorridere, un sorriso triste. "Mi sa di brutto," dico con un filo di voce, "e tu sei tutt'altro che brutto."

Tom si ferma, e per un istante, un sorriso compiaciuto si fa strada sul suo volto, ma subito svanisce, sostituito da un'espressione di introspezione. "Sei sempre così diretta," dice, ammirazione negli occhi. "Mi piaci per questo. Apprezzo la tua onestà."

Sono completamente disarmata dalla sua sincerità. Il mio cuore batte più forte mentre lo guardo, il mio corpo che tradisce il mio spirito con una confusione che non posso nascondere. "Tom," sussurro, il mio tono tremante mentre il peso dell'alcol mi rende più vulnerabile. "Non voglio restare sola stasera. Ti ricordi quando eravamo bambini e dormivamo insieme perché avevo paura del buio? Posso restare qui, solo per stasera?"

Le sue labbra si curvano in un sorriso compassionevole, ma c'è un'ombra di incertezza nei suoi occhi. "Lilibeth..." Inizia, ma poi si ferma, come se stesse cercando le parole giuste. "Va bene," dice infine, con una voce più morbida. "Puoi restare qui stanotte. Non permetterò che ti succeda nulla."

Mi abbandono al conforto delle sue braccia quando si avvicina a me, il suo calore che mi avvolge come una coperta. E, mentre il sonno mi prende, le parole che avrei voluto dirgli rimangono non dette, celate nel silenzio della notte. Eppure, per ora, sento che basta la sua presenza vicino a me per darmi un po' di pace.

"Tom," sussurro una volta ancora, "ti amo," le parole mi sfuggono. La notte mi accoglie tra le sue braccia, mentre mi abbandono al suo abbraccio, sentendo per un momento che, forse, tutto potrebbe essere diverso.

La figlia del diavoloDove le storie prendono vita. Scoprilo ora