Omaggio.

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Ventre e coltello,
come magneti dello stesso polo:
è il rifiuto del corpo
alla pausa che la mente brama.
È la Luna che non raggiunge il Sole;
perché, che dal desiderio si fugga,
alle volte, è legge naturale.
Sono i fiori non sbocciati,
le mezze stagioni,
e le lacrime dei clochard
mischiate alla pioggia;
e a quelle dei bambini,
colate dai seni nudi.
Il tempo che non scorre,
e quello passato in fretta:
che ti ha cambiato,
senza lasciarti nemmeno
il sapore sulle labbra.
È la paura di morire,
o quella di vivere
e di non aver vissuto.
Gli specchi rotti, i gatti neri;
le coccinelle e i quadrifogli.
Giorno, notte, amore,
sesso, sogni e rimpianti.
Il mare, il cielo e il vento.
Per questo il ventre si scosta
al tocco della lama;
la bocca urla
e gli occhi si sciolgono.
Le braccia si agitano
e le gambe danzano.
È per questo che le mani
dipingono, e suonano
le corde delle chitarre;
e le bocche, ancora,
baciano, ridono, e cantano.
Perché non ci resta altro;
se non il buio,
a cui ci porterà la pazienza.

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