3.Forced Love

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Anche le cose più belle finiscono, è brutto ma, la parola fine deve essere messa per forza. La loro luna di miele in Italia, per quanto fosse solare, visto le temperature nella capitale, e gioiosa, era giunta al termine proprio quando, una volta pronti per salpare, il cielo si era annuvolato. Così come l'umore di Wanda, che tutto si aspettava fuorché che quella bellissima esperienza finisse in un batter d'occhio, passare le giornate con James era stato piacevole, più che piacevole in verità, si erano conosciuti meglio di come avrebbero potuto farlo nelle mura delle loro rispettive case e l'aura che si era creata fra di loro era più che perfetta.

Cosa che lei non si sarebbe aspettata per niente; da quella mattina, quella dove lei si era svegliata guardandolo mentre era sul balcone, i due si erano aperti l'uno con l'altro, ma senza che superassero quei limiti che Wanda, purtroppo, o almeno per quel tempo, aveva ancora. Erano diventati amici, nella condizione di sposi che erano insieme forzatamente, non ha senso, non trovate? Beh... almeno una cosa positiva c'è in tutto questo, la prima è che, sicuramente, lui non era come lo avevano descritto tutti, ma proprio no, assolutamente no. 

Si può dire che si era innamorata, non nel modo con il quale lui riusciva a far innamorare tutte, ma in un modo diverso, quasi nuovo. Uno che lo permettesse di mostrarsi vulnerabile, almeno era quello che pensava avesse fatto, questo perché aveva avuto modo di conoscerla anche lui, in quella veste fragile che aveva già intuito potesse avere.

Dopotutto le debolezze ce le hanno tutti, non è così? Molte delle volte non si riesce a convivere con quelle, altre ancora riesce a renderle parte di te; anche perché non succede altrimenti. Il punto però, in questo caso, non è l'accettazione o meno delle proprie debolezze o paure, ma era più un assumersi di responsabilità.

Sono sempre stata del parere che, quando ci si apre a qualcuno, non lo si fa per davvero quando, dall'altra parte, con l'altra persona, queste debolezze non vengono del tutto accettate. C'è bisogno di comprensione da ambedue i lati, anzi, ancora meglio, di quella cosa che siamo empatia, quella che chiunque si sogna di avere ma che, in fondo, nessuno ha.

Almeno non sul serio.
Questo perché molti si fidavano solo del pregiudizio e questo, purtroppo, è una cosa ancora troppo recente.

Per esempio, lei di pregiudizi non ne aveva, neanche su quello che doveva essere il suo appartamento, situato a Brooklyn, a pochi metri dalla casa della sua famiglia. Oltre a quelli che erano dei mobili pieni di polvere, tra cui un divano che aveva vissuto, sicuramente, giorni migliori, c'era una cucina che sembrava, almeno per poco, usata. L'ingresso era pieno delle loro valigie, da che lei era partita solo con un baule, sua madre assieme a sua suocera le avevano rifilato altri due, cosa che trovava completamente inutile.

Al contrario a lui, uno sarebbe bastato ed avanzato, insomma, non che avesse bisogno di tutti quei cambi di abbigliamento che erano, purtroppo, rifilati ad una come Wanda che non si faceva problemi ad indossare lo stesso vestito per due occasioni di fila. Ma riguardo questo, aveva già capito come quel mondo funzionava, come le ragazze, le donne vivevano in quel mondo.

"Ti piace?" le chiese

E la sua voce la riportò a galla dal fiume dei suoi pensieri, sembrava a dir poco entusiasta di mostrarle una parte della sua vita come quella del suo appartamento. Quello, come le aveva detto, era casa di sua nonna, quindi per questioni ereditarie e burocratiche sarebbe comunque spettato a lui, ma James aveva voluto cambiarlo, aggiungere il suo tocco personale.

Cosa che a Wanda non era sfuggita affatto.

"Si, pieno di polvere... ma è carino"

"Si, prima non ci facevo molto caso a queste cose... ma adesso che stiamo insieme possiamo pensare a come sistemare tutto quanto, non trovi? Io ho messo lì alcune cose..."

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