➸𝑪apitolo cinquantadue

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Lando Norris

La settimana a Londra è volata, così come il mio umore. Peccato che quest'ultimo sia voltato in alto per poi schiantarsi violentemente contro una montagna, andando a fuoco ed esplodendo in modo disastroso.

Nessun segnale da parte di Camille. Non si stacca da Hervè per più di due ore senza andare nel pallone e per una settimana interna non ha chiesto nemmeno un'informazione. Nemmeno un messaggio.

Non si è placata la rabbia nei suoi confronti, ma questo senso di angoscia che mi sta opprimendo il petto non sembra voler scomparire.

Oggi, nuovamente a Monaco, farò di tutto per parlarle. A costo di sfondare la porta di casa sua, o di litigare con i suoi fratelli, io le parlerò.

Perciò quando busso a quella dannata porta sono più determinato che mai. Nessun problema Arthur, sta volta non me ne starò in silenzio.

Peccato che ad aprirmi non sono i fratelli Leclerc, ma mamma Pascale. La donna, da cui nessuno ha ripreso i colori predominanti, mi guarda con un sorriso spento e stanco.

"Lando, vieni entra pure"

Il suo accento, così come quello della figlia, da una nuova pronuncia al mio nome. Afferra il bimbo che ho tra le mani come se questo l'aiutasse a tornare a vivere, perché solo quando i loro corpi sono uniti le spunta un simil sorriso sincero.

Mi accompagna in cucina, dove un inquietante silenzio ci accoglie. Seppur la siatuazione abbia quel non so che di inquietante, accetto la tazza di te che prontamente mi offre.

"Com'era Londra? A Hervè è piaciuta? L'hanno viziato i tuoi parenti?"

Subito si cimenta in una conversazione incentrata sul piccolo, come se volesse chiudermi qualsiasi altra traiettoria.

"Mhmh tutto bene, è il principino di casa anche lì. Camille?"

Come se avessi appena toccato un nervo scoperto, il suo sguardo si abbassa verso la tazza.

"Sta. Tu invece giovanotto? Guarda che non hai una bella cera"

"Io sto bene, ma vorrei parlare con Camille"

Il suo sospiro sembra pieno di angoscia e malinconia, ma devo attendere relativamente poco per ottenere finalmente qualche risposta.

"Non dovrei dirtelo. Lei non vorrebbe e Charles e Arthur mi hanno minacciato di tenere la bocca chiusa. So che in questo momento non vi parlate nemmeno, ma penso che tu dovresti sapere la verità."

Fa una premessa che mi fa accapponare la pelle. Non sembra essere l'inizio di un racconto felice, per nulla anzi. Quasi prego che mi stia per dire che si è fidanzata con un altro, perché in prospettiva a quello che mi dirà questo sembra nulla.

"Camille è sempre stata la piccola di casa, anche se Arthur ha la sua stessa età. Nessuno l'ha mia voluta mettere in difficoltà, quindi nonostante le nostre situazioni ci siamo messi d'impegno per spianarle la strada. Quando il mio caro Hervè è venuto a mancare ci siamo tutti persi di vista. Ho sbagliata tanto con lei, davvero tanto. Sono stata accecata dal dolore e ho lasciato tutto nelle mani di Dio. I ragazzi erano già avviati, sapevano cosa volevano fare e nonostante una parte di loro fosse morta con il loro papà, sapevo che sarebbero andati avanti. Ma Camille no. Camille anche se piccola andava con la sua bicicletta a trovare il papà, andava sul lungomare a parlargli per ore e ore. Ha perso il controllo delle sue emozioni ed odiava tutto ciò. Odiava Charles, Lorenzo ed Arthur perché nonostante tutto stavano andando avanti con le loro vite, odiava il mondo perché l'aveva privato del suo papà. Odiava aver perso il controllo di ciò che le stava accadendo. Per questo iniziò a fare diverse cose sbagliate che avrei potuto troncare sul nascere, ma che ero troppo distratta per notare. Voleva controllare la sua media scolastica, arrivando a studiare tutte le notti fino alla mattina per essere eccellente, iniziò a voler controllare le sue amicizie finendo per farsi odiare da tutti per i suoi modi. Fino ad arrivare a voler controllare se stessa. Non si faceva più tagliare i capelli da me, non voleva più compagnia per scegliere i vestiti. Inizio a truccarsi, cosa del tutto normale dirai. Poi iniziò a controllare il suo cibo ed è lì che tutto iniziò a precipitare. Iniziò a decidere quando dovesse avere fame e quando no, fino a toccare il fondo. Non mi sono mai resa conto di quanto la mia bambina stesse male fino a quando non l'ho trovata a piangere seduta nel bagno."

Il suo racconto spezza ogni briciola del mio cuore sia per il soggetto in questione, sia per l'odio che la donna prova per sé stessa.

Dopo un momento di pausa il suo sguardo si abbassa sulle sue mani leggermente tremolanti, poi con un pesante sospiro decide di continuare la narrazione.

"Non mangiava e, quando cedeva all'istinto, si induceva il vomito come punizione. Sono sicura che tu avrai notato quanto sia fiscale, quanto sia rigida e difficilmente perdona un suo errore. È ovvio che..."

Il suo telefono interrompe la conversazione, ma tutto quello che mi ha detto mi penetra nella mente creando delle immagini disturbanti.

Non accetto questa situazione, ma come la stessa madre, mi sento impotente soltanto davanti al racconto figuriamoci se dovessi vedere con i miei stessi occhi questa situazione.

Devo assolutamente parlare con Camille.

➸ Wildest Dreams || Lando NorrisDove le storie prendono vita. Scoprilo ora