➸𝑪apitolo undici

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Camilla Leclerc

"Dai non farti pregare!"

Max dopo avermi gentilmente offerto quella chiacchierata e la cioccolata calda mi propone di seguirlo nel box Mclaren. Io però preferisco ritornare in hotel, sapendo che nei dintorni del paddock ci sarebbe stato mio fratello. Non abbiamo mai avuto discussioni alla pari di queste e, anche se per qualche ora ho dimenticato questo scontro, adesso torna più vivido che mai nella mia mente.

Se prima di partire sentivo bruciare nei miei ricordi l'ultima velenosa conversazione con Arthur, adesso quella litigata si somma malignamente a questa facendo ritornare prepotenti quei pensieri malsani nella mia povera mente stremata.

Ho bisogno di rielaborare le mie idee, ritornare in un assetto asettico, inscalfibile dalle parole provenienti dagli altri. Allo stesso tempo so per certo che rimanere sola in un momento come questo potrebbe solo essere deleterio.

"Facciamo così, andiamo la e diamo fastidio a Lando, so che lo adoreresti"

Ecco perché le parole di Max riescono a convincermi con troppa facilità, cosa inusuale per una persona testarda come me. Ho bisogno di rimanere con i piedi e con la testa per terra e focalizzarmi su altro potrebbe aiutarmi.

Entriamo così con una camminata trionfate nella stanza dedicata a Lando, che troviamo intento a farsi rilassare i muscoli dal fisioterapista. È steso sul lettino con solo un pantaloncino di tuta addosso e sono ancora visibili, seppur sbiaditi, i segni che gli ho lasciato l'ultima volta che i nostri corpi si sono uniti in una passione travolgente.

"Landito"

Palesa così la nostra presenza il ragazzo che mi affianca, facendo togliere all'inglese le cuffie dall'orecchio. Lo trovo sorpreso appena entro nella sua visuale, non aspettandosi di vedermi qui con il suo migliore amico storico.

"Max che cazzo"

Non ha senso logico la sua frase, almeno per me. L'amicizia che regna tra i due permette però a Max di comprendere al meglio cosa volesse intendere il pilota ricevendo così una tenera risata.

Max dunque poggia un braccio sulle mie spalle spingendomi così verso di sé.

"Ti presento una mia amica, si chiama Camille. Buffo vero?"

Gli occhi inquisitori di Lando superano il corpo massiccio del suo amico per dedicare a me la loro completa attenzione. Cerca di capire tramite me come sia possibile questa accoppiata.

"Mi ha raccontato di un certo ragazzo che le fa la corte, peccato che c'è l'abbia piccolo e quindi è molto scontenta!"

Mi beo con un sorriso malizioso la reazione oltraggiata del ragazzo intento a farsi massaggiare. È ovviamente offeso da tale insinuazione che, mi duole ammetterlo, è più che lontana dalla verità.

"Poverina"

Inizia così l'inglese.

"Soffre di perdite di memoria allora, perché so che ha trovato certa difficoltà-"

Non gli permetto di terminare quel racconto ancora vivido nei miei ricordi. Mi avvicino velocemente a quell'idiota tirandogli poco delicatamente un pizzicotto sul fianco scoperto. Una strana sensazione mi colpisce nel momento esatto in cui i nostri corpi si toccano in quel modo così frivolo.

"Permalosa la ragazza"

Nota Max che, assieme al fiseoterapista, si rende conto di essere magicamente diventati di troppo in quella situazione. Con scuse banali, quindi, ci lasciano soli. In quel momento esatto cala un silenzio tra me e l'inglese, che suona come un silenzio fatto solo per scrutarsi.

"Che è successo?"

La sua domanda ha una capacità innata di sconvolgere per qualche istante le mie difese.

"Nulla, perché?"

Mi fa segno di avvicinarmi a lui che si è seduto a gambe aperte sul lettino, con i piedi penzolanti. Mi ci immetto e lui mi cinge con tranquillità i fianchi che inizia ad accarezzare con un innata dolcezza.

"Hai leggermente il mascara colato e sapendo quanto tu sia perfezionista non credo proprio che ti sia sfuggito stamattina. Poi hai delle scie bagnate sulle guance che si sono seccate e si notano palesemente, quindi posso sapere che è successo?"

Mi sorprende e mi intriga questa sua osservazione, senza che io gli abbia mai spiegato apertamente la mia personalità ha già captato parte della mia essenza. Spesso mi è capitato di dover dare motivazioni dietro alle mie azioni, poiché difficilmente qualcuno provava a comprendermi senza aiuti da parte mia.

"Niente di che"

Con una mano vado ad accarezzargli il retro del collo, trovandolo particolarmente teso probabilmente per le ore passate seduto all'interno dell'autovettura. Spinge il mio corpo ancora più vicino al suo, mentre con il suo sguardo penetrante prova a leggermi dentro.

Se i miei occhi parlassero sarebbero carta conosciuta per i suoi, in quanto sembra averli osservati per anni.

"Che è successo?"

Riprova con la stessa convinzione, senza lasciarsi scalfire dalle mie risposte evasive. Rimango per qualche istante immobile percependo il suo respiro infrangersi sul mio volto, decidendo di ammettere cosa in questo momento mi stia turbando.

"Ho litigato con Charles"

Non so cosa mi porti a confessare questa realtà che brucia ancora nel mio cuore e nella mia memoria.

"Come mai?"

Penso che abbia capito da sé che il monegasco sia stato alterato dalla brutta qualifica appena avvenuta eppure sempre realmente interessato alle motivazione dietro a questa discussione.

"Dice che dovrei smettere di fare la vittima, che non è morto solo a me il padre. Okay lo so che anche lui ci sta male, ma non è colpa mia se non sono ancora pronta per fingere che non sia mai successo come stanno facendo tutti gli altri. Non riesco ad andare avanti e nemmeno voglio, se gli da fastidio non mi invitasse a seguirlo perché sicuramente non fingerò per far star meglio lui"

È probabilmente la prima volta che parlo con Lando senza mettere su delle difese e senza calibrare ogni parola che utilizzo. Semplicemente butto fuori le parole senza che esse vengano prima filtrate della mia mente elaborata. Appena le ho pronunciate, però, il magone di sentirmi di troppo, di avergli accollato un peso di cui non gli interessa mi colpisce più forte che mai. Per questo odio condividere il mio dolore con altri, perché nel momento esatto in cui lo faccio mi sento così tremendamente sbagliata e debole.

Lui si prende qualche attimo per assimilare le mie parole, scrutandomi nel mentre con molta attenzione.

"Perché hai così paura di andare avanti?"

Domanda con la curiosità che apparterrebbe solo ad un bambino alla scoperta del mondo. Non c'è accusa nel suo tono, ne pena che spesso ho sentito usare da chi mi circondava.

"Perché non sarebbe giusto"

La mia voce trema mentre la gola piano piano si stringe iniziando nuovamente a farmi mancare l'aria di cui necessito per sopravvivere.

"Non esiste la cosa giusta e quella sbagliata, Camille. Non esiste solo il bianco e solo il nero, esiste il grigio. Esiste la via di mezzo tra il ricordo e la vita, non puoi rimanere bloccata solo in uno dei due aspetti, perché altrimenti non sarebbe giusto per tuo padre. È morto con la consapevolezza di lasciarti alla vita, ma tu non sei ancora pronta a vivere senza il suo ricordo"

"E cosa potrei fare?"

I suoi occhi si illuminano, come se avesse trovato una soluzione parziale a questo limbo che da anni è diventata la mia casa. Non so perché io mi sia fidata di lui in quel momento, eppure mentre vi racconto di questa storia posso dirvi che mai scelta più giusta fu quella di dargli le mie fragilità in mano. Le ha per sempre costudite in una teca di vetro, ma in quel momento ancora lo sapevo.

➸ Wildest Dreams || Lando NorrisDove le storie prendono vita. Scoprilo ora