Capitolo 4 - La famiglia Moore

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Non posso lamentarmi della mia famiglia, una delle più potenti dello stato, nessuno osava farci un torto e nessuno osava mai mettersi contro mio padre.
Aveva il monopolio su tutti i trafficanti del paese e tutto doveva passare tra le sue mani o si faceva una brutta fine.

Così avevo sempre visto mio padre, l'uomo forte della famiglia che non si piegava davanti a nessuno, anzi tremanavo tutti davanti a lui e non si poteva ribadire qualsiasi sua decisione.

Avevo solo 5 anni quando vidi mio padre e mia madre litigare nella loro stanza, urla e pianti si facevano sentire in tutta la villa.

Non avevo mai capito la causa della loro lite fino ai miei 14 anni quando ne parlai con mia nonna che risiedeva con noi nella villa.
È stata lei ad allontanarmi da tutte le faccende losche di mio padre e anche dalle liti con mia madre che dopo anni, all'età di 10 anni decise di andarsene.

Io restai con mio padre e mia nonna, dovevo essere l'erede di questa casa e di tutti gli affari e le attività che mio padre aveva già in possesso.

Fu così che crebbi tra le mura di quella che divenne poi la mia famiglia, mio padre ingaggiava personale sempre più giovane tra cui Dylan, che divenne poi il mio migliore amico.

Ci allenavamo insieme, complottavamo insieme e insieme facevano tutto ciò che mio padre ci ordinava. Eravamo diventati il suo braccio destro e io orgoglioso creai la mia piccola cerchia stretta a casa mia.
Ho dedicato tutto il seminterrato alla mia " famiglia" che all'epoca era composta solo da me e Dylan, passavano tutto il tempo io e lui tra piani, raccontarci cazzate, o addirittura portare delle ragazze quando ne avevamo voglia.

Dylan era la mia copia esatta, non sprigionava nessuna emozione e non raccontava mai delle sue faccende a nessuno nemmeno a mio padre. Ho imparato a conoscerlo e a conquistare la sua fiducia finché non siamo diventati l'uno il migliore amico dell'altro.

So che darebbe la sua vita per me così come io per lui, abbiamo passato anni tra scuola e i compiti a noi affidati da mio padre fino a tre anni fa quando mio padre mi diede questo compito.

Le sue uniche richieste furono Green Valley .. famiglia Coleman.

Il cognome non mi era estraneo, l'ho sentito molte volte uscire nelle liti tra mio padre e mia madre e non capivo chi fossero perché non avevamo ne famigliari ne amici con questo cognome.

Solo successivamente mia nonna mi raccontó la verità che non fu smentita da mio padre, capì poi il comportamento di mia madre e l'ossessione che mio padre avesse ultimamente.

Non mi feci troppe domande e accettai la missione, sapevo che con il tempo le cose mi sarebbero diventate più chiare.

Avevo per la prima volta una sola paura, Dylan, non volevo lasciarlo solo, sapevo che la sua sete di potere lo avrebbe reso più crudele, volevo che venisse con me ma allo stesso tempo sapevo che si trattava di una faccenda personale.

Decisi, così, di raccontargli una parte della verità, che dovevo andare via per volontà di mio padre e che per lui aveva altri piani.

Ricordo che non mi chiese nulla, restò immobile davanti a me accettando quella che era ormai la decisione del Sig. Moore. Mi aiuto nei giorni successivi a fare le valigie e a comportarsi come sempre senza nessun cambiamento nel suo umore.

Papà mi aveva detto che Dylan avrebbe preso il mio posto con tutte le faccende riguardanti la nostra famiglia e io un po' preoccupato acetai senza poter ribadire.

Ricordo ancora quella domenica, salutai tutti e specialmente Dylan che era già all'ingresso della villa con mia nonna ad aspettarmi mentre caricavo le valigie nella mia Mercedes. Baciai mia nonna e andai da lui stringendoli la mano e sussurrandogli:

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