11. Frammento di vetro

36 13 1
                                    

Ciao belle/i, vi chiedo il favore di lasciare una stellina se il capitolo vi è piaciuto e se vi va un feedback nei commenti.
Baci, vostra Nyliæ ❤️

Nikolay

Mi ritrovo a camminare avanti e indietro all'interno di una stanza buia. Non so come ci sia arrivato, né ho la benché minima idea di dove possa trovarmi.

Non ho paura e non provo nessun'altra emozione. È come se non fossi realmente qui.

Un fruscio attira la mia attenzione, così mi immobilizzo. Credevo di essere solo in questo buio pesto, ma presto mi sono accorto di essermi sbagliato. La figura di un bambino è rannicchiata in un angolo della stanza.

A guardarlo sembra che stia gelando, non ha nulla con sé che possa scaldarlo. Indossa solo un paio di pantaloncini, una maglietta a maniche corte e delle scarpine.

«Ciao piccolino ti va di dirmi il tuo nome?» sussurro cercando di non spaventarlo.

Ignora le mie parole. Se ne sta con le ginocchia tirate al petto, le braccia circondano le sue gambe e il capo chino su di esse.

Chi può mai aver rinchiuso un bambino qui dentro?
E cosa ci faccio qui io? Dove diavolo mi trovo?

Riporto gli occhi sul bambino. Devo aiutarlo a uscire di qua. Non può resistere così a lungo, piccolo com'è. Non avrà più di cinque anni. Sembra così fragile.

Non piange, non si dispera, sembra solo perso e addolorato. I suoi polsi sono arrossati, come se fossero stati accerchiati da qualcosa di ruvido, molto stretto.

Cos'hai passato piccolino?

«Non voglio farti del male» provo ancora più gentilmente piegandomi davanti a lui.

Rimane in silenzio. Fissa davanti a sé come se il suo sguardo passasse oltre il mio corpo. Sembra che non riesca a sentirmi. Io non riesco a capire. Forse è solamente scioccato, per questo non vuole parlare.

«Mamma, mi hai lasciato da solo» tira su con il naso.

È come se stesse riflettendo a voce alta. Il suo sguardo è perso nel vuoto. Sua madre l'ha abbandonato qui? Si affretta ad asciugarsi le lacrime e si zittisce all'istante quando la porta si spalanca riversando un po' di luce all'interno della stanza. Mi allontano per vedere meglio.

Un uomo vestito di nero fa il suo ingresso, ma non riesco a scorgere nessun tratto, se non la sua schiena che avanza verso il bambino. Provo a muovermi, ma non riesco a farlo. Sono immobilizzato al pavimento. Deposita un piatto pieno di cibo davanti a lui e se ne torna indietro.

Non posso fare a meno di notare che il bambino trattiene il respiro per tutto il tempo, solo una volta che la porta si richiude lascia fluire l'aria, poi annoiato guarda il piatto e riposa il viso sulle sue gambe. È chiaro non vuole mangiare. Sembra stanco, estremamente stanco. Chiudo gli occhi per quella vista così sofferente.

Il chiarore della luna illumina la stanza.
Che ore sono?

Mi guardo intorno confuso, Eric dorme nel letto. Non mi trovo in una stanza buia, era tutto un sogno. Probabilmente sto impazzendo. Scuoto la testa frastornato, ma il sonno ha la meglio, così richiudo gli occhi.

«Papà» chiamo mentre avanzo dal salone al suo studio.

Non sento la voce di mio padre e mi affretto a raggiungerlo. Mi accosto alla porta e mi rendo conto che sta facendo un'altra delle sue innumerevoli riunioni.

MIRROR - Oltre il tuo riflesso Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora