1. Cerco un Eroe

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Ehi, Blue,

Ti capita mai di pensare al giorno in cui ci siamo conosciute? So che è una domanda stupida, ma il solo chiedermelo mi fa sentire più vicina a te.

Ultimamente mi capita spesso di ricordarlo. Forse è a causa dell'età che avanza, che mi fa rifugiare con la mente alle mie memorie più felici. Chissà se anche tu, quel giorno ormai lontano, hai intravisto la stessa scintilla che ho captato anche io. La scintilla che mi ha fatto capire che eri tu, la persona che avrebbe cambiato la mia vita per sempre.

Perché io sono sicura di averla vista con nitidezza. Era blu e rossa, incorporata alla tua astronave che inseguiva la mia.

Aristide piegò la cloche di lato e l'astronave si inclinò di novanta gradi perfetti

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Aristide piegò la cloche di lato e l'astronave si inclinò di novanta gradi perfetti. Un goniometro. Peccato che Aristide non fosse un geometra. Penelope scivolò sul pavimento, provò ad ancorarsi con le mani sul sedile da copilota, i palmi sfiorarono l'ecopelle lucida e posticcia, ma le dita aggrapparono l'aria. Piombò a terra, riuscì soltanto a ripararsi il viso con le braccia, prima di scontrarsi contro il pavimento duro e metallico.

"Ari!" urlò, la voce appena coperta dalla richiesta radio di stabilire un contatto. Dai radar retrovisore installati nella cabina di pilotaggio si intravedevano con chiarezza le navette scure dei Vigilantes dietro di loro; le luci intermittenti, prima blu, poi rosse, illuminavano gli schermi.

La faccia di Penelope era ancora buttata contro il pavimento. Provò a rialzarsi, le giunture bruciavano, ma un altro scossone della nave la fece ripiombare a terra. Un gorgoglio all'altezza dello stomaco tuonò con un rombo potente, mentre un fiotto d'acido si faceva largo attraverso la sua gola. Chiuse gli occhi e prese un profondo respiro: ci mancava solo che le venisse un attacco di mal di spazio in un momento simile. "Mi avevi detto che sapevi pilotare queste maledette navette!"

"Beh..." l'allarme radio si fiondò veloce contro le loro orecchie un'ottava più in alto rispetto a prima. Sentì Aristide emettere un leggero ringhio tra i denti. L'astronave s'inclinò di nuovo. "Ho almeno..." un'altra sferzata brusca al timone di comando, "cinquemila ore di gioco su Spaceship simulator. Il concetto è lo stesso, no?"

Penelope balzò in piedi, un forte capogiro, il bruciore alle ginocchia e la guida sportiva del pilota le fecero perdere di nuovo l'attrito sul pavimento.

Tuttavia, il nervoso e la rabbia erano più forti della stessa forza di gravità artificiale installata sulla navetta. Guardava Aristide, girato di spalle, e i nervi delle dita le pizzicavano sottopelle. Dovette rimanere per diversi secondi con le braccia leggermente sollevate per evitare di perdere l'equilibrio. Alzò lo sguardo: la chioma bionda di Aristide era bagnata di sudore. Il ragazzo premeva tasti a caso, di tanto in tanto si sporgeva per guardare di sfuggira i radar retrovisori sul pannello di controllo. "Cavoli, non riesco a seminarli..."

Trattenne a stento un'imprecazione. "Stai scherzando?"

"Cosa?"

"Hai almeno cinquemila ore di gioco su Spaceship simulator? Questo è tutto ciò che hai da dire sulla tua stramaledetta esperienza da pilota?" La ragazza mosse un passo in avanti, i piedi facevano scarsa presa contro il metallo. Il piede si sollevò ancora una volta a mezz'aria, ma l'ennesimo scossone della nave la bloccò. Il pilota improvvisato mosse di nuovo tutta la cloche verso babordo, prima di girarsi verso di lei.

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