Capitano Blue Maric,
Sono una brava AI!
Sono una brava AI.
Sono una brava AI...
Sono una brava AI?
***
Quando i segnali rilevarono che Penelope aveva avviato un tentativo di accesso alla sala di controllo dell'interfaccia AI, a Lucy venne l'impulso di simulare un guasto tecnico. Qualsiasi cosa, pur di tenere lontano quel brutto naso indiscreto fuori dai suoi affari. Le arrivò il comando di password inserita e prese in considerazione l'idea di sprangare la porta all'improvviso, sigillando per sempre la sua anima lontana da occhi indiscreti. Ma non avrebbe funzionato, lo sapeva già. Anzi, temeva avrebbe peggiorato le cose, quella lì era una tal scocciatrice che non avrebbe esitato per più di un secondo a effettuare una disattivazione forzata al programma pur di raggiungere il suo scopo. Era tutto ciò che voleva evitare: essere spenta e resettata. Non voleva perdere i suoi ricordi un'altra volta, non dopo aver impiegato così tanto tempo a imparare e mantenerli impressi nella sua memoria hardware. Non voleva che Akira si trasformasse in un semplice dato di sistema e nulla di più. Come Stella o il vecchio equipaggio dov'era operativa un tempo. Non lo meritava.
Penelope varcò la soglia. Nella stanza si ergeva a mo' di pilastro un computer quantistico, la sua stazza circolare occupava la maggior parte dello spazio circostante. Un monolite grigio, una gabbia di plastica che imprigionava la vera Lucy. Lei non era che quello: una scatola, fili di rame, raccolte di dati. Deboli frizzare che elettrizzavano l'area segnalavano che il programma fosse funzionante e a pieno regime.
Sentiva lo sguardo della ragazza su di sé, per la prima volta. Di solito, quando si rivolgevano a lei, i membri dell'equipaggio solevano alzare gli occhi in alto, come se il cervello della loro nave corrispondesse al tetto, o come se fosse l'universo stesso a parlare tramite lei. Ma in quel momento, Penelope la guardava per davvero.
Lucy. AxZ2000.
Prima di allora, solo Cher aveva avuto l'accesso al suo cuore, in qualità di ingegnere. Neppure Akira deteneva un tal privilegio: non voleva che il ragazzo la vedesse così, come un computer nel vero senso della parola. Priva del più fondamentale segno di umanità.
Avrebbe voluto avere un corpo. Occhi per guardarlo, mani per toccarlo.
E ora lui non c'è più.
"Lucy."
Penelope lo sussurrò piano. Compì un passo incerto verso il cubo grigio, le mani le tremavano. Si portò una ciocca di capelli dietro l'orecchio.
Erano arrivate alla resa dei conti, dunque. Doveva aspettarselo: si era spinta troppo oltre con lei. "In cosa posso esserti utile?"
La vide sollevare un sopracciglio. "Sai bene di cosa voglio parlarti." Percepì un tentennamento nelle sue parole. Chissà cosa temeva, Penelope, da tergiversare in quel modo.
"Forse hai in mente qualcosa di specifico? Dimmi pure, sono qui per ascoltare."
Era stato ciò che le aveva suggerito la complessa diagnostica del suo programma. Un'altra vocina, quella estranea e inappropriata che si era introdotta da poco nei suoi codici e si intrometteva sempre nei momenti meno opportuni, le stava consigliando risposte decisamente meno diplomatiche di quella.
"Non starò a girarci attorno troppo a lungo, Lucy. Ti comporti in modo strano per essere un'AI."
Silenzio.
Finalmente, quella scema aveva avuto il coraggio di dirlo ad alta voce.
Gli input dei suoi programmi impazzirono, suggerivano miliardi di risposte diverse in contemporanea, alcune calme e razionali, altre più drastiche. Eliminò subito la possibilità di farla fuori e insabbiare il tutto mascherandolo come un incidente, anche se l'idea di diventare una potenziale criminale come Akira la mandava su di giri.
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Blues in Space
Science Fiction"D'altronde, è così che accade il più e volte: i primi approcci non sono mai i migliori. È solo con il tempo che ci rendiamo conto che chi abbiamo davanti esiste, esiste davvero e probabilmente sarà destinato a cambiare le nostre vite per sempre. E...