🍯CAPITOLO 1🍯

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Tutto cominciò da quel giorno di inizio giugno, in cui pioveva, e Torino quell'anno era molto instabile a livello meteorologico. Si iniziavano le giornate con le maniche corte, per poi concluderle con l'ombrello in mano e addirittura una felpa. Un po' come il mio umore di quell'ultimo periodo: iniziavo le giornate con un entusiasmo forzato, per poi arrivare a fine giornata ad affogare nella mia apatia. Non ero uno che dimostrava affetto, e nemmeno uno che lo pretendeva; ero più uno da "Vivi e lascia vivere!" senza dover incappare in situazioni non adatte al mio umore.

Quella sera arrivai a casa in tempo per la cena da mia mamma, poco dopo le venti. Posai la felpa sul divano su cui riposava Micione, un gatto di almeno sei chili, grosso quanto un sacco di patate, a cui però stranamente dimostravo dell'affetto.

Se mi si domandasse che tipo di donna era la mamma, avrei risposto semplicemente che era una donna con la lettera maiuscola. Sessantaduenne priva ormai di energie e in procinto di vari esaurimenti, soffriva di depressione da quando era venuta a mancare la nonna, ad ottobre dell'anno prima. Mi ha cresciuto completamente da sola da quando avevo sette anni, perché per quanto riguardava mio padre, non c'era mai stato per noi due. Erano passati ormai trent'anni, e di lui nemmeno mi ricordavo i lineamenti del viso. Ero sempre stato particolarmente affezionato alla mamma, ma non ero mai stato un "mammone"; dimostravo affetto quando serviva e l'ero protettivo ma pretendevo i miei spazi quando ne sentivo il bisogno.

Difatti, già a ventidue anni andai a vivere da solo, dopo che trovai un posto libero ad un corso di tatuatori, presi il mio attestato di partecipazione e aprii il mio studio nel pieno centro, a due passi dal mio appartamento; il tutto nell'arco di cinque anni. Ero sempre stato dell'idea che chi vuole, può ottenere e fare tutto dalla vita, solo attraverso la propria forza di volontà e determinazione.

<< Ciao Nat, ho preparato del purè di patate e una fettina di carne, che ne dici? So che ti mantieni in forma, e non ho voluto esagerare con i grassi. O i carboidrati, qual è dei due!? O tutti e due!? >>

Domandò mamma con un certo tono ansioso non appena andai a salutarla in cucina. Era attenta e concentrata con una mano ben salda sul manico della pentola, a girare con un mestolo di legno il purè denso.

<< Stai tranquilla mamma, sono così stanco che ho bisogno solo di riposare. >> Le posai un bacio sulla guancia, e mi soffermai ad osservarle il profilo. Aveva un'aria afflitta, che ormai era costante sul suo viso consumato dallo stress. Aveva iniziato a lavorare come cameriera a soli diciassette anni, e ha continuato fino ai trentotto, quando avevo tredici anni ed ero in grado di gestirmi la casa tranquillamente. Poi ha cambiato settore per diventare donna delle pulizie e ora tiene compagnia a degli anziani in una struttura appena fuori città.

Prima che potessi accomodarmi stanco a tavola, sentimmo suonare il citofono di casa, così andai sul balcone ad affacciarmi. La pioggia era sempre più forte ed incessante, che colmava ogni vuoto: dai solchi sull'asfalto per la roccia frantumata, al mio petto non appena la vidi.
Mia mamma abitava al terzo piano, e da quell'altezza era abbastanza visibile tutto quanto, tra cui il fatto che chi ci aveva suonato era Amalia, la ragazza del quarto piano.

Ciò che però mi colpì in pieno petto, facendomi sentire una sensazione incomprensibile, era il fatto che lei stesse sotto quel brutto temporale, indossando una maglietta bianca che aderì completamente al suo busto. Dall'alto riuscii a vedere "solo" la forma del suo seno.

<< Merda.. >> borbottai tra me andando ad aprirle la porta.

<< Chi era? >> domandò mamma dalla cucina, mentre la stavo per raggiungere.
<< Oh era solo Amalia, si chiama così, sì? La ragazza di sopra. >>
<< Ah sì, probabilmente non aveva le chiavi, se le dimentica spesso. >> Accennò un sorriso mentre portava a tavola la cena pronta.

OH, MY HONEYDove le storie prendono vita. Scoprilo ora