🍯CAPITOLO 7🍯

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NATHAN'S POV

(pt.2)
Prima che restituissi quella vestaglia ad Amalia, passai la sera a casa di mia mamma, assente per un paio di giorni per una piccola vacanza con delle amiche, a tenerla tra le mani. In un qualche modo, riuscii a sentirmi vicino a lei tanto da immaginare che odore emanasse l'essenza della sua pelle. Immaginai addirittura con che grazia le fasciava quel suo corpicino, e come se la infilasse con quelle sue mani eleganti, che osai addirittura fantasticare intorno al mio cazzo.

Battei un pugno contro il tavolo, mentre avevo la mano concentrata intorno a quel pezzo di seta bordeaux, perché mi sentivo frustrato, incatenato. Sentii di diventare una bestia non appena la pensavo e la immaginavo nella mia mente.

Non avrei mai potuto farle nulla, in quella dannata vita, ed era ciò che mi mandò fuori di testa.

Iniziai a immaginarmi il viso di Amalia, al posto di Marta che stava per raggiungermi alle dieci di quel venerdì sera. Avremo cenato fuori e l'avrei portata a ballare come tanto le piaceva, ma iniziai a diventare inconsapevolmente distaccato nei suoi confronti, perché l'idea di avere nella mia vita anche Amalia, mi mandò completamente fuori di testa.

Se Amalia affondava, mi sentivo in dovere di affondare insieme a lei. Si creò in me una sorta di protezione possessiva nei suoi confronti, e sapevo che non ne avrei mai dovuto avere il diritto. Dannazione, ero impegnato con un'altra donna, e per di più Amalia era più piccola di me di diciassette anni. Cazzo, che assurdità...

Vederla che quella sera fu in difficoltà con quel pezzo di merda, mi fece provare così tanta adrenalina da farmi avventare su di lui per lanciarlo dall'altra parte della strada. Eravamo alti quasi entrambi, lui addirittura era più spesso di me, ma io ero un uomo, e lui solo un ragazzino insignificante che ancora puzzava di latte e che credeva che indossando un completo elegante potesse di certo far aprire ad Amalia le gambe in automatico.

Che fallito.

Quando ordinai ad Amalia di tornare immediatamente in casa, la faccenda non finì affatto lì. Quel ragazzo mi prese alla sprovvista, afferrandomi dal colletto della camicia di lino per trascinarmi all'indietro. Feci solo un movimento rapido col gomito, per colpirlo nel punto in cui il suo stomaco si sarà sicuramente ribaltato in più capriole.

E avrei voluto farglielo sputare.

Ma venimmo interrotti da una voce maschile alle nostre spalle, che io ben riconobbi: era Salvatore, un uomo di sessant'anni che si occupava di assicurarsi che nella zona filasse tutto liscio, perché era stata spesso oggetto di vandalismo, violenze, e spaccio. Ed era anche padre dei miei due più grandi amici, Carlo e Giovanni.

<< Se dovete ammazzarvi, fatelo, ma non qui. >> Ci disse soltanto e ci voltammo entrambi.

<< Stava per violentare Amalia, la ragazza che abita qui. Mi pare che tu la conosca bene, lavora per tua mamma, se non sbaglio. >> Lanciai in maniera vaga quell'informazione, che fece mutare l'espressione sul faccione di Salvatore che puntò i suoi piccoli occhi scuri su quelli di quel viscido che mi stava ancora vicino. Mi sistemai la camicia che quelle luride mani mi hanno stropicciato, e vidi solo Salvatore fare un gesto nei suoi confronti. Allungò una mano, e con un indice alzato gli fece capire di avvicinarsi a lui. Ma il verme puntò gli occhi su di me: era terrorizzato.

<< Ti deve solo parlare. Magari ti convince a farti tagliare quel cazzo, che non ti serve a niente se devi usarlo per stuprare le ragazze. >> Mi avviai al portone di casa.
<< Quella puttana mi provocava tutto il tempo, sembrava convinta di volermi saltare sul cazzo. >> Sibilò a denti stretti. Io mi girai solo per vedere Salvatore e la sua grossa stazza avvicinarsi al verme. Dopodiché ripresi a rientrare in casa.

OH, MY HONEYDove le storie prendono vita. Scoprilo ora