𝐶𝑢𝑐𝑖 𝑐𝑜𝑚𝑒 𝑃𝑒𝑛𝑒𝑙𝑜𝑝𝑒, 𝑠𝑒𝑡𝑡𝑒 𝑓𝑎𝑡𝑖𝑐𝘩𝑒 𝑑𝑖 𝐸𝑟𝑐𝑜𝑙𝑒

102 6 2
                                    

"Lauro...La." Morena emette un suono strozzato e flebile, mi strattona.

Mi giro verso di lei con gli occhi ancora semichiusi, li riesco ad aprire un attimo dopo e la trovo in mezzo al letto, il sudore le bagna la fronte, una smorfia di dolore le attraversa il viso.

"Amo, che hai?" Urlo e le porto le mani al viso.

"Amo, me sa che ci siamo." Mi dice e respira a fatica.

Tremo, mi imbambolo, mi sento impotente di fronte alla sua sofferenza.

"Amo, sto per partorire, te movi." Mi strattona nuovamente.

Resto per un attimo a fissarla e le stampo un bacio sulla testa.
Quanto la sto ammirando in questo momento pensando a quando ha fatto tutto da sola per partorire Daniele.

Mi appresto a scendere dal letto mentre chiamo a gran voce Perla che arriva tutta assonnata.

"Chiamato me, signor Lauro?" Mi dedica uno sbadiglio.

"Perla ci siamo, Morena ha le contrazioni, ti lasciamo Daniele." Le dico mentre aiuto Morena ad alzarsi dal letto.

"Oh che bello." Perla urla e si agita dalla contentezza.

"Shh Perlì, sono le 3.00 di notte." Le dico ridendo e intenerito dalla sua reazione.

"Andate tranquilli, a piccolo Daniele pensa io." Aggiunge seria, manda poi un bacio con la mano a Morena che intanto stringe i denti dal dolore, si appoggia a me e la sua mano stringe la mia.

Saliamo in macchina e tra una contrazione e l'altra chiama sua mamma, la mia, Edoardo e Federico.

"Mi ammazzano se non li avviso." Farfuglia ridendo, le accarezzo una guancia e continuo a guidare.

Arriviamo finalmente in ospedale, dove la caricano su una sedia a rotelle e la vedo sparire insieme a medici e infermieri dietro la porta sulla quale vi è la scritta "Sala parto".

Crollo non appena la porta si chiude, lascio andare delle lacrime e mi porto una sigaretta alla bocca.
Vedo piombarmi addosso poco dopo la nostra famiglia.

Mia madre e sua madre corrono sbiancate come se non avessero mai partorito, Valentina ha i capelli raccolti con un pinzone alla meglio, Mina che le dorme in braccio.
Solo Edoardo e Federico mantengono una certa compostezza.

"Che te piagni?" Edoardo mi schiaffeggia una guancia.

"Oh, è l'emozione, lascialo fa." Lo rimprovera Valentina.

Io comincio a camminare a destra e a manca, aspiro velocemente il fumo dalla sigaretta e non riesco a stare fermo un momento.

Passano delle ore e siamo tutti visibilmente stanchi e ansiosi, accasciati sulle sedie di plastica blu del pronto soccorso.

"Il signor De Marinis?" Un medico agitato viene fuori e si toglie velocemente la mascherina.

"Sono io." Mi alzo di sbotto e mi avvicino.

"La bambina è nata, sta benissimo." Comincia, deglutisco, aspetto poi che continui. "Sua moglie ha perso troppo sangue, abbiamo bisogno di qualcuno che abbia il gruppo sanguigno compatibile, deve avere delle trasfusioni." Spiega glaciale.

"Io ho il suo stesso sangue." Urlo nervoso.

"Venga." Annuisce e mi fa entrare, mi lascio tutti alle spalle.

Ho gli occhi sbarrati, un misto di emozioni che non riesco a distinguere. Da un lato sono felice di aver sentito che la bimba sta bene, dall'altro lato ho una paura tremenda per Morena.

𝑆𝑇𝑈𝑃𝐼𝐷𝐼 𝑅𝐴𝐺𝐴𝑍𝑍𝐼Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora