Cap. 15

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   A quanto pare è una notte ancora più assurda del giorno passato...visto che riprendo la macchina e torno verso il centro.

Certo, non mi alletta attraversare la piazza a quest'ora buia, soprattutto perché, se non è piena estate e non è sabato sera, non si sa mai che tipo di gente si può incontrare.

Eppure ho così bisogno di stare vicino a Noah che mi basta correre nuovamente verso quel grande portone caratteristico e risalire in fretta i gradini che mi separano dalla porta del suo studio.

Apro piano questa volta, nel caso stesse già dormendo.

Appena l'anta si schiude, dalle finestre arcuate in fondo al grande ambiente mi giunge la luce della luna, che illumina completamente il divano su cui è seduto Noah. Solo finalmente.

Non dorme, ha lo sguardo rivolto verso i tetti della città, ma forse, se lo conosco bene, è perso nel vuoto.

Non si volta. Sa che sono io.

Il cigolio della vecchia porta gli avrebbe reso impossibile non sentire il mio arrivo.

"Emily, perché sei tornata fin quassù a quest'ora della notte. Sai che non voglio che prendi la macchina e resti fuori da sola così tardi. In centro per di più."

Mi avvicino al divano. Mi inginocchio a terra, dinanzi a lui "Allora non dovevi tornare fin qui."

Finalmente si volta verso di me. Mi prende il volto tra le mani "Credevo di voler restare solo. Scusa."

"Non importa. Ciò che conta è che sei felice di avermi qui, perché ora io non vado da nessuna parte."

Annuisce con il capo. Si gira, appoggiando i piedi a terra. Mi tira verso di lui.

Io mi sollevo per sedermi sulle sue gambe, con le mie aperte e piegate, ai lati del suo bacino.

Ora lui è di fronte a me, mentre io ho lo sguardo rivolto all'orizzonte. Mi sposta una ciocca di capelli dal viso, lasciando scorrere l'indice sul mio zigomo "Perdonami..."

"Per cosa?"

"Per la frase che ti ho detto ieri mattina, dopo la chiamata di quell'uomo" abbassa il capo tra i nostri corpi.

Esercito una lieve pressione sul suo mento per avere di nuovo un contatto con i suoi occhi stupendi "Ehi! Lo so! Eri arrabbiato, è normale. E poi non avevi tutti i torti, un pochino con te lo sono" scherzo per sdrammatizzare.

"Dai, lo sai che ho detto una parola troppo brutta, non avrei mai voluto..." è triste, ma almeno ora sorride.

Si arrotola una ciocca dei miei capelli tra le dita.

Risale verso il mio viso.

Lo accarezza.

Lo avvicina a sé per baciarmi...e lo fa per tutto il tempo che gli è necessario.

Io mi dico che non esiste niente di più bello.

Per questo sposto la mia bocca sul suo collo.

Faccio scorrere le labbra su e giù in quel punto in cui la sua pelle è morbida, delicata e dove alle due estremità, sotto il lobo dell'orecchio e all'inizio della spalla, mi viene tanta voglia di succhiarla. La prendo tra i denti, fino a percepirla sulla lingua, mentre alle narici mi arriva l'odore del suo buonissimo profumo.

Non resisto: sposto le mani ai lati dei suoi fianchi, afferro i lembi della sua maglietta, li tiro verso l'alto per sfilargli l'indumento dal corpo.

Appoggio le labbra al suo torace, mentre mi sollevo appena e scendo con i piedi a terra.

"Il Rosa e il Nero" volume 2Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora