se telefonando

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Coricato nel suo letto, Simone si girava e rigirava tra le lenzuola azzurrine, non trovando la posizione ideale per abbandonarsi finalmente al sonno tanto desiderato da tutto il giorno.
Sapeva bene che il motivo di tale scomodità non era di certo il materasso del suo letto o il lato dei cuscini che continuava a cambiare, convinto che avrebbe risolto il sentimento di malumore che lo perseguitava da diverse ore.

L'ennesimo sbuffo venne rilasciato dalle sue labbra, mentre con impazienza si sedeva a gambe incrociate sul letto, consapevole che quella notte non avrebbe chiuso occhio, continuando a rimuginare sulla foto che aveva visto sui social e le parole che Manuel gli aveva rivolto in quei giorni.

Il messaggio era arrivato forte chiaro, anche se in ritardo, ma era arrivato: Manuel non sapeva come rifiutarlo e fargli sapere che era già impegnato.

Si sentiva così stupido per esserci ricascato, ma quello per cui era più dispiaciuto era l'aver in qualche modo rovinato il rapporto che erano riusciti a costruire in quel breve lasso di tempo.
Non aveva mai trovato nei suoi, seppur brevi, 17 anni di vita, qualcuno con cui riuscisse a sentirsi così a suo agio fin dal primo momento e deve anche ammettere, che la sfacciataggine che il riccio gli aveva mostrato fin da subito aveva accresciuto l'ammirazione verso quel ragazzo che, nonostante la giovane età, sembrava già padrone del suo mondo.

Simone lo invidiava, in modo positivo si intenda, perché anche lui voleva avere lo stesso coraggio di prendere la propria vita in mano e non aspettare passivamente che le cose accadessero, ma a fianco a Manuel riusciva a scorgere un se stesso cambiato, anche solo di poco, e che era sempre più curioso di riscoprire, sentendosi sempre più vivo accanto al moro.

Mentre si passava per l'ennesima volta le mani sul volto, strofinandosi gli occhi che non volevano saperne di chiudersi quella notte, una vibrazione alla sua destra attirò la sua attenzione.

Sporgendosi verso il piccolo comodino per recuperare il suo telefono, si accorse che il mittente del messaggio non era altro che il tormento dei suoi pensieri: Manuel.

"Te posso chiama'?" - recitava il messaggio.

Che faccia tosta - pensó Simone, con il cuore che batteva all'impazzata nel suo petto, che non aveva ancora capito che l'altro ragazzo avrebbe insistito per sentirlo quella sera.

Insistito per modo di dire, perché erano bastati altri pochi messaggi per farlo cedere e concedere a Manuel di tormentarlo nuovamente, questa volta però con la sua dannata voce, capace di far sciogliere la mente fredda, ma ancora troppo poco lucida, con cui Simone aveva deciso di affrontare la questione.

Pochi secondo più tardi, la suoneria del suo telefono inizió a riprodursi a volume abbastanza alto ed il corvino si affrettò a rispondere per non svegliare i suoi genitori nel bel mezzo della notte.

O semplicemente, nonostante l'atteggiamento sostenuto che aveva dimostrato, non vedeva l'ora di sentire cosa Manuel avesse da raccontargli con cosí tanta ostinazione.

Si schiarí la voce, un debole tentativo di darsi un tono scocciato prima di rispondere - "Pronto?".

"Te pare er modo de risponne'?" - non lo stava rimproverando veramente, anzi fu bravo a far trasparire un velo di ironia nelle sue parole.

"Cosa devi dirmi? Guarda che metto giù."
"Non puoi, t'ho detto che te devo raccontá 'a favola della buonanotte" - il tono petulante di un bimbo viziato, Simone già se lo immaginava imbronciato, con le mani sui fianchi e un piede che sbatteva a terra.
Al solo pensiero si fece scappare una risatina, che riuscì subito a camuffare con un colpo di tosse -" Avanti racconta, che già è tardi".

"Okay, te però mettete comodo, che nun vojo che te distrai" - si raccomandó il maggiore - "E prenni in mano er cuscino sulla destra" - gli ordinó dolcemente.

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