Capitolo 26 - Senza ritorno

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La porta dell'appartamento si spalancò solo dopo che ebbe bussato per la seconda volta. Gli venne ad aprire un uomo molto grasso dalla faccia molle, la barba incolta vecchia di qualche giorno, e un paio di occhietti vacui, che insieme al mento rivolto orgogliosamente all'insù contribuivano non poco a dargli un'aria terribilmente stupida.

Quando ebbe incrociato lo sguardo con Alessandro la sua fronte si aggrottò in un'espressione ostile, che però non ottenne altro risultato se non quello di rendere l'insieme ancora più comico.

''Che vuoi?'' esordì con strafottenza.

''Mi manda Lorenzo'' rispose asciutto Alessandro.

L'uomo parve sorpreso.

''Ma quindi sei...come cazzo hai fatto ad arrivare così in fretta?!'' sbottò in un tono a metà tra l'incredulo e l'accusatorio.

Alessandro rimase impassibile.

''Posso entrare, o preferisci continuare a discuterne sul pianerottolo?''

L'uomo lo scrutò perplesso per qualche istante, ma alla fine sembrò aver preso la sua decisione.

''Aspetta qui, torno tra un minuto''.

Non aggiungendo altro gli chiuse la porta in faccia.

Intanto che attendeva Alessandro ne approfittò per dare un'occhiata in giro. Si trovava in una palazzina a tre livelli con qualche decennio sulle spalle, e provvista pure di un piccolo cortile interno, così che per accedere ad ognuno degli alloggi era per forza necessario camminare lungo uno stretto ballatoio protetto da una ringhiera in acciaio.

L'appartamento davanti a cui stava attualmente, il numero dodici, era l'ultimo in fondo al secondo piano rispetto all'ascensore, esattamente dove Lorenzo gli aveva detto che fosse. Ad ogni modo, forse a causa dell'ora tarda, vuoi per il fatto che gli inquilini della palazzina non erano particolarmente curiosi, il corridoio esterno continuò a restare deserto, esattamente uguale a come gli era apparso al momento del suo arrivo.

Il vigoroso brontolio che si levò dal suo stomaco venne quasi subito sovrastato dalla sirena di un'ambulanza lontana, sebbene lo stesso non poté purtroppo dirsi anche per la fame terrificante che lo dilaniava.

Stringendo i denti per la frustrazione, Alessandro cercò di farsi coraggio al pensiero che entro qualche minuto al massimo avrebbe potuto strafogarsi con tutto ciò che voleva. Il fatto che per raggiungere quell'obiettivo si stava apprestando a svaligiare un covo di spacciatori, quasi sicuramente pieno di gente affiliata alla mafia, gli sembrava un dettaglio del tutto secondario.

Pur di mettere fine a quella sensazione di vuoto insopportabile sarebbe stato disposto a ben altro, fosse anche fare a cazzotti con un gruppo di gorilla.

La porta dell'appartamento si spalancò di nuovo mentre l'eco della sirena cominciava a spegnersi in lontananza, e com'era prevedibile ad aprirgli fu lo stesso tizio di poco prima.

''Ti devo perquisire'' annunciò asciutto, ''se rifiuti resti fuori''

Alessandro scrollò le spalle.

''Come vuoi'' concesse allargando le braccia.

L'operazione non richiese più di qualche secondo, e dopo che l'uomo gli ebbe tastato le tasche e i fianchi del cappotto per la terza volta, sembrò convincersi che non sarebbe riuscito a trovargli addosso nessun'arma. A quel punto fece un passo indietro, e dopo essersi piazzato rasente al muro appena oltre la porta­ d'ingresso, gli rivolse un cenno col capo invitandolo a varcare la soglia.

KAMA - Volume PrimoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora