Capitolo 1

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Porchay mosse a tentoni la mano sul comodino, gli occhi ancora chiusi e la mente confusa dal sonno, ma la sveglia non voleva smetterla di suonare. La testa stava per scoppiargli, ne era certo. La sera precedente era uscito a bere con suo fratello e alcuni suoi amici, una serata tranquilla che aveva finito per protrarsi fino a notte inoltrata, non esattamente l'ideale quando il mattino seguente dovevi essere al lavoro alle sei. Aveva provato ad opporsi ma Porsche non aveva voluto sentire ragioni. "Finirò per dimenticare che faccia ha mio fratello." Lo aveva rimproverato per telefono e Porchay, alla fine, si era lasciato convincere con la promessa che avrebbero bevuto poco e sarebbero tornati a casa non dopo mezzanotte. Ovviamente non era andata così, e ora si ritrovava ancora nel limbo del dormiveglia con dei postumi terribili, due ore di sonno e un principio di esaurimento nervoso. Quando la sua mano trovò finalmente la sveglia il colpo con il quale avrebbe dovuto spegnerla fu un tantino più forte del necessario. La sentì cadere con un fracasso terribile e ne guardò i pezzi ormai sparsi sul pavimento. Immaginò che nei prossimi giorni avrebbe dovuto impostare la sveglia direttamente dal suo telefono.

Afferrò il telefono scorrendo pigramente tra le notifiche: un messaggio di Porsche che gli chiedeva se fosse tornato a casa sano e salvo, qualche notifica da instagram e le solite email spam. Fece per cancellare tutte le notifiche dalla barra, appuntandosi mentalmente di rispondere a Porsche più tardi, quando gli occhi gli caddero sull'orario. Le cinque e mezza. Porchay saltò letteralmente fuori dal letto, sparpagliando lenzuola e coperte sul pavimento, e correndo a darsi una sistemata. Era in giorni come quello che rimpiangeva di essersi trasferito in un appartamento così fuori mano, se si fosse trovato ancora a casa dei suoi genitori avrebbe impiegato non più di cinque minuti a raggiungere il suo posto di lavoro mentre da lì non poteva sperare di mettercene meno di venti. Non che ci fossero molte altre alternative per un ragazzo che aveva appena terminato il liceo come lui, gli appartamenti in centro erano decisamente troppo costosi e le stanze per gli studenti universitari venivano affittate solo a chi effettivamente era riuscito ad entrarci e lui, non avendo sostenuto il colloquio finale, di certo non poteva dirsi fra quelli. Era stato difficile, all'inizio, dopo la cerimonia del diploma, rendersi conto di non avere piani per il futuro. All'epoca aveva creduto che abbandonare il suo sogno di entrare alla facoltà di musica fosse la scelta migliore, non avrebbe sopportato di vedere Kim fra i corridoi dopo tutto quello che era successo, guardarlo andare avanti e ignorarlo come se quello che era successo tra di loro fosse stato solo un malinteso. Una piccola parte di lui sperava che la cosa gli avrebbe arrecato almeno un minimo di fastidio, considerando tutto il tempo che aveva passato a fargli da tutor, ma la verità era che probabilmente quella scelta non aveva fatto del male ad altri che a lui. Infondo per Kim aiutarlo con le lezioni di chitarra era sempre stato un pretesto per indagare su Porsche, doveva pur aver messo in conto che sarebbe stato necessario sprecare il suo prezioso tempo per conquistarsi la fiducia di quel ragazzino. Ormai era andato avanti, erano passati sei mesi, aveva pianto tutte le sue lacrime, maledetto Kim in ogni modo possibile, fino a quando non gli era rimasta altra opzione che proseguire con la sua vita. A quel punto, però, continuare a vivere a casa dei suoi genitori era diventata una tortura, decidere di rimettere insieme la sua vita non rendeva i ricordi meno dolorosi e, ora che sapeva tutta la verità, era anche consapevole del fatto che Porsche non sarebbe mai tornato a vivere con lui, non come prima. Così si era trovato un modo per mettere da parte qualche soldo, alternandosi tra il lavoro in pasticceria e in un'officina il cui proprietario si era reso disponibile ad insegnargli il mestiere. Certo, la paga non era granchè ma nel giro di qualche mese era riuscito a mettere da parte un gruzzolo sufficiente ad affittare il monolocale di periferia nel quale si era poi trasferito a distanza di poche settimane.

Dire che Porsche non era stato entusiasta della cosa sarebbe un eufemismo. Non erano mai stati soliti litigare molto, nemmeno da bambini, ma quella volta la questione era andata avanti per giorni senza che riuscissero a venirne a capo. "Come ti è venuto in mente di fare una cosa del genere senza nemmeno avvertirmi." Continuava a ripetere come se non riuscisse a capacitarsene. "Te lo sto dicendo ora." Ribatté Porchay continuando a infilare i suoi vestiti in un grosso borsone nero che difficilmente si sarebbe chiuso. "Chay, sul serio, che sta succedendo? Sai che puoi parlarmi di tutto." Questa volta Porsche non sembrava arrabbiato, solo preoccupato. "Lo so Hia, è stato solo un anno difficile. Voglio... voglio solo lasciarmi tutto alle spalle e ripartire da capo, fingere di essere un ragazzo come tutti gli altri e riprovare ad entrare all'università il prossimo anno." Porsche non sapeva che dire, in parte quella sofferenza che leggeva negli occhi del suo fratellino era colpa sua ma c'era anche dell'altro, molto altro che non gli stava dicendo. Fece un passo in avanti stringendolo a sé e sperando che Porchay non avesse notato le lacrime che gli pizzicavano gli angoli degli occhi. "Starai bene tutto da solo?" Porchay ridacchiò. "Ho vissuto da solo per parecchio tempo, Hia." Porsche tirò rumorosamente su col naso e gli prese le spalle per allontanarlo abbastanza da guardarlo negli occhi. "Voglio che mi chiami almeno una volta al giorno." Porchay portò gli occhi al cielo con un sorrisino. "Devi promettermelo o non ti lascerò andare." Ripeté Porsche serissimo, stringendo un po' di più la presa sulle sue spalle. "Va bene... lo prometto." Borbottò infine Porchay ancora un po' reticente. "Bene." Porsche annuì soddisfatto. "E ricorda che qualsiasi cosa succeda potrai sempre tornare a casa."

It wasn't too late | kimchayDove le storie prendono vita. Scoprilo ora