Capitolo 11

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Kim tentò di mascherare una smorfia di dolore quando Paithoon decise di renderlo partecipe della sua presenza con una sonora pacca sulla spalla. "Non credevo ti avrei più rivisto da queste parti, sei sparito per un bel po'." Affermò sedendoglisi di fronte e rubandogli lo snack che Kim si era appena conquistato dopo aver lottato con i distributori automatici per ben dieci minuti. Forse avrebbe potuto mandare del denaro per farli sostituire prima che il pensiero di dargli fuoco smettesse di essere solo un pensiero intrusivo, probabilmente non avrebbe fatto granchè bene alla sua immagine.. "Non che avessi molta scelta." Borbottò lui sistemandosi gli occhiali da sole sull'arcata del naso. Sperava vivamente che nascondendo le terribili occhiaie che gli erano spuntate dopo l'ultima notte insonne sarebbe riuscito ad evitare domande fastidiose. Paithoon rise. "In effetti, prima o poi dovrai dare quell'esame se vuoi laurearti. Quanti anni sono che lo eviti, due? O forse tre?" Kim si voltò dall'altro lato poggiando il mento sulla mano con fare annoiato. "Quattro." Gli rispose senza troppe cerimonie. "Cavolo!" Esclamò Paithoon. "Voi ragazzi ricchi davvero non avete ritegno." A dire il vero Kim quel giorno aveva un'altra questione che lo aveva portato lì così presto quella mattina, una cosa che gli premeva ben più di quell'esame che, se fosse stato per lui, avrebbe probabilmente rimandato anche quell'anno. Kim, comunque, si lasciò scivolare addosso quel commento, senza degnarlo di una risposta, così il suo presunto amico si sentì in diritto di riempire un silenzio che lui avrebbe di gran lunga preferito a quella conversazione. "Comunque, non hai affatto un bell'aspetto, sembra tu abbia fatto a botte con qualcuno. Non è che per caso hai fatto festa ieri sera senza invitarmi?" Mise su un'espressione offesa che fece venir voglia a Kim di andar via e rimandare quest'ultimo esame all'anno prossimo. "Solo una commissione da sbrigare per la mia famiglia che si è protratta troppo a lungo." Non era esattamente una menzogna, sebbene forse commissione non fosse il termine più adeguato per una missione di spionaggio.
Il giorno precedente aveva cercato di relegare a Kinn e Vegas il compito di ritornare dalla moglie del dottore non appena aveva realizzato che quella sera stessa Porchay si sarebbe esibito e che lui avrebbe potuto non fare in tempo. Ovviamente nessuno dei due aveva accettato, suo fratello perché a quanto pareva era già occupato con una riunione mentre suo cugino gli aveva comunicato il suo dissenso tramite un'eloquentissima gif. Così Kim si era trovato da solo con War, la sua guardia del corpo, nella sua auto fuori dall'abitazione di Nicole. Erano parcheggiati poco lontano, abbastanza nascosti da non destare sospetti, e con i finestrini oscurati che impedivano di guardare all'interno. Kim era seduto dal lato del guidatore mentre War teneva aperto un portatile sulle gambe e si sistemava gli auricolari nelle orecchie, pronto a controllare le telecamere che avevano piazzato nei dintorni. Kim guardò l'orologio ancora una volta, picchiettando nervosamente l'indice sul manubrio, era già passata quasi un'ora da quando erano arrivati e più che a quello che stava facendo non riusciva a smettere di pensare a Porchay, alla sua esibizione, e a quanto non volesse perderla. "C'è qualche problema Khun Kim?" Domandò War adocchiando un insolito nervosismo in lui. "Nessuno." Smentì, perchè spiegare dei sentimenti che nemmeno lui era sicuro di capire fino in fondo alla sua guardia del corpo non rientrava assolutamente nei suoi piani. "Qualche movimento sospetto?" Chiese di rimando cercando di distogliere l'attenzione dal ticchettio delle lancette. War scosse la testa. "Niente, signore." Kim annuì e tornando a guardare davanti a sé in attesa che qualcosa accadesse. Mentre calcolava mentalmente il percorso più veloce per raggiungere il locale dove Porchay si sarebbe esibito un'auto accostò poco più avanti mettendolo sull'attenti. Si sporse in avanti dal suo sedile, assottigliando lo sguardo per vedere meglio, pochi secondi dopo un uomo dai tratti occidentali, vestito in un costoso completo dal colore sgargiante, fece capolino dai sedili posteriori. Kim afferrò il telefono e scattò quante più foto possibili. L'uomo davanti a lui, che supponeva dovesse avere all'incirca la stessa età di Tankhun, si sfilò gli occhiali da sole mettendo in mostra un naso particolarmente pronunciato e sistemandosi i capelli con una mano. Così quello doveva essere il figlio di Don. "Che spaccone." Commentò War con aria disgustata e Kim si ritrovò ad essere d'accordo con lui. Altri due uomini scesero dall'auto presentandosi in maniera nettamente più sobria. Il figlio di Don fece loro segno con una mano di rimanere dov'era e questi si fermarono fuori dalla casa mentre lui entrava in casa di Nicole. "Posso chiamare i rinforzi, saranno qui in un attimo, e loro sono in pochi. Potremmo avere facilmente la meglio." Propose War con fervore. "No." Lo stroncò Kim. "Siamo qui per raccogliere informazioni, le trattative con gli italiani, che siano violente o diplomatiche, non sono affar mio." War provò a ribattere ma era impossibile che avesse la meglio in quella conversazione. Kim odiava il solo fatto di dover essere coinvolto ma sapeva di non poter fare niente per evitarlo al momento, il massimo a cui poteva aspirare era svolgere il suo compito rimanendo nei margini di ciò che gli era stato richiesto sperando di chiudere la questione nel più breve tempo possibile. "Aspetteremo che escano e li seguiremo fin dove sono diretti. Scoprire dove si nascondono sarà un gran passo in avanti." Spiegò e War annuì tornando a concentrarsi sul suo portatile.

It wasn't too late | kimchayDove le storie prendono vita. Scoprilo ora