"Svelto!" urlò notando Kim ancora esitante ad avvicinarsi e salire sul veicolo. Il suo sguardo cadde sulla ferita, i pantaloni completamente impregnati di sangue e il modo in cui zoppicava. Il taglio doveva fare male.
Improvvisamente le orecchie di Porchay fischiarono e un forte rumore si diffuse nella stradina. Un proiettile colpì il lampione di fianco a loro, facendolo andare in cortocircuito, trasformando così quell'inquietante vicolo in un buio ed inquietante vicolo. Bene. Andava tutto perfettamente bene. La testa del ragazzo si girò di scatto ispezionando attentamente alle spalle di Kim. Un gruppo di uomini stava correndo verso di loro, armati. Arrivarono altri spari e Porchay decise finalmente di buttare il suo autocontrollo all'aria, decidendo di strattonare Kim per il braccio e tirarlo con sé sulla moto. Quest'ultimo riuscì a salire, emettendo un gemito di dolore in risposta; ma Porchay non gli diede altro tempo, ruotò la manopola dell'acceleratore e mise in moto. "Tieniti stretto." Borbottò.
Il vento gli scompigliava con furia i capelli, quasi come se stesse cercando di strapparglieli via, mentre un lieve brivido di freddo gli scendeva lungo la schiena, risalendo poi fino al collo. Quello, però, non era di certo a causa del vento. Due mani gli stringevano debolmente la vita, muovendosi lentamente ad accarezzare il tessuto della giacca di pelle che indossava. La sua schiena faceva invece da sostegno per il peso della testa, abbandonata lì, ferma, senza muoversi nemmeno di un centimetro. Porchay stava iniziando a preoccuparsi, sperava davvero che Kim non si fosse addormentato. Non era il momento adatto. "Dimmi dove accompagnarti." Esclamò, giusto per accertarsi che fosse ancora là ma anche perché, effettivamente, non aveva idea di dove andare. Avevano superato da un pezzo gli sconosciuti, e adesso stava solo procedendo dritto, senza nemmeno sapere bene da quanto tempo stava guidando. "Cosa?" Domandò Kim avvicinandosi. Con il vento che gli rimbombava nelle orecchie e i clacson delle altre auto non era riuscito a capire una singola parola di quanto gli aveva chiesto. Porchay percepì il respiro caldo di Kim sul collo e le sue labbra ad una distanza eccessivamente ravvicinata. Si fece coraggio. "Dimmi. Dove. Accompagnarti." Ripetè, scandendo per bene ogni parola, sperando di essere stato chiaro. Vide l'espressione di Kim cambiare dal vetro dello specchietto, gli occhi più vigili e le labbra chiuse in una linea stretta. Kim non rispose. Afferrò il telefono dalla tasca dei pantaloni, lasciando la presa dai fianchi del ragazzo e digitando una serie di numeri sullo schermo. L'utente rispose al primo squillo. "Khun Kim! Dove siete? Siamo stati informati della situazione da poco! Siete ferito?" La voce parlò. "No." Porchay aggrottò le sopracciglia. "Non ho tempo per parlare War, ho bisogno che tu faccia qualcosa per me." La persona annui dall'altro lato della linea e Kim continuò. "Yin. Trova dove quel traditore si sia andato a nascondere e inviami la sua posizione il più presto possibile." Diede ordine, con tono deciso e velato di risentimento. "Afferrato. Sarà fatto." Kim spostò il cellulare dall'orecchio e pochi secondi dopo una notifica comparve sulla schermata. Sorrise soddisfatto. "Andiamo a Mo Hin Khao."
"Cosa?!" Disse Porchay, occhi fissi sulla strada trafficata davanti a lui, ma mentalmente fulminando Kim. Cosa gli passava per la mente? "Hai idea di quanto sia lontano?" Strinse le dita sul volante e tirò un lungo sospiro. Non poteva permettersi di allontanarsi ancora per molto dalla città con la benzina che gli era rimasta e, per quanto l'idea di tornare indietro lo rendesse inquieto, aveva pur sempre dei programmi a cui, davvero, non voleva mancare. "Lo so. Ma non abbiamo altra scelta, gli italiani ci staranno già rintracciando e l'informatore che ha venduto la mia posizione è scappato. Non è sicuro, Chay. Tu non sei al sicuro." Porchay arricciò il naso in segno di fastidio al nomignolo che gli aveva chiaramente imposto di non usare ma ci sorvolò sopra, per il bene di entrambi e di chiunque stesse guidando in autostrada quella notte. "No." Riprese "Sei tu quello a non avere altra scelta, io potrei tranquillissimamente lasciarti qui." Gli occhi vagavano di qua e di là e la sua voce non sembrava così convinta. "Kim, ho una vita io. Ho degli impegni e non posso disdirli solo per stare dietro ai tuoi affari da mafioso." Le mani di Kim strinsero la presa, Porchay sentì le sue dita sfiorare leggermente la pelle sotto la maglia, il brivido tornò e congiunse le labbra, smettendo di parlare. Una moto era passata di corsa, e Kim aveva agito d'istinto. Il forte rumore inondò i loro timpani. "Ne sono a conoscenza. Ma, non voglio che tu sia in pericolo. Ho fatto così tanto per tenerti al sicuro e non posso mandare tutto all'aria adesso." Ribadì, non provando neanche ad allontanarsi dall'altro o ad allentare la tenuta. A Porchay venne da ridere, una di quelle risate ironiche e rumorose, che non smettevano fin quando non iniziava a bruciare la gola. Come poteva essere così sfrontato e sicuro di sè? Un sorriso amaro gli si dipinse in volto. Kim pensava di averlo aiutato, di aver agito come una sottospecie di eroe, bensì non era che un egoista. Un'egoista che era capace di pensare solo ai propri bisogni, non curandosi mai di quelli delle persone che lo circondavano. Non voleva che lui fosse in pericolo, eppure quando lo aveva abbandonato a piangere fuori l'uscita del suo appartamento non sembrava farsi tanti problemi. La sua espressione era stata impassibile, se la ricordava fin troppo bene. Tutto quella situazione era così dannatamente ridicola. Porchay era cresciuto. Era andato avanti, l'aveva superata; ma per quante volte lo avesse detto e se lo fosse ripetuto, non sarebbe mai stato capace di abbandonare Kim. Non nel bel mezzo dell'autostrada, da solo. Non era di certo come lui. "D'accordo" Acconsentì alla fine con aria contrita. Stava solo aiutando una persona che ne aveva bisogno, lo avrebbe fatto per chiunque. "Ma prima di tutto dobbiamo fermarci a fare benzina, oppure non riusciremo ad arrivare." Kim annuì e i due tornarono in silenzio. Porchay spalancò le palpebre il più possibile e cercò di darsi una svegliata, l'aria fredda lo aiutò. Nonostante avessero superato Bangkok da diverse ore, il tragitto sarebbe stato ancora lungo. Si chiese ancora una volta, Come aveva fatto a cacciarsi in una situazione del genere?
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It wasn't too late | kimchay
FanficSono passati sei mesi da quando la pace tra la famiglia principale e la famiglia secondaria è stata ristabilita. Sei mesi da quando Porchay ha scoperto che la sua storia con Kim era sempre stata una farsa. È andato avanti, ha cercato di dimenticarlo...