Yokohama, cinque anni prima.
L'esplosione scoppia tanto vicina che Dazai per poco non ne resta coinvolto.
Riabbassa le braccia fasciate dal volto, si raddrizza sulle gambe e batte attonito le palpebre sul cratere fumigante al lato del marciapiede. Ed ecco che ancora una volta Chuuya ha deciso di fare di testa sua- contravvenendo ad ogni regola dettata dalla logica e dal buon senso.
«Chuuyaaa!!!», urla dietro al partner, già lanciato in un inseguimento che ha del rocambolesco. «E stavolta come diavolo dovrei raggiungerti, spiegamelo?!!».
Ma ormai è fatta- Corruzione è attiva e se Dazai non si fa venire in mente qualcosa per raggiungerlo e toccarlo, addio sodalizio criminale.
Il grosso delle forze nemiche è asserragliato sulle terrazze degli edifici oltre l'incrocio, proprio là dove Chuuya si sta dirigendo, saltando come un grillo su qualsiasi pezzo di cemento, palo, semaforo, balcone o appoggio che gli capiti di tirarsi sotto ai piedi. Concentrato su quel fronte, pare non curarsi minimamente delle minacce che arrivano dalla strada sottostante.
Imboccato l'incrocio, Dazai riesce a neutralizzarne due. Sa perfettamente che non si è trattato di un errore di calcolo o di una svista del compare. Chuuya ha lasciato quel fronte scoperto perché se ne occupasse lui.
Mira. Sparo. Ricarica.
Mira, sparo, ricarica.
Mira- sparo. Ricarica.
Dazai si gira di scatto, senza nemmeno accertarsi di aver colpito i tre nemici in punti vitali. Fa affidamento sulla sua maestria e si ritira oltre l'angolo di un palazzo appena in tempo per schivare una raffica di proiettili.
Silenzio.
Si affaccia, mira alla testa e spara. L'uomo stramazza a terra, lasciando cadere l'arma sull'asfalto. Una rapida occhiata nel vicinato, una sbirciata al partner in avanzata a una decina di metri dal suolo- e si fionda verso il mitra d'assalto. Scoperto e in pieno territorio nemico, riconosce di essere un facile bersaglio. Ma stavolta tocca a Chuuya aprirgli la via e incurante di tutto corre verso il cadavere riverso al suolo.
Un'esplosione fa saltare in aria un'automobile a pochi metri di distanza. Dazai non alza nemmeno gli occhi al cielo, si allaccia le munizioni alla cintola e ricarica la mitragliatrice in tutta calma. Dopodiché riprende a correre verso il palazzo sul lato opposto del covo nemico, si fionda sulle scale e punta al terrazzo.
Sono passati all'incirca una decina di minuti da quando Chuuya ha attivato Corruzione. La gola è già invasa di sangue, mentre continua a imperversare sulle forze nemiche scagliandovi addosso i suoi formidabili buchi neri.
La mente ridotta ad una tabula rasa fatta solo di rosso, di distruzione e di ferocia inaudita, non si rende nemmeno conto di averli sterminati. Ciò che lo anima è la sete di annichilire tutto quel che gli sta davanti- fino all'ultima molecola. Fino all'ultimo spasmo del corpo, che rigetta già stremato copiose boccate di sangue a grumi. Le gambe si piegano, sotto l'ennesimo attacco. Perde l'equilibrio e per poco non precipita dalla lastra di ferro che lo sospende nel vuoto.
Ma non riesce a smettere. E l'edificio di fronte a lui in poco tempo viene raso al suolo sino alle fondamenta.
Digrigna, scaglia l'ondata distruttiva e sbatte i denti convulso, tossendo sangue e scivolando sempre più indietro lungo la lamiera.
Nel pieno di quel teatro di esplosioni e nichilismo, Dazai si affaccia al cornicione del terrazzo. È alle spalle di Chuuya. Per quanto piccolo e lontano, lo scorge tra i bagliori rossi e neri che esplodono attorno a lui come ordigni atomici.
«Chuuyaaaa!!!», urla a pieni polmoni.
Poi l'urlo gli si strozza nel petto. Gli occhi si sgranano nel vuoto, dove Chuuya sta cadendo a rotta di collo.
Un rapido calcolo, due principi di fisica messi insieme per sventare la tragedia- e Dazai indietreggia di qualche metro per prendere la rincorsa. Con un balzo scavalca il cornicione, si lancia di spalle nel vuoto e punta il mitragliatore verso un balcone al secondo piano del palazzo. Apre il fuoco. I denti serrati cercano di contrastare gli scossoni dell'arma. La scarica infernale crivella la copertura di una caldaia fino all'ultimo bossolo.
«Avanti!!!», digrigna fuori di sé, in caduta libera verso il suolo.
E finalmente l'impianto prende fuoco, esplodendo subito dopo in un boato infernale.
L'onda d'urto non arresta la sua picchiata, ma è abbastanza da sbalzarlo in diagonale verso Chuuya. La mano aperta sfiora le sue vesti logore solo per serrasi nel vuoto. L'ha mancato. Con uno slancio disperato, libera allora l'altra mano dal mitra, ruota il braccio in aria e lo afferra dal bavero- strattonandolo a sé nella caduta.
A pochi metri dallo schianto a terra, Dazai serra gli occhi e si prepara a sfracellarsi le ossa. Sa che gli costerà la vita, ma si augura che la caduta in diagonale non sarà più dolorosa di quella in picchiata sventata grazie all'esplosione della caldaia.
Tre metri.
Due.
Il suolo si spalanca compatto di fronte ai suoi occhi, in un contraccolpo che lo immobilizza e gli leva il respiro.
«Coglione-».
La voce di Chuuya esce in un sussurro debole e affaticato- ma risuona comunque forte e chiara nelle orecchie di Dazai che accoglie l'insulto con un accenno di sorriso.
Attorno a loro il campo gravitazionale generato dal rosso li ha arrestati ad un metro scarso dall'impatto, sospendendoli entrambi nel vuoto. Dura qualche secondo. Quando poi le forze lo abbandonano del tutto, la gravità terrestre ha la meglio e i due si schiantano in un atterraggio che per quanto maldestro non è loro fatale.
«Ahia. Che botta», bofonchia Dazai, scoccandogli un'occhiata torva. «Potevi anche darmi il tempo di sistemarmi-»
«Sta' zitto», ribatte Chuuya in un sibilo stremato, crollando sfinito sul fianco.
Dazai lo osserva in silenzio. La desolazione che li circonda è fatta di fiamme crepitanti, schegge di vetro e crateri nel suolo. La via è interamente cosparsa di polvere e detriti fino all'incrocio, da cui si scorge la porzione di un'altura erbosa a lato della strada.
Per quanto siano riusciti a neutralizzare il nemico, il vero cavillo li attende laggiù, nascosto fra i rovi e i muretti del piccolo poggio che ospita un cimitero.
Con un sospiro stanco, Dazai avvia la chiamata e si porta il telefono all'orecchio.
«Tutto bene. Manda qualcuno a prendere Chuuya- sì, l'ha fatto. Di nuovo. Concludo io, qui».
Terminata la breve telefonata, il giovane del malaffare si abbandona finalmente in mezzo alle macerie della palazzina, scrutando assorto gli uffici dell'edificio di fronte, divorati dalle fiamme.
«Ci sono andato proprio vicino, stavolta», commenta tra sé, scorrendo gli occhi tra i livelli del palazzo. I suoi calcoli si sono rivelati esatti- ma per una pura questione di statistica e architettura: l'edificio, molto vecchio, è addossato ad altri due palazzi. Il lato che affaccia sulla seconda strada è sprovvisto di balconi o caldaie a vista. In sostanza, la presenza di quella che ha fatto esplodere per sfruttarne l'onda d'urto e raggiungere Chuuya è stata una vera e propria scommessa basata su un'osservazione frettolosa e parziale: i palazzi di quella zona sono tutti piuttosto obsoleti, conservano le caratteristiche del decennio passato con le classiche caldaie esterne, installate sui balconi. Ma per quel che ne poteva sapere, gli uffici del secondo piano potevano anche aver sostituito la loro con un impianto più moderno.
In parole povere- gli è andata bene.
Ed è andata bene anche a Chuuya. È l'ennesima volta in cui il rosso giunge a sfoderare il suo asso nella manica. In altre occasioni non lo ha ritenuto necessario- ma in questa, in particolar modo, ha messo tutto nelle mani di Dazai. Comprese le loro vite.
«Che seccatura-», mugugna tra sé, scivolando gli occhi d'ebano sul volto assopito del partner.
Sprofondato in uno stato di semi-coscienza, Chuuya non riesce più a muovere un singolo muscolo. Il lato del viso gli è impresso nella coscia e il suo respiro è lento e regolare quasi che si trovi a dormire in un comodo letto più che all'addiaccio.
I rinforzi li raggiungono di lì a pochi minuti.
Dazai aiuta un suo subordinato a caricare Chuuya nella vettura, dopodiché si avvia da solo a recuperare la donna che sembra ergersi al centro dell'intera questione. Si è trattato della classica zuffa tra compagnie rivali, che con la morte del leader di una delle due si è trasformata in guerriglia. È stata Midori ad avvisare la Port Mafia dell'omicidio di Murata, proprietario di un'agenzia assicurativa che da tempo rivaleggiava nel settore con un'azienda dagli affari loschi e sospetti. Dazai la scova ora in cima all'altura, ai margini del cimitero, nascosta dietro al tronco nodoso di un alto ciliegio spoglio.
«Puoi uscire, adesso», si rivolge a lei in tono pacato, ben consapevole che può udirlo senza bisogno di urlare. Una donnina esile e aggraziata come lei, con tutta l'aria di essere una timorata di Dio, non avrebbe mai cercato riparo tra le lapidi di un cimitero.
«Le esplosioni-»
«Sono morti tutti», conferma Dazai, scoccandole uno sguardo di lucida trepidazione. La donna si sistema una ciocca corvina dietro l'orecchio e avanza verso il giovane con un timido sorriso. «Non mi sembri soddisfatta. Non sono stati loro ad assassinare il tuo uomo?»
«Sì- infatti», ribatte lei in tono lugubre. «Ma anche questo- non lo riporterà indietro».
Dazai non ribatte a quella verità. La trova anzi prolissa e sterile rispetto alle circostanze. In silenzio le fa cenno di seguirlo e la precede giù per il declivio.
«Non ho dove andare-»
«Lo so»
«Non so nemmeno a chi chiedere ospitalità, in città conoscevo solo Jin-»
«Lo- so. Hai detto di vivere qui da meno di un anno», replica asciutto il bel prodigio della Port Mafia. «Non mi sorprende che conoscevi solamente il signor Murata»
«A-ah sì?».
Voltandosi indietro, Dazai le rivolge un sorriso franco. «Sembri una persona timida- e anche piuttosto chiusa. Le donne come te faticano spesso a stringere legami di amicizia. Il vostro aspetto vi fa passare per snob»
«Oh-»
«Ma non preoccuparti. A me la bellezza non spaventa, anzi- posso ospitarti io».
Midori rallenta istintivamente il passo a quella proposta. Sul suo volto, Dazai scorge affiorare qualcosa che ha i tratti di un sorriso, ma che nel complesso tinge il suo volto di una schietta sorpresa.
«Qualcosa in contrario?»
«N-no!, no affatto! È solo che-»
«Ah, capisco», indovina subito il bel Dazai. Un membro della Port Mafia che si offre di ospitare una giovane fanciulla indifesa deve suonarle piuttosto stridente. «Sono un criminale, non un mostro. Nel bene e nel male agisco in nome dei miei interessi e di quelli della Port Mafia- e tu, al momento, rientri nell'interesse di entrambi. Ti sembra?».
Midori annuisce, non troppo convinta. C'è un qualcosa nel suo sguardo che la fa sentire vulnerabile, facile da leggere come un libro spalancato sotto al suo naso.
«Hai parlato degli interessi della Port Mafia», esordisce più tardi, sedendo con lui sul suo comodo divano di velluto verde scuro. Ringraziandolo, accetta la tazza di tè fumante e lo scruta guardinga prendere posto accanto a lei. «Di che genere di interessi parlavi?»
«Degli stessi che ti hanno spinta a rivolgerti a noi- suppongo. Il signor Murata era sotto la nostra protezione da qualche anno».
Midori annuisce. Lo sapeva già e adesso averne conferma le causa un tremito improvviso che camuffa ad arte dietro ad un pianto sommesso. «Perdonami-»
«Per?».
Dazai solleva le sopracciglia, scrutandola attonito da sopra il suo bicchiere di brandy. Osserva gli scossoni delle sue spalle, le dita che scivolano senza tregua sotto agli occhi e le labbra paralizzate in una curva all'ingiù.
Attende paziente che i singhiozzi cessino, sorseggiando il suo alcolico ghiacciato e battendo placidamente le palpebre sul suo viso.
Poi, finalmente Midori pare quietarsi. L'animo le si scalda a quell'ennesimo sorso di tè aromatizzato, la bocca torna alla sua naturale inclinazione e la lingua si scioglie un po' di più. Sì, in fondo Dazai è stato molto premuroso ad offrirle una sistemazione. Sente di potersi fidare.
«Ovunque vada- sembra che la morte mi perseguiti», esordisce, stringendo le dita a pugno sulle cosce scoperte. «È per questa ragione che me ne sono andata dall'Hokkaido, sei anni fa. Prima la morte di mio padre- poi quella del mio primo marito».
Per tutto il tempo Dazai la ascolta disponibile, bevendo di tanto in tanto qualche sorso di brandy e osservando il ghiaccio liquefarsi poco a poco e tintinnare contro il vetro al più lieve scossone. Midori fa un po' come quel pezzo di acqua solidificata.
Traballa nel suo involucro, si scioglie un po' di più e risuona contro le sue stesse pareti man mano che guadagna spazio dentro di sé.
«Sapevi che il mio nome, da dove provengo, è sinonimo di sventura? In tanti si sono convinti che porto con me solo disgrazie e dispiaceri»
«Ah sì?».
Midori annuisce. Tolto il padre, morto a sessantatré anni per una complicazione ai reni già da tempo malati, il primo marito, il secondo e gli altri amanti che ha poi avuto a seguito dei due matrimoni finiti in tragedia sono morti o caduti in disgrazia poco dopo averla conosciuta.
Lo sguardo di Dazai si illumina famelico, mentre sonda il volto della femme fatale inasprirsi ad ogni passo avanti nel racconto della sua vita trapuntata di morte. Quanti anni poteva avere quella donna portatrice di sventura? E quante vite aveva già stroncato, così giovane, con la sua sola presenza?
«Me ne sono andata dall'Hokkaido sei anni fa- con la speranza di lasciarmi tutto alle spalle e cambiare vita. E invece le tragedie mi hanno seguita un po' ovunque. Adesso- anche Jin». La voce le si spezza in un altro singhiozzo. Le dita corrono ancora una volta agli occhi, le spalle sobbalzano e le labbra si pietrificano di un dolore freddo.
Con un movimento fluido e noncurante, Dazai si alza dal divano e ripone tazza e bicchiere vuoti sul basso tavolino.
«Per quel che vale, sono certo che tutte queste stupidaggini siano prive di fondamenta», commenta in tono caldo, socchiudendo gli occhi illanguiditi. Le sorride. «Le persone sono facilmente impressionabili. Tutto qui», aggiunge poi, sfilandosi cappotto e gilet. Lento e fluido quasi che il corpo gli si fosse tramutato in acqua, accompagna i suoi gesti carezzevoli con un sorriso appena accennato. Invitante, le rivolge uno sguardo socchiuso, sibillino, che la donna accoglie con l'ennesimo tremito viscerale. I suoi occhi magnetici rifulgono di fuochi che conosce bene, che ha già visto su altri volti, eppure i suoi la ingabbiano all'istante, la trascinano a sé. Chiamano a gran voce il suo nome- calamitandola come una piccola falena verso la luce di un lampione.
Dazai è ora in piedi, immerso in un chiaroscuro che gioca con le sue linee, ammantandole di altri strati di mistero. Fermo davanti all'uscio della camera da letto, si scioglie le bende dai polsi con gesti lenti, morbidi, sinuosi. Sono un invito anche quelli e Midori non riesce a resistere al languore che le stanno generando. Non appena lo raggiunge, sente di sprofondare in quelle iridi d'ebano. Sotto assedio, cade in trappola, vi affonda interamente e si lacera sulle lievi increspature che incontra precipitandovi.
Dazai le avvolge il braccio nudo attorno alla vita in un primo contatto che ha del morbido e del confortevole.
Negli occhi scuri della donna emerge allora una domanda cui il giovanissimo dirigente della Port Mafia risponde con un sorriso accondiscendente.
«Dopo quel che ti ho raccontato, dovresti temere che-»
«Che mi ucciderai nel sonno?», sogghigna, precedendola verso il letto. «Non oserei chiedere tanto».
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È Rosso nelle Crepe che hai lasciato
FanfictionSoukoku novel. Osamu Dazai e Nakahara Chuuya - Bungo Stray Dogs. Ogni diritto sui personaggi e i riferimenti al manga sono riservati a Kafka Asagiri. I diritti sugli elementi di fantasia e le vicende narrate sono invece a me riservati