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L'anziana brontola

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L'anziana brontola. Mordicchia un'imprecazione tra i denti, agitando ancora una volta il lungo tubo di gomma.
Niente. Non una goccia d'acqua vuole saperne di uscire.
«Insomma!, ma che novità è proprio adesso?!».
Nascosto oltre il margine opposto della casupola in cemento, Dazai soffoca una risata nella mano e si gode ancora per un po' la scena esilarante, affacciandosi di tanto in tanto dal muro. Eccolo il momento! Finalmente la vecchia accosta il viso al foro della canna. Avvicina un occhio. Poi l'altro. È il segnale.
Dazai riattiva l'erogazione dell'acqua a piena potenza, ruotando la manopola fino a svitarla. Il piccolo condotto di plastica si dibatte, prende le forme di una serpe impazzita che schiocca tra le mani della signora e la sferza in piena faccia con un potentissimo getto d'acqua gelida.
Le urla inviperite di una si mischiano così alle risate sguaiate dell'altro. Dazai non si fa attendere dal rivendicare il misfatto ed esce subito allo scoperto per poterle ridere apertamente in faccia. Non riesce proprio a smettere, per quanto veda che è furibonda, così zuppa d'acqua e gocciolante da capo a piedi.
Minuti dopo la strada risuona ancora delle imprecazione e degli insulti dell'anziana dirimpettaia, che continua a maledirlo anche dopo che Dazai se n'è tornato nella sua umile dimora, portandosi dietro quella piccola ed innocente rivalsa.
Visto che non posso ucciderla, mi limiterò a tormentarla, pensa tra sé, abbandonandosi appagato sul materasso. A conti fatti non c'è niente di più elettrizzante di misurarsi con un nuovo nemico giurato- e in quella landa di disperati, incassata nella terra e dimenticata da Dio, Dazai non ne ha trovati di più allettanti o meritevoli delle sue attenzioni.
Con un lungo sospiro riapre gli occhi sul soffitto. I suoi pensieri si sono allineati autonomamente, finendo col carezzare i ricordi di un altro volto rivale. Ma si deve sforzare, prima di riuscire a farlo riemergere del tutto.
Il sorriso gli si distorce sulle labbra, ghiacciandosi di sgomento. Sono passati quattro mesi, ormai: le prime linee e i dettagli di quel viso stanno già cominciando a sfocarsi.

Quella notte si deposita un velo di brina ghiacciata sull'intera Yokohama. Ricopre ogni cosa, ammantando la città di un freddo luccichio che abbacina la vista e appesantisce gli occhi.
Chuuya è appena rientrato nel suo appartamento, all'8801. Scolla le labbra dalla bottiglia di vino, si sfila il cappotto e lo appoggia sullo schienale del divano.
Fuori i primi raggi del sole feriscono già l'orizzonte, preannunciando una giornata limpida e soleggiata. Sul lato opposto della carreggiata, il cemento annerito dalla combustione ha preso il posto della sua macchina, diventandone l'ombra perenne.
Sono trascorsi quattro mesi dalla notte in cui è esplosa. La stessa in cui Dazai ha fatto sparire ogni traccia di sé.
Ormai è diventato un percorso mentale a senso unico, la cui stazione finale conduce inevitabilmente il rosso a rimettere mano al volantino scampato alle fiamme. Ancora una volta, seduto sul divano, Chuuya ingolla lunghi sorsi di vino e si rigira quel foglio tra le dita, riconoscendoci l'ultimo bigliettino da visita di Dazai.
Non ha più dubbi che sia stato lui. Quel che non riesce ad afferrare- come al solito- sono le intenzioni dietro.
«Maledetto quattr'occhi del cazzo», sibila sfinito, strofinandosi il dorso della mano guantata sulla fronte. Che Ango fosse al corrente di qualcosa gli è risultato subito chiaro, a scapito della sua reticenza sui dettagli.
"Non è più affare della Divisione e tanto meno deve esserlo della Port Mafia- dimenticati di lui, Dazai non esiste più", gli ha risposto quella stessa notte, durante la sua visita inattesa.
E allora perché nel suo sguardo ha letto l'esatto contrario? Perché tutti, persino Hirotsu e il boss, sembrano così riluttanti a parlare di Dazai? A scoprire perché se ne sia andato, cosa lo abbia convinto, quali siano le sue intenzioni sul futuro imminente? Solamente un ingenuo può credere che non si sia tolto di mezzo per pianificare in tutta calma le sue prossime mosse. Eppure nessuno sembra disposto a dargli una mano per anticiparle, per incastrarlo e spingerlo con le spalle al muro. Ha solamente quel volantino, con una frase vagamente allusiva e un logo persino più ambiguo.
Una pecora rovesciata, su una frase che inneggia ad un nuovo inizio.
In un attimo Chuuya balza di nuovo in piedi, le labbra serrate cercano di trattenere quella voce che da settimane lo esorta ad agire. Stavolta non lascerà perdere. Abbandona pertanto la bottiglia sul tavolino, afferra nuovamente il cappotto e si avvia alla porta, deciso ad assecondarla.
Se vuole provare a carpire qualcuno di quei fili intrecciati per tirarlo a sé, non gli resta che un solo modo: muoversi in piena luce del giorno, fuori dall'ordinario e stravolgendo ogni schema.
In mano ha un solo indizio. Vago, incerto e del tutto inconsistente, ma decide comunque di prestargli attenzione e lasciarsi guidare.
Quando ha abbandonato Le Pecore, la vita di Chuuya ha subito un arresto ed è ricominciata daccapo. Il punto di partenza, Suribachi. È lì che decide di dirigersi.

È Rosso nelle Crepe che hai lasciato Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora