Yokohama,
all'incirca un anno dopo.Minuscole e sovreccitate, le bollicine nel bicchiere frizzano a sciami agitati. Risalgono nel liquido ambrato, larve di salmone che sfidano la corrente del fiume per riemergere ed affacciarsi in superficie. È un viaggio molto corto il loro, una vita della durata di pochi secondi. Non ne assaporano che un esiguo frangente prima di annichilirsi nel blu, ustionate.
La fiamma ondeggia a festa tra le pareti del bicchiere ancora per qualche attimo, leva il respiro ad altre bollicine e infine si spegne sotto il soffio di un Dazai in versione piromane-festaiolo.
È la sera del 19 giugno e il diciottesimo compleanno del più giovane dirigente della Port Mafia viene festeggiato così- con un bicchiere di brandy flambé improvvisato a candelina.
«Tanti auguri a me!», gongola fanciullesco, allungando il sentore dell'alcolico ormai bruciato con del ghiaccio.
Al suo fianco, Odasaku gli rivolge un'occhiata accigliata, ma non commenta. Solleva il suo bicchiere e lo fa tintinnare contro il suo.
«Auguri. Almeno hai espresso un desiderio?»
«Mh!», annuisce l'altro, sorridendo persino con gli occhi. «E se sarò fortunato, fra tre, due, uno-».
Spaccando il secondo, la porta del Bar Lupin si spalanca. Affacciandosi dall'ingresso, Ango scuote l'ombrellino sul marciapiede e lo lascia poi a gocciolare contro il muro, al riparo dall'acquazzone. Piovono cani e gatti randagi dal cielo, in quei giorni.
Al bancone, Dazai emette uno sbuffo rassegnato.
«No, il mio desiderio era molto più grazioso- e decisamente meno vestito»
«Sedici morti, otto feriti e trentanove carichi di armamenti militari, merce di contrabbando e apparecchiature all'avanguardia destinate allo spionaggio- per un totale di ventotto resoconti dettagliati da stilare e archiviare», esordisce Ango, prendendo posto sullo sgabello libero.
Con un secondo sbuffo, Dazai si puntella il mento nel palmo della mano e rivolge al nuovo arrivato un'occhiata vacua. «Prego, non c'è di che», mugugna poi e il volto dell'altro si irrigidisce di stizza.
«Ho finito solamente mezz'ora fa, Dazai»
«E non sei felice?»
«È il mio lavoro», taglia corto l'agente operativo, sistemandosi gli occhiali sul naso. «Ma per lo meno potreste sforzarvi di fare rapporto, dopo una missione, al posto di raddoppiare la fatica al sottoscritto».
Odasaku e Dazai ormai non fanno nemmeno più caso alle lamentele del collega, non ricordano una sola serata che non sia iniziata allo stesso modo- e come ogni volta precedente rimangono seduti in silenzio, lo lasciano parlare a ruota libera e sorseggiano dai rispettivi bicchieri scambiandosi qualche occhiata in attesa che l'alcool faccia effetto anche su di lui.
Ma poco dopo Ango si sta ancora dilungando nell'invettiva, quando la sua voce viene sovrastata dal violento sbattere della porta in fondo al locale. Un terzo non-invitato alla festa di compleanno, sembrerebbe.
Voltandosi, i tre mettono a fuoco la sagoma zuppa di pioggia e gocciolante da cappello a piedi di un ginger alquanto su di giri.
«E tu che vuoi?», domanda il festeggiato, ruotando lo sgabello nella sua direzione.
Per tutta risposta, Chuuya incalza il passo e taglia il salone verso il partner. Gli occhi azzurri, liquidi e infuocati come la candelina su cui Dazai ha appena soffiato i diciotto anni, si inchiodano sul suo volto. Le labbra contratte in una smorfia dura e le mani strette a pugno scandiscono il ritmo del suo incedere minaccioso.
Si arresta al suo cospetto. Lo sguardo si abbassa sul suo brandy e scivola ispido su quello di Odasaku. Senza fare troppi complimenti glielo strappa via dalle mani e con più forza del necessario lo fa scontrare contro il bicchiere di Dazai in un brindisi a occhi chiusi e denti serrati.
«Bevi, su», lo graffia poi con voce apatica- prima di ingollare l'alcolico in un paio di sorsi. Anche Dazai beve il suo in un solo fiato, trattenendo a stento un sorriso impertinente.
«Come sapevi che era il mio compleanno?», gli domanda tagliente. «Non te l'ho mai detto-».
Chuuya non lo lascia finire. Ridotto ad un fascio di nervi che fremono e sbattono sotto la sua pelle, spinge il bicchiere vuoto contro il petto di Odasaku e gira i tacchi senza aggiungere una sola parola.
Un paio di passi- e di nuovo si arresta in mezzo al salone. Dal lungo cappotto nero sfila un sacchetto di plastica che assomiglia a tutto- fuorché ad un regalo di compleanno. Non glielo consegna nemmeno fra le mani. Con un gesto che rasenta l'aggressione glielo getta ai piedi in un suono di plastica che si affloscia contro il legno del parquet.
Infine, scoccata loro un'occhiata di ghiaccio asciutto da sopra la spalla, guadagna a passo svelto l'uscita.
Impietriti, Ango e Odasaku si scambiano uno sguardo. Sono rimasti impassibili di fronte a quella scena, lo sgomento ha silenziato loro più di una considerazione in gola.
Dazai nel frattempo è scivolato giù dallo sgabello e si è accovacciato sul sacchetto bianco, studiandolo a fondo. Si sfila dalla cinta la sua Makarov PM e allunga la canna verso uno dei due manici. Lo solleva e sbircia all'interno, battendo curioso le palpebre.
Un sorriso gli affiora sulle labbra, quando al posto di una bomba o di un qualsiasi ordigno esplosivo scorge un pacco di bende ad uso medico nuove di zecca.
«Non sapevo che il tuo partner fosse al corrente delle nostre serate al Lupin», commenta Ango, portandosi la sua mimosa alle labbra. «C'è da stare tranquilli?»
«Ah, Chuuya sa essere una spina nel fianco delle più fastidiose- quando vuole. Non sta fermo un secondo, salta come un grillo, urla, strepita ed è arrogante e permaloso come un chiwawa spelacchiato», ribatte il moro, riprendendo posto al bancone col sacchetto sulle gambe. «Ma come un qualunque altro cane che si rispetti», aggiunge in un sospiro sorridente, «nelle sue vene scorrono sangue e lealtà in egual misura».
Gli occhi di Odasaku si aprono impercettibilmente alle parole del ragazzo, scrutandone il profilo e le labbra ora incurvate in un morbido sorriso. «È affetto quello che ho appena sentito?».
Dazai si avvicina il bicchiere vuoto alle labbra. Il tutto si è fatto in poco tempo persino più incredibile di quanto già non sia sembrato agli altri due- ormai da tempo abituati alla controversa alleanza del Doppio Nero, fondata per lo più sulla più genuina delle rivalità.
Alzando il gomito, il giovane fa colare tra le labbra anche quelle ultime due gocce di brandy annacquato e non ribatte alcunché.
Come Chuuya, anche Dazai sa perfettamente dove andare a stanarlo a qualsiasi ora del giorno e della notte. All'infuori delle missioni che svolgono in coppia, i due non trascorrono mai il proprio tempo libero cercando l'uno la compagnia dell'altro. È fuori discussione, sarebbe istigazione al suicidio-omicidio. Stanno anzi molto attenti a non battere le zone frequentate dall'altro, proprio per poter evitare di incrociarsi almeno quando non sono tenuti a farsi da spalla.
Quella sera, salutati gli altri, attorno alle quattro del mattino Dazai imbocca la via opposta a quella solita. La percorre nel silenzio buio e denso che lo avvolge, lasciandosi trasportare passo passo fino alla sede della Port Mafia- nei pressi della quale inchioda i piedi davanti ad un'elegante porta di legno lucido, contrassegnata dal numero 8801.
Il sacchetto appeso al polso e le braccia infilate sotto al lungo cappotto nero, Dazai reclina il capo e lancia un'occhiata alle finestre del primo piano. Una delle due è accostata. Il vento fa ondeggiare una tendina fra le imposte, inondata della luce azzurrina di un televisore acceso.
Raccolta da terra una pietra di modeste dimensioni, Dazai la avvolge in una benda sgualcita e strappata in più punti e la lancia puntando al davanzale. Il vetro vibra sotto il tonfo attutito. Soddisfatto, infila nuovamente le mani sotto la giacca e si appoggia di spalle contro il muro.
Pochi istanti dopo, al suo fianco la porta lucida si socchiude e Dazai scivola al suo interno senza bisogno di essere invitato a entrare.
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È Rosso nelle Crepe che hai lasciato
FanfictionSoukoku novel. Osamu Dazai e Nakahara Chuuya - Bungo Stray Dogs. Ogni diritto sui personaggi e i riferimenti al manga sono riservati a Kafka Asagiri. I diritti sugli elementi di fantasia e le vicende narrate sono invece a me riservati