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La dottoressa Yosano ha accettato di intervenire sul corpo di Chuuya solamente una volta

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La dottoressa Yosano ha accettato di intervenire sul corpo di Chuuya solamente una volta. Giusto lo stretto indispensabile per strapparlo alla morte e riconsegnarlo alla Port Mafia.
A distanza di una dozzina di ore, sfiancato e ancora visivamente acciaccato dagli effetti di Corruzione, il rosso non ha fatto altro che entrare ed uscire a battute alterne da un sonno profondo e rigenerante.
Sul fare della sera, basta un nome per svegliarlo completamente. Chuuya balza giù dal letto e si fionda alla porta: in mezzo al corridoio trova Dazai e un suo subordinato a rapporto.
«...al momento tutto tace. E la ragazzina è in mano nostra da giorni, ormai»
«Mh, significa che è arrivato il momento di cambiare approccio- uh? Bene, ci mancava solo quel rompiscatole!», sbuffa il moro, notando Chuuya alle sue spalle.
A passo lento gli scivola quindi accanto e lo precede in stanza senza rivolgergli una parola.
Il suo sguardo è apatico. Dazai si ferma in mezzo alla stanza con le mani infilate nel cappotto e gli dedica giusto un'occhiata da sopra la spalla prima di esortarlo a parlare- con più ruvidezza del necessario.
«Avanti, ho da fare», sbuffa poi.
Chuuya tentenna. Non riesce a tradurre quell'ennesimo cambio di atteggiamento da parte del partner- ma la sua insofferenza rasenta il fastidio ed è quasi impossibile non notarla.
«Si può sapere che razza di problemi mentali ti affliggono?!».
La domanda sembra lasciarlo persino più impassibile, in un primo momento. Subito dopo, però, sul volto di Dazai affiora un sorrisetto beffardo. China lieve il capo, quasi a voler trattenere una risata, e gli si fa dappresso.
«Giusto, dimenticavo con chi ho a che fare», dice in tono condiscendente, fermandosi ad un palmo dal naso.
Con un movimento repentino e fluido gli appoggia entrambe le mani sulle spalle, stringendole poi lievemente. Sorride- ma di un sorriso che pur espanso a tutto il volto non risulta lontanamente genuino.
«Chuuya. Sono molto, molto, mooolto contento che il mio piano non sia fallito- e che tu sia ancora vivo tra noi», decanta infine e il tono solenne e plateale colora l'intera scenetta melodrammatica di una tale ironia da lasciare il rosso ancora più offeso. «Non scherzo, sono... felicissimo, anzi di più! Davvero! Resterei persino a festeggiare con te, credimi... ma ho una faccenda da risolvere. Quindi, se non ti spiace-»
«Ti diverte, non è vero?», sibila Chuuya, bloccandolo in mezzo alla stanza prima che possa defilarsi- di nuovo. «Sì. Ti diverte. Trovi esilarante che io abbia creduto volessi disfarti di me».
Voltato di spalle, Dazai inchioda il passo. «Non più di tanto. Lo trovo da deboli sentimentalisti», ribatte gelido. «Ma trattandosi di te...»
«Vieni qui a ripeterlo, se ne hai il coraggio».
Dazai non se lo fa ripetere una seconda volta. Né si tira indietro. Divorate nuovamente le distanze tra loro, stavolta le sue mani si alzano sì repentine e fluide- ma per afferrarlo dallo scollo della camicia e spingerlo a retrocedere verso il materasso.
«Così va bene?», sprezza poi, inchiodandolo saldamente alla colonna del baldacchino. «O preferisci che ti ci appenda?», aggiunge, provocandolo apertamente.
Chuuya non ribatte. Si limita a fissarlo negli occhi e a sostenerne lo sguardo con fermezza, mordendo a freno la collera e trattenendo ogni forma di reazione.
Fiero e orgoglioso, scorre gli occhi sulle braccia bendate del partner, sulle dita strette al colletto della sua camicia e nuovamente sul suo volto teso, rigido di una furia tanto improvvisa quanto immotivata.
Ne sogghigna.
«È così che sarei io il debole?», sentenzia infine, staccandosi una ad una le dita di Dazai dal colletto.
«Esatto», conferma questi, lasciandolo andare. «Da quando ti conosco non hai fatto altro che lasciarti manovrare dai tuoi impulsi. È roba da deboli-»
«Che bambino del cazzo», ridacchia Chuuya, lasciandosi cadere seduto sul letto. «E con quale faccia me lo staresti dicendo, dopo avermi appeso al letto?»
«La mia»
«Sì. Quella di un moccioso del cazzo, per l'appunto», replica il rosso, scoccandogli un'occhiata divertita dal materasso. «Pensi davvero di essere meglio di me?»
«Non c'è paragone-»
«Ah no? E allora spiegami perché. Spiegami cosa ti ha fatto scappare via dalla camera del boss».
Ghiacciato all'istante, stavolta è Dazai a restare di pietra. In piedi accanto al letto, Chuuya scorge i suoi occhi aprirsi lievemente nel vuoto e il suo corpo farsi improvvisamente rigido.
«Lo vedi? Sei un bambino del cazzo»
«Tu dici, uh?»
«Puoi giurarci», sospira il rosso, stendendosi appagato sul materasso. «Chiudi la porta quando te ne vai».
A quell'invito, Dazai scioglie una ad una le membra e si dirige all'uscita con passo calmo. Del tutto indisturbato, non sembra aver conservato una sola stilla di sorpresa o risentimento verso le allusioni di Chuuya. Riaccostando la porta alle sue spalle, reclina il mento sul petto e lascia affiorare persino un sorriso sul volto.
Sì, è davvero la prima volta che qualcuno riesce in un'impresa del genere, pensa tra sé. E che quel qualcuno sia proprio Nakahara Chuuya, lo trova tanto irritante da tornargli giusto.

È Rosso nelle Crepe che hai lasciato Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora