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Barcolla

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Barcolla. Alla tiepida luce del televisore che scivola dalle scale fino all'ingresso dell'appartamento, Chuuya cammina, incespica, si appoggia alla parete spoglia del corridoio, poi si raddrizza sulle gambe e riprende a barcollare in direzione dei gradini.
Sembra che abbia fatto a botte, una scazzottata all'ultimo sangue, sì- ma con ciascuna di quelle bottiglie di vino vuote che disseminano ora il pianterreno.
Dazai sbuffa una risata. Non ci prova neanche a camuffare un po' della sua soddisfazione: vedere Chuuya così ridotto ha un ché di ridicolo capace di mettergli subito il buon umore.
«Questo vino- era la vera truffa», sbrodola il rosso, recuperandone una bottiglia ancora piena e abbandonata su un gradino.
Nel chinarsi, però, scala e soffitto si scambiano di posto e Chuuya perde l'equilibrio, crollando accasciato sulla rampa con la testa inchiodata sotto al corrimano.
Dazai piega le labbra in una smorfia, trovandolo persino più sbronzo di quanto gli era parso. «Una bimba di dodici anni esclusa da un pigiama-party», sentenzia, avvicinandosi a lui con le mani infilate in tasca, «affronterebbe la delusione con molta più dignità»
«Uh?»
«Al massimo piagnucolerebbe un po' in camera sua, meditando vendetta coi suoi amici orsacchiotti. Passa qua», lo incalza, strappandogli la bottiglia di mano per dare un'occhiata all'etichetta. Château Latour, non della migliore annata ma comunque gradevole già alle narici. Dazai gli schianta addosso uno sguardo ambiguo, bagnandosene le labbra. «Sai, Chuuya- di tanto in tanto sei inutilmente pantomimico. Se volevi partecipare alla mia festa di compleanno, non dovevi fare altro che sederti e ordinare da bere»
«Pensi veramente che me ne importi qualcosa di te, della tua dannata festa o dei tuoi compagni di bevuta?!», gracchia il rosso, riappropriandosi della bottiglia con un gesto brusco.
«Da quel che vedo-»
«Quello che vedi- sono le disposizione del boss», lo interrompe, rialzandosi sulle gambe. «Fare immondizia della merce da contrabbando più scadente. Le casse vuote le lasceremo da qualche parte, come monito per chi vuole soffiarci il traffico di alcolici»
«E avevi intenzione di scolarti dodici casse di vino in una notte? Un po' poco convincente come scus-»
«Stammi a sentire», tuona Chuuya, drizzandosi fieramente sulla schiena. Lo afferra al bavero e con una strattone lo abbatte contro il muro opposto, facendo andare in frantumi il vetro della bottiglia. «Non ti conviene provocarmi, Dazai- stanotte non avrei abbastanza lucidità per fermarmi»
«Ah sì?».
Sopra le sue mani guantate, Dazai batte placidamente le palpebre, scivolando gli occhi sulla linea contratta delle sue labbra.
Provocante, la sua voce riecheggia nel sangue del rosso con una sensualità che lo irretisce subito. Spazio e sensi si mescolano, distorcendo l'ambiente, le scale si ammorbidiscono come pongo sotto la suola e le pareti attorno a loro si chiudono.
Fra le sue labbra tremola un respiro più corto, al sentore dei vigneti di Francia. Dazai lo raccoglie con la lingua, ne assapora il gusto e allunga gli occhi magnetici, felini, in quelli acquosi del partner.
Si sono già cimentati in quel gioco. L'ultima ed unica volta non si è conclusa bene per il povero Chuuya, che al solo ricordo si impone di reagire subito, prima che sia troppo tardi.
Gli serra pertanto le dita al bavero e lo scaglia via, lontano, facendolo ruzzolare giù dalle scale, fino a metà del corridoio. Dazai ne assaggia il lucido pavimento con la bocca, spaccandosi il labbro.
«Te lo ripeto Dazai», tuona Chuuya, torreggiando aggressivo sul suo corpo. «Non ti conviene provocarmi-».
Sangue. Una striscia cremisi gli tinge il dorso della mano e Dazai se ne inebria alla vista. Sogghigna, leccandoselo via.
Al colpo che segue, fulmineo, in pieno stomaco, Chuuya si accascia sulle ginocchia con gli occhi sgranati. Bastardo, fa in tempo a pensare, prima che Dazai lo rovesci a terra con una ginocchiata.
Chuuya spalanca la bocca, in cerca di aria. Ma prima ancora dell'ossigeno, è il rosso della collera a inebriargli il cervello. Un rosso pieno. Pulsante. Caotico. Rovescia le bottiglie vuote, fa sferrare pugni, calci, strattonare dai capelli e godere del rumore delle ossa che scricchiolano contro qualsiasi superficie solida.
Pochi secondi e l'appartamento di Chuuya si tramuta in un campo di battaglia contro l'acerrimo, il nemico per eccellenza.
I due vanno avanti a picchiarsi, a digrignare feroci come belve in quella lotta per il dominio che spruzza sangue e fa boccheggiare. Squarci nelle vesti, dita che graffiano la pelle, nocche che cercano ossa da incrinare o meglio ancora da spezzare.
Dazai è faccia a terra, ora. La guancia impressa nel marmo freddo del primo gradino, appiccicoso di sangue. Il capo gli si solleva, i denti digrignano di dolore sotto la presa delle dita di Chuuya, serrate ai suoi capelli con tanta forza da poterli strappare alla radice. «Adesso ti ammazzo», ansima appagato il rosso, affondandogli un piede fra le scapole.
Dazai tossisce, si trascina di lato e si accascia sulla schiena, abbandonandosi a una risata sommessa. Quasi che gli stia bene, che non gliene importi minimamente- o che si faccia beffe di lui e delle sue intenzioni. I suoi occhi lo infilzano dal basso. Cupi, neri, senza fondo. E continua a ridere, ride e il sangue gli scivola in rivoli ai lati della bocca.
Stremato, Chuuya lo solleva dal bavero, sovrastandolo con tutto il corpo per soffocargli quelle risate beffarde in gola.
Ma lui ride. Ride e non c'è già più gusto a infliggergli dolore.
Sbuffando la frustrazione, si accascia su di lui e gli spinge con forza i pugni nel collo. Muori, pensa. Muori, muori- crepa! E quanto più gli spinge le nocche nel collo, quanto più Dazai sembra goderne alienato.
«Crepa-»
«Sì».
Ansimano, l'uno sopra l'altro, ai piedi delle scale.
«Crepa, devi crepare»
«Mmm».
Il cuore gli sgomita in gola, sudano le mani doloranti, tirano e strattonano quel bavero sgualcito, accendendo il volto di Dazai di perversione. Chuuya potrebbe ucciderlo, se lo volesse.
Il volto del partner è arrossato, le labbra socchiuse non cercano affatto aria. Si muovono appena, morbide e irrorate di sangue.
Irresistibili. Un verso strozzato le fa aprire e sbocciare di più.
Ora che la vena che gli taglia a metà la fronte si è gonfiata sotto la pelle, Chuuya sente la sua vita pulsare tra le mani.
Lo guarda cingergli i polsi. Le gambe si piegano sotto le sue, gli occhi si affinano, rilucendo di una spiccata eccitazione.
È il punto di non ritorno.
Un ansimo. Le dita che si allentano- e Chuuya attira la bocca di Dazai contro la sua.
La morde. La apre. La divora e la gusta a fondo, febbrile.
Schiocchi umidi e lamenti bagnati colano giù dalle loro labbra, gocciolando sui gradini schizzati del loro sangue.
Dimenandosi e strattonandosi dai vestiti, riprendono a combattere. Una battaglia torrida, di ansimi e gemiti strozzati.
L'uno sopra l'altro, si strattonano e si baciano per un tempo che non ha misura. Le dita di uno strette ai capelli dell'altro, poi al collo, sui fianchi, lungo la schiena.
In cerca di respiro, Dazai sgrana gli occhi nel vuoto, li inchioda al soffitto. Annaspa, deglutisce e riprende aria. Il fuoco lo arde, gli consuma la pelle del collo sotto forma della bocca di Chuuya, che lo divora affamato.
È questo il motivo, pensa frastornato. E nel prenderne atto, allunga le dita verso il collo di una bottiglia abbandonata sul gradino.
Chuuya non fa in tempo a vedere altro, solo gli occhi di Dazai che si spalancano alienati. Subito dopo il freddo tagliente di una lama gli si conficca nel retro della coscia- e dalle sue labbra ancora gonfie di baci geme un latrato di dolore.

C'è uno specchio da terra dietro la porta di camera sua. Dal letto vi scorge un volto riflesso. È il suo, illuminato a intermittenza dalla luce del televisore. Storce il naso.
In tre anni di conoscenza, quella è la prima volta che sono arrivati a ridursi in quello stato. È consapevole di come ha conciato Dazai.
Ricorda anche il seguito infuocato sulle scale, ma anche la sua faccia sgorga sangue a profusione- dal naso, dal sopracciglio, dalla bocca. Eppure non gli ha conficcato un vetro di quindici centimetri nella gamba.
Ha anche un taglio sul mento. Esce sangue anche da lì. E il sopracciglio integro è sovrastato da un gonfiore che preannuncia un livido variopinto.
«Maledetto stronzo», sibila, scollando a forza gli occhi dallo specchio.
«Hai cominciato tu», borbotta Dazai al suo fianco. Come nulla fosse afferra un'altra bottiglia di vino dalla cassa accanto al letto e ne ingolla qualche sorso.
Il rosso non ribatte. Non ne ha più voglia. Né ha voglia di tradirsi, ora che il dolore a ogni singola botta, pugno, calcio e coltellata- a tradimento- si sta acuendo all'inverosimile.
In silenzio, attento a non farsi scappare il minimo verso, si stringe le bende- quelle che gli ha regalato per il suo fottuto compleanno- attorno alla coscia trafitta.
Al suo fianco il vino sciaborda nella bottiglia e Dazai inghiotte quello rimasto in bocca.
Lo guarda e quel suo «male?», sembra sottintendere più un "te la sei cercata".
«Tsé»
«Vuoi?»
«Nah, passo», risponde, sdraiandosi. Poco dopo, sente il materasso muoversi sotto il corpo di Dazai, che si sporge oltre il letto, abbandona la bottiglia sul pavimento e torna a sdraiarsi accanto a lui.
Il televisore si spegne.
Silenzio, finalmente.
Speriamo di non morire "accidentalmente" nel sonno, pensa il rosso.
Poco dopo, si addormentano di sasso entrambi.

È Rosso nelle Crepe che hai lasciato Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora