Un puntino nero in mezzo alla luce

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Il fiato affannoso e caldo, il sudore che colava lungo il collo delineando perfettamente la mascella dura e affilata, le mani grandi appoggiate al pavimento in cui si intravedevano le nocche dure, i muscoli tesi fino allo spasimo, la maglietta aderente lasciava ben poco spazio all'immaginazione e i pantaloncini che facevano vedere anch'essi i muscoli scolpiti delle gambe del biondo.

Izuku lo guardava da dietro alla porta e rimase imbambolato qualche secondo Ma quello è... Katsuki Bakugo?! Quel Bakugo?!?!

Cavolacci, Jake aveva ragione quando ha detto che lo avrei visto bene.

Ok, Izuku, calmati. Non andare nei matti, è solo un portiere, certo, il migliore al mondo e secondo nella storia, tu sei gay e lui ha un corpo da far paura, ma è pur sempre solo un portiere.

Il verdino fece un respiro profondo poi entrò in palestra, cercando in tutti i modi di non sclerare o guardare il biondo come un coglione.
Andò verso i tapis rulant e lo impostò per iniziare ai 5 km/h, aumentando sempre di più fino ai 30, sapeva che poteva superare i 40, ma pensò che gli scatti gli avrebbe fatti dopo.

Adorava correre, era un modo per sfogarsi, tra le tante cose.
Adorava sentire i muscoli delle gambe bruciare per la fatica, spingersi oltre il limite sopportabile, andare oltre.

Poco più in là il biondo non si era certo perso l'entrata di Izuku in palestra, aveva notato le sue occhiate sfuggenti, i suoi sguardi veloci. Sapeva bene chi era: Izuku Midorya, il giocatore più basso ma anche il più veloce.
Era l'unico giocatore da cui voleva subire un tiro, voleva vedere i calci che tutti definivano leggenda, vedere gli occhi del verde saettare da una parte all'altra della porta per decidere dove mettere la palla, magari poi facendo una finta e tirando dalla parte opposta.

Un ghigno si formò sul suo viso quando il verde lo fissò di nuovo, questa volta ricambiò lo sguardo fissando i rubini nei suoi smeraldi, rimanendone ammaliato, erano profondi, limpidi, puri.
Dentro quegli occhi vide ogni cosa: il mare, le foreste, i tramonti e il cielo stellato. Ma vi vide anche una parte oscura, una parte nascosta alla quale non seppe dare spiegazione, come un puntino nero in mezzo ad un oceano di luce, piccolo, quasi inesistente di fronte a tutto quel bene, ma insistente, troppo visibile, disturbante.
Vide gli occhi di chi ha sofferto ma che si è rialzato.

Lo vide distogliere lo sguardo velocemente mentre un rossore si impadronò prepotente delle sue guance.

Bakugo ridacchiò, era buffissimo.
Poi riprese a fare le sue flessioni tranquillamente e con un leggero sorrisetto stampato sulle labbra.
Veniva in quella palestra da anni, così come alcuni suoi compagni di squadra, ma lui non lo aveva mai visto.

Izuku finì di correre e si dirise dall'altra parte della palestra per prendere i pesi, non di quelli tanto pesanti, solo per potenziare un pochino le braccia e tenerle in allenamento.

Non vedendoli chiese a Jake, che gli disse che erano sopra un mobile, avevano progettato bene la palestra, ma non gli era rimasto molto spazio per i pesi leggeri, quindi li avevamo messi lì, tanto non li usava praticamente nessuno.

Appena arrivò davanti al mobile Izuku si sentì morire dentro
È... alto... la mia vita è una merda, perché sono dovuto nascere basso?
Le braccia gli caddero sui fianchi e un'espressione sconfitta si impadronì del suo volto. Poi si riprese.
Forza, Izuku, hai attraversato situazioni ben peggiori. Si guardò intorno con un moto di sicurezza in più, che svanì non appena vide l'unico sgabello della sala. Occupato. C'era seduto un ragazzo che sembrava sfinito, beveva e ansimava e il verdino non se la sentì di andare da lui e togliergli il posto a sedere.

Ma quanto si può essere soli in campo?Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora