Werrsot
Era l'alba, quando Werrsot si svegliò.
Ciò che lo aveva destato era stata una voce femminile, che cantava una canzone in una lingua a Werrsot ignota, ma dolce, e piena di speranza.
Era Minh, che cantava stringendo a sé l'elfa, per poi adagiarsi entrambe sul sacco a pelo, forse addormentate.
Quell'immagine, così come quella canzone, a Werrsot sembrò surreale, e inizialmente la attribuì a un sogno.
Alzandosi vide accanto a lui la figura distesa e dormente del piccolo Bentho.
Per non svegliarlo scese lentamente dal carro, e una volta fuori, seppur appoggiato alle ruote del loro mezzo di trasporto, si sgranchì le braccia e la schiena per poi essere colto da un dolore improvviso, come un sasso scagliatogli contro la fronte, tale da lasciarlo senza respiro e crollare per terra.
Da quando quello strano personaggio vestito da monaco era passato di lì per poi sparire, aveva gettato tutti loro nella perplessità, conducendo al mutismo Markann, che dopo aver annunciato che quel monaco della pece era suo fratello, non aveva più parlato, limitandosi a togliere i restanti aghi seguendo le indicazioni di quello strano individuo.
Anche se l'effetto del veleno degli aghi era svanito grazie agli unguenti, l'intorpidimento ci aveva messo un po' per passare, un intero pomeriggio e buona parte della notte in cui Werrsot aveva per lo più dormito.
Werrsot non aveva memoria dei giorni passati vittima del veleno degli aghi, ricordava tutto come fosse un sogno, una nube ovattata così come ovattati erano i suoi movimenti con gli aghi infilzati nella carne ( però ricordava Markann e i suoi tentativi di farlo stare fermo, impedendogli qualsiasi movimento ).
Ricordava Bentho che piangeva e il volto di Minh contratto dalla preoccupazione mentre gli spalmava quell' unguento, quando Markann riusciva a togliergli gli aghi.
E poi ricordava Markann che con poca pazienza e un dolore che cercava di non far trasparire dal volto, era riuscito a togliergli gli ultimi aghi, senza procurargli ulteriori danni.
E poi il sonno che lo aveva invaso quando l'ultimo ago, quello sulla nuca, gli era stato tolto, un sonno agitato da cui ora si risvegliava, come in uno stordimento da oppio giallo.
Il bambino, spero di non averlo svegliato...
- Dannazione! Cosa ti avevo detto, sull'evitare di camminare?-
Werrsot udi la voce di Markann che si avvicinava, girò gli occhi verso l'alto, e lo vide mentre cercava di sollevarlo da terra.
- Mi sono risvegliato, pensavo...-
Il medico lo mise seduto, controllandogli le pulsazione e le pupille.
- Ti avevo detto assoluto riposo, anche una volta svegliato, e degli esercizi, DA SEDUTO, per le braccia e le gambe, mica ho detto che puoi sgambettare come se non avessi in circolo un potente veleno paralizzante? Ti ci vorrà un bel po' per smaltirlo, nel frattempo gli arti devono riprendere le loro funzionalità, e sforzarli è doloroso...diamine, perché nessuno mi ascolta, qui? Almeno sei lucido, non vedo segni di avvelenamento mentale.-
Werrsot si ricordava vagamente come, il giorno prima, una volta tolto l'ultimo ago ( e mentre tentava di toglierli seguendo le indicazioni del fratello ), prima di crollare addormentato, il medico si era prodigato, seppur velocemente con impazienza, a elencarli degli esercizi per le gambe e le braccia, per velocizzare il loro recupero.
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La persistenza dell'eternità.
FantasyIn una terra dove i cieli d'estate sono viola, e blu scuro d'inverno senza la luce rossastra del sole, e i vampiri sono in guerra con gli esseri umani e gli elfi quasi scomparsi, Ivark, il protagonista, è un vampiro da troppi anni, anzi, secoli. Eg...