Ma tu che vai ma tu che rimani fra i secoli e il morire delle albe-Seconda parte

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- Ithil-

Werrsot, sorpreso e felice urlò di rimando il nome dell'elfa, e mollando le briglie dei cavalli si precipitò correndo verso di lei, mentre i tre equini presero a gironzolare per il giardino, mangiare l'erba e calpestare i fiori, con grande orrore di Markann, tale da farlo corriere verso i tre cavalli, nel tentativo di afferrarli per le briglie e  impedire ai loro zoccoli di calpestare il suo giardino curato e asettico, giardino frutto di anni e anni di studi e ricerca delle piante e semi giusti, per non parlare della loro composizione e punti precisi di collocazione, uno studio quasi maniacale ed ossessivo, per non parlare del fatto molte piante erano avvelenare fra l'altro, e non poteva permettersi altri cavalli da richiedere con la stessa urgenza, in caso di perimento di quei tre.

Nessuno fece caso a quella scena che in un altra situazione, sarebbe parsa divertente anche perché i cavalli, seppur in uno spazio così ristretto, non avevano intenzione di fermarsi ne tanto meno farsi acciuffare da uno sconosciuto concitato e urlante, che afferrava con malagrazia e forza le loro briglie, per poi, fra imprecazioni varie, ricondurli nel punto dove aveva lasciato il garzone.

Il suddetto, dopo aver riconosciuto Ithil o meglio, prima di farlo dalla fisionomia l'aveva riconosciuta dal modo in cui aveva pronunciato il suo nome ( e sì era lei, senza dubbio, anche dopo trecento anni l'avrebbe riconosciuta ovunque) dopo aver lasciato le briglie dei cavalli si era precipitato verso la donna, stringendola in un abbraccio colmo di risate e lacrime ( era Ithil che piangeva, ma di gioia ).

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- Vi conoscete?-

Mormorò timidamente, ma a voce abbastanza alta da farsi sentire, Minh, che non osava avvicinarsi, non voleva rovinare il momento benché non avesse ancora capito esattamente cosa fosse successo, e sopratutto si sentiva intimidita e un po' spaventata da tutta quella situazione, ma tutto in generale era diventato strano e confuso da quando erano comparsi il vampiro che le stava di fianco, ancora debole e poco lucido, e l'elfa ( anzi da quest'ultima si sentiva anche un po' spaventata ).

Minh, le maniche di lino chiaro tirate sui gomiti a mostrare le braccia pallide e lentigginose, le mani arrossate e screpolate dal lavoro, teneva in braccia il bambino e in volto le si leggeva un espressione delusa, in realtà presa da tutt'altri pensieri per mostrare reale sorpresa per la scena che le si stava palesando di fronte.

La donna getto' un occhiata ai cavalli, pensierosa.

Lei sapeva perché Markann aveva richiesto quei tre cavalli due giorni prima, ricordava con perfezione il momento in cui Markann, inquieto, si era seduto per scrivere una lettera, e ricordava di come l'uomo le paresse, stranamente, incerto quasi, si fermava ogni due frasi a rileggere, borbottare, giocherellare con la piuma d'oca, e poi riprendere la scrittura.

Le aveva solo chiesto, una volta terminato di scrivere, di portare la lettera al mercante di alcolici in fondo alla via, quella sera andava nel villaggio vicino e passava davanti alla fattoria quindi gliel'avrebbe consegnata lui, ovviamente il mercante era uno dei tanti che gli doveva dei favori e quindi gli si poteva chiedere di tutto eseguendolo con perizia, visto che quattro monete di argento non erano state necessarie a saldare il costo dell'inguento per le piaghe alla pancia del suo cavallo.

Andando verso la casa del mercante Minh non aveva resistito alla curiosità e l'aveva letto, scoprendo come l'uomo avesse richiesto tre cavalli dal fattore Orshen, se lo ricordava bene, o meglio si ricordava del figlio e delle sue orribilli escrescenza rosse che gli deturpavano viso, collo e braccia.

Se Markann quella volta era così inquieto, il motivo poteva essere solo uno:

Bentho aveva fatto uno dei suoi sogni che definiva premonitori - effettivamente quel giorno aveva notato come il ragazzino fosse senza forze, quasi triste, silenzioso -  e forse la richiesta per quei tre cavalli era frutto di uno di quei sogni, strano che Markann avesse deciso di dargli retta, di solito gli ignorava.

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