A Misserto le donne non cantano, a mezzanotte ( seconda parte )

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"E in una notte senza luna
Truccò le stelle ad un pilota
Quando l'aeroplano cadde
Lui disse "È colpa di chi muore...
Comunque è meglio che io vada"
Ed il pilota lo seguì
Senza le stelle lo seguì"


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Ivark non prendeva più le medicine da tre giorni, da quando era successo il fattaccio con Werrsot.

Quando Minh lo aveva scorto, accasciato a quell'albero di pino rosso, era successo di tutto, Markann che aveva urlato ordini a tutto loro, mandando le donne a raccogliere bacche e erbe, tenendo con sé Bentho perché gli reggesse gli strumenti, e lui, Ivark, a occuparsi dell'acqua, dei cavalli e di tenere acceso il fuoco, oltre a preparare il cibo dato che Minh e Ithil si occupavano di raccogliere gli ingredienti per l'intruglio necessario a salvare il mezz'elfo, e prepararlo.

In quei tre giorni non aveva avuto un momento di respiro, aveva mangiato a malapena, dormito ancora meno, e sopratutto, non aveva avuto il tempo di occuparsi delle medicine.

Se n'era accorto la sera in cui Markann aveva estratto l'ultimo ago a Werrsot e questo si era addormentato.

Quella sera erano tutti troppo stanchi e stravolti anche per parlare, Markann era cupo per aver rincontrato fratello, Minh e Ithil silenziose ma felici per Werrsot, e Bentho, beh lui era silenzioso e scostante di suo, e quella notte era rimasto accanto a Werrsot tutto il tempo.

Se n'era accorto quando tutti avevano finito di mangiare e si preparavano a dormire, aveva concluso anche lui il suo pasto, e dopo essersi sdraiato nel suo sacco a pelo, gli erano venute in mente le medicine.

E il fatto che non le prendeva da giorni.

Ma non si era preoccupato, quei giorni erano stati fin troppo pieni, per occuparsi di sé stesso, avrebbe ricominciato a prenderle il giorno seguente, tanto si sentiva bene e lucido, tre giorni non era un tempo relativamente lungo, non era così grave...

Eppure...in questi giorni sono stato invaso dagli incubi...

Ho fatto lo stesso sogno, per due notti dopo l'accaduto di Werrsot, la prima notte ho sognato una donna dai capelli neri e occhi anch'essi di pomice d'ombra, e prima di vederla ho sognato le sue urla, e poi la sua schiena nuda, piena di segni sanguinanti di frusta.

La seconda notte, l'ho rivista mentre un gruppo di uomini incappucciati la trascinavano, nuda, mentre arrancava con un coltello a squarciarle il fianco sinistro, fuori da un castello a ridosso di una scogliera, e poi ho visto due di loro legarla stretta a essa...

Ma in questo secondo sogno aveva il lato sinistro del volto ridotto a una maschera di sangue, sfregiato da una cicatrice che le partiva dall'occhio fino al mento, e l'unico occhio sano, il destro, che si muoveva all'impazzata per il dolore...e le urla mentre il giorno si succedeva alla notte, che divenivano più flebili e infine, all'alba del terzo giorno l'avevano slegata, moribonda ma viva, per riportarla nel castello...

E quello sfregio al volto...era uguale all'aspetto dei monaci della pece, gli stessi occhi ciechi, seppur coperti da bende, la stessa cicatrice ( chissà se avevano anche loro la stessa ferita al fianco?), tutti infagottati in quel saio nero come la notte - come gli occhi e i capelli della ragazza misteriosa - tutti con il volto e gli arti smunti e magri, somiglianti l'uno all'altro in modo inquietante, impossibile capirne perfino il sesso e l'etnia...

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