9 - Esistono i problemi cardiaci nell'aldilà?

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«Ci sono stati problemi mentre venivi qui?» chieso al giovane demone davanti a me. Lo osservai per un momento e notai un tatuaggio sul braccio. Non mi credo di averglielo visto alla riunione.
Lui scosse la testa e guardò verso la locanda.
«E tu? Perché sei in questo posto?» chiese mentre riportava lo sguardo su di me.
«Devo dirti un po' di cose...» dissi cercando di sembrare sicura di me guardandolo negli occhi.
«Ho incontrato due ragazzi ad Armoth. Due anime appena morte, inconsce di esserlo».
Strabuzzò gli occhi e mi guardò con confusione.
«In che senso non sapevano di essere morti?».
«Non c'era nessun guardiano ad attenderli quando sono arrivati. Ho dovuto spiegare loro la situazione, ho cercato di aiutarli e nel farlo degli spiriti maligni e un demone ci hanno attaccati» mentre parlavo abbassai istintivamente lo sguardo e strinsi la mano a pugno, all'altezza dello stomaco. Odio questa sensazione d'impotenza.
«Che cos'è successo?» chiese con una nota di preoccupazione nella voce.
«Il demone ha avvelenato uno dei due ragazzi. Lui morirà. Di nuovo» sussurrai e tenni lo sguardo basso.
«Cosa?» bisbigliò in confusione. Doveva sembrargli impossibile morire nell'aldilà.
«Gli rimangono tre giorni, se è fortunato quattro» aggiunsi e sospirai.
«Ti rendi conto che quello che stai dicendo non ha alcun senso?» chiese con voce incredula e un po' insicura.
«Sì. Mi rendo conto che non ha senso l'avvelenamento in sé, ma è collegato a Senza Volto» dissi dopo aver alzato lo sguardo e puntato nel suo.
«Come fai a dirlo?» inarcò un sopracciglio, non fidandosi delle mie parole.
«Un'uomo avvelenato me l'ha detto. Era in preda a deliri ossessivi per via del veleno, ma credo che stesse dicendo la verità» confessai e lui mi guardò con riluttanza.
«Che cos'ha detto di preciso? Ti ricordi?».
«Ha detto che la "rivoluzione di Senza Volto" era cominciata, e di stare attenta perché c'è qualcuno che mi osserva».
«Non credevo che la situazione fosse così merdosa» bisbigliò Ultio, dando voce ai suoi pensieri.
«Già» sussurrai a mia volta.
«Il veleno. – puntò lo sguardo nei miei occhi – Esiste un antidoto?» chiese e scossi la testa.
«Il veleno si chiama Corruptor Animae. Fa impazzire la mente fino all'autodistruzione».
Si passò una mano nei capelli corvini e sospirò.
«Presumo che un angelo come te non voglia lasciarli da soli» e scossi la testa.
Era ovvio che non li avrei lasciati da soli.
«Sono consapevole che la missione abbia una certa importanza, soprattutto ora alla luce di queste nuove informazioni, ma è principalmente colpa mia se è successo quel che è successo» dissi ignorando il nodo alla gola che prendeva forma man mano le parole si formavano ed uscivano dalle mie labbra.
Lui inarcò un sopracciglio: «Hai avvelenato tu il ragazzo?».
«Eh? No».
«Allora non è colpa tua. Non auto commiserarti come una idiota buona samaritana».
Lo guardai spiazzata e non risposi. Per qualche secondo regnò il silenzio tra noi due. Lui che osservava me e io che cercavo di decifrare la sensazione che provavo nel petto.
Che cos'è?
«Facciamo così. Me li presenti e stiamo qui finché il ragazzo non tira le cuoia. L'altro lo lasciamo qui e poi partiamo» disse e io abbassai lo sguardo.
«Hektor ha detto che non vuole che io lo abbandoni» dissi in un sussurro, sapendo che non era un suo problema.
«Che cazzo significa?».
«Probabilmente si opporrà».
«Sai cosa me ne frega di cosa pensa lui?» mi guardò con irritazione e si incamminò all'interno della locanda. Mi affrettai a seguirlo e notai le sue spalle irrigidirsi.
«Portami dallo zombie» disse mentre passava davanti alla proprietaria della locanda. Le sorrisi per farle capire che era tutto a posto.
«Zombie?» chiesi mentre si fermava e si voltava verso di me, aspettando che gli mostrassi la strada. Che diamine sarebbe uno zombie?
«Beh è già morto e sta morendo di nuovo, no? È uno zombie».
Lo guardai dubbiosa ma mi incamminai verso la stanza in cui si trovavano i gemelli.
«Loro non sanno chi sono realmente e della missione. Fai di conseguenza» lo avvertii e lui alzò gli occhi al cielo.
«Era ovvio».

 «Era ovvio»

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