«Sei tornato!» esclamò la donna paffuta quando Ultio aprì la porta dell'abitazione. La tavola apparecchiata, con piatti fumanti e calici di vetro riempiti di vino ad adornarla.
«Allora, come ti è sembrata Nix?» chiese l'uomo seduto a capotavola.
«Normale» rispose mentre si sedette a tavola, il più lontano possibile da Karsan.
«Evelyn, è pronta la cena!» strillò Aza, con lo sguardo diretto sulle scale. Dopo qualche momento scese una ragazza dai capelli biondi, quasi bianchi, che non le sfioravano nemmeno le spalle. Ultio venne ammaliato dai suoi occhi neri, neri come la pece. Gli ricordavano quelli di un cerbiatto, grandi ed innocenti.
«Cara, questo è Ultio. Il nomade di cui ti ho parlato prima, rammenti?» e la giovane annuì con un sorriso timido sulle labbra.
«Non sono un nomade» sussurrò a denti stretti Ultio, ma preferì non riaprire quell'argomento.
«Come ti è sembrata Nix? Spero ti sia piaciuta» chiese Evelyn mentre prendeva posto a sedere al tavolo.
«Bella» rispose distogliendo lo sguardo dalla giovane, per concentrarsi sul cibo. Era strano per lui avvertire la fame. Nell'aldilà, non si avvertiva il bisogno di mangiare ma nel Limbo tutto era diverso. Era l'unico posto in cui la sensazione di questo bisogno era ancora presente, indipendentemente da chi tu fossi, un demone, un'anima normale o un angelo. Non appena si varcava il confine, si tornava a provare ciò che provavano i vivi: fame, sete, stanchezza e sonno.
«Devi essere molto affamato. – disse con un sorriso divertito la ragazza – Da quanto non mangi?».
«Circa un giorno» mentì. In realtà non aveva mai mangiato, se non qualche dolce che gli spediva la madre dal mondo dei vivi prima di scomparire. Li mangiava solo perché erano dei regali, non perché ne sentisse il bisogno.
«Allora mangia a sazietà, ne hai bisogno!» esclamò la donna a gran voce, passando metà pagnotta al giovane demone.
«Grazie».
«Ti va di parlarci dei tuoi viaggi?» parlò l'uomo dopo minuti di silenzio.
«Oh cielo sì! Invidio tantissimo voi nomadi. Siete così coraggiosi a viaggiare alla cieca!» esclamò Evelyn. Nei suoi occhi s'intravedeva la sua ingenuità. Ultio continuava a pensare che, per qualsiasi demone di basso rango, sarebbe stata la preda perfetta.
«Perché ci invidi?» chiese cercando di evitare la domanda di Karsan.
«Oltre al coraggio non avete paura dell'ignoto! E non temete di dormire scomodi o mangiare male, io non ce la farei mai. – il suo sguardo si perse nel vuoto e sussurrò – Ne sono quasi invidiosa».
«Potresti sempre cominciare ad esplorare, è più facile di quel che sembra».
«Non lo so...» bisbigliò e il Ultio la guardò perplesso.
«È molto pericoloso viaggiare da soli» s'intromise nuovamente Karsan.
Per Ultio era incomprensibile come un'anima del Limbo, un'anima libera, avesse paura di viaggiare. Certo, sentivi il bisogno di dormire e mangiare, ma non ne morivi. Nessuno poteva farti del male. E allora cosa la tratteneva in quel luogo?
Il demone osservò le persone sedute a tavola e si accorse che l'uomo lo fissava intensamente.
Quel Karsan continuava a non piacergli e ad emanare vibrazioni ambigue. Non gli era mai capitato di provare così tanto fastidio – e forse anche un po' di inquietudine – per un'altra persona.
Guardò altrove, si sistemò la sciarpa attorno al collo e si accorse che l'arredamento era completamente cambiato. Il camino e l'orologio a pendolo erano scomparsi. Al posto del parquet vi erano delle mattonelle.
«Ma l'orologio a pendolo?» chiese fissando il punto in cui c'era l'oggetto prima che uscisse dalla casa.
«Quale orologio? – chiese la donna confusa – Non c'è mai stato un orologio in questa casa».
«Forse l'ho immaginato, dev'essere la stanchezza» e guardò l'uomo di sottecchi con sospetto. In quel momento capì che la situazione in cui si era cacciato era pericolosa. Karsan non era un'anima, ma bensì un titano. Solo loro hanno questo genere di poteri.
Ultio si alzò in piedi, facendo scattare l'uomo. Le donne li guardarono confuse.
«Che succede?» chiese Aza.
«Sono stanco, vado a dormire» disse sbrigativo Ultio, cercando di andarsene in fretta.
Un titano era solo una rogna. I titani, teoricamente, erano le creature più vicine a Dio per forza e gerarchia, ma negli ultimi mille anni erano solo diventati dei meri guardiani dei loro pianeti, confinati a sorvegliare mondi in cui la vita ancora non era comparsa.
Quindi perché mai un titano dovrebbe allontanarsi dal suo pianeta? Non ne conosceva il motivo, ma sapeva che non era un buon presagio.
Aveva già ideato il "piano perfetto" per trovare la gloria: sarebbe scappato durante la notte e sarebbe andato ad avvisare Lucifero. Un titano nel Limbo? La notizia si sarebbe diffusa a macchia d'olio, tutti i regni dell'oltretomba sarebbero scoppiati nel caos. Se riusciva ad avvisare l'Inferno, sarebbe stata la prima volta dopo millenni ad avere un vantaggio su Dio.
«Siediti, non hai finito di mangiare» disse Karsan con voce autoritaria, mentre si risiedeva al suo posto.
«Sono apposto così» e l'uomo sbatté il pugno sul tavolo.
«Siediti. Subito» sussurrò l'uomo a denti stretti. Le donne si guardarono confuse per lo strano atteggiamento del marito di Aza nei confronti del giovane.
«No».
Il titano e il demone si fissarono intensamente negli occhi, senza battere ciglio o fiatare. Ultio sentì il serpente scivolare giù dal braccio fino a staccarsi completamente. E con la coda dell'occhio lo osservava strisciare sul pavimento e scomparire sotto il tavolo. Non aveva la più pallida idea di cosa stesse facendo o perché.
«Mi incuriosisci molto. Parlaci di te» disse il titano fissando intensamente Ultio. Quest'ultimo lo guardò e si rese conto anche lui si era accorto del serpente.
«Caro, se è stanco lascialo andare a riposare» s'intromise Aza, cercando di smorzare la tensione.
«Stai zitta» rispose brusco, lanciandole un'occhiataccia che la lasciò interdetta. Era la prima volta che si rivolgeva in mal modo a lei. Evelyn prese la mano della donna e con voce solenne si rivolse a Karsan: «Come ti permetti a parlarne in questo modo? Chiedile perdono!».
«Dovresti tenere anche tu la bocca chiusa. Non hai la minima idea di con chi tu stia parlando» rispose con un ghigno.
«Non ho paura di te».
«Dovresti» intervenne Ultio, infilando la mano in tasca, cercando il pugnale regalatogli da Lucifero.
«Basta così» esclamò una voce. Tutti girarono il capo nella direzione dello sconosciuto e Aza urlò spaventata. Cadé a terra e guardò l'uomo pietrificata. Non si capacitava di come non si fosse accorta prima dell'uomo accanto a lei. Come c'era riuscito?
«Saturno, cosa ci fai qui?» chiese l'uomo facendo il giro della tavola e sedendosi alla destra del titano, che si trovava a capotavola.
«Lo sapevo...» sussurrò l'uomo, guardando compiaciuto Satana, l'incarnazione della tentazione.
«Non mi piace ripetermi» tuonò la voce del demone e Saturno lo guardò di sottecchi.
«Mi annoiavo a fare da guardia al nulla» e accavallò le gambe, come se fosse perfettamente a suo agio nel ritrovarsi con un essere così potente e persuasivo che il mondo avesse mai visto.
«Quindi hai deciso di prenderti una vacanza e fare il lavaggio del cervello all'intera città?» chiese l'uomo spostando alcune ciocche more fastidiose.
«Esatto. Ora capisco perché Belfagor preferisce perdere il suo tempo in cose inutili» rispose ridacchiando.
«Cosa...» sussurrò Aza confusa.
«Karsan... cosa sta succedendo?».
«Chi sei?» chiese la giovane, rimasta in silenzio fino ad ora, rivolgendosi all'uomo sbucato dal nulla.
«Sono Satana» rispose l'uomo voltandosi verso Evelyn, che lo osservava con curiosità. Era la prima volta che incontrava qualcosa che non fosse un'anima – o almeno era questa la sua impressione, perché non aveva modo di sapere cosa fosse di preciso –.
Aza, a quel punto, svenne.
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La Dimora dei Morti
FantasiaL'oltretomba è diversa da come viene rappresentata nel mondo dei vivi. Dio governa e comanda in ogni dove, ma solo nel Limbo la sua autorità non ha alcun effetto. Un luogo che non ha né inizio né fine, è infinito e vi albergano delle anime buone, ma...