2 - La riunione

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6574 giorni dopo

Mi sedetti alla finestra e mi strinsi le braccia intorno alla vita, come a volermi consolare da sola. I miei occhi erano intenti a osservare le nuvole al di sotto che danzavano lentamente e gentilmente, senza urtare le altre. Mi sentii rassicurata solo guardandole e ogni pensiero che viaggiava velocemente e in modo brusco nella mia mente rallentò, dandomi il tempo di respirare.
«Mirta?» mi chiamò una voce alle mie spalle. Sospirai e girai la nuca.
«Dobbiamo andare cara» mi avvertii Marie.
«Va bene, grazie per avermi chiamata» risposi e mi rimisi in piedi, cercando di riprendere il controllo totale della mia mente. Negli ultimi giorni ero molto distratta – o come si dice "la testa fra le nuvole", anche se, ironia della sorte, mi trovo al di sopra di esse – e facevo fatica a concentrarmi su quello che mi succedeva intorno, cosa assai strana per me.
«Tutto bene?» mi chiese Marie, avvicinandosi a me. Io annuii e la sorpassai, prendendo gli stivali e ci infilai i piedi.
«A me non sembra affatto. Vuoi parlarne?» insistette e io sospirai stanca.
«Sono solo un po' distratta» risposi cercando di terminare il discorso. Odiavo quando mi tartassava di domande, insistendo talmente tanto da mandarmi in esasperazione. Ma questa volta ero più irritata delle altre volte, perché questa volta non erano semplici pensieri a tormentarmi, ma altro. Erano sentimenti.
«Sicura? Forse sei solo in pensiero per la riunione di oggi» chiese e scossi la testa. Presi la lancia e mi voltai verso di lei: «Marie, ora dobbiamo andare. Non possiamo far attendere ulteriormente la Creatrice».
«Oh cielo, hai ragione!» disse Marie e mi raggiunse con una piccola corsetta alla porta della stanza. Era una stanza spoglia e tutta bianca, non ho mai saputo come decorarla, ma avere tutt'intorno questo colore non mi dispiaceva.

 Era una stanza spoglia e tutta bianca, non ho mai saputo come decorarla, ma avere tutt'intorno questo colore non mi dispiaceva

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«Sei pronta?».
«Sì, mia Signora» e m'inchinai. La donna sorrise e mi fece cenno di alzarmi.
La Creatrice si avvicinò alla porta del Purgatorio, che era contornata da una moltitudine di piccoli quadri che raffiguravano il cielo notturno in diverse angolazioni. Estrasse dalla tasca un mazzo pieno di chiavi. Trovò subito la chiave, di color celeste, e la infilò nella serratura.
«Ricorda – disse volgendo lo sguardo su di me – non prendere per veritiero tutto ciò che diranno. Tendono a ingigantire ciò che dicono e raccontare menzogne» e io annuii, cercando di tenere ben a mente le parole della Creatrice.
«Tranquilla, non sei sola» mi strinse la mano Marie, cercando di rassicurarmi. Come se fossero loro il mio problema...
Girò la chiave e un fascio di luce bianca mi costrinse a chiudere gli occhi.
Quando li riaprii, ci ritrovammo in un'ampia sala con un tavolo d'ebano, lungo e imponente, situato al centro della stanza, circondato da sedie in legno, i muri decorati con schizzi simili a quelli di Caravaggio.
«Accomodatevi pure».
Mi voltai verso la voce e notai solo in quel momento la presenza di altre otto persone, sedute dalla parte opposta rispetto a dove ci trovavamo noi.
Divisi in due fazioni.
Paradiso e Inferno.
La Creatrice si sedette, io la imitai. Marie sospira, guardando torva gli uomini davanti a noi, e si abbandona all'idea di dover passare del tempo con quei demoni.
«Era ora!» esclamò una voce.
«Non pensate che potete fare tutto questo ritardo solo perché comandate!» brontolò un'altra voce.
«Non abbiamo tempo da sprecare noi» aggiunse una terza voce.
Le due donne rimasero indifferenti alle lamentele degli uomini dall'altra parte del tavolo.
«Oggi prendi sembianze di donna? Un mese fa eri un vecchio dalle ossa fragili» sghignazzò una quarta voce.
«Dov'è il tuo cagnolino?» chiese un'altra voce e sapevo perfettamente a chi alludeva, dopotutto era uno dei motivi per cui la Signora aveva organizzato velocemente una riunione con tutti e sette i principi dell'Inferno.
«Smettetela di fare i capricci come dei bambini, dobbiamo parlare di cose serie» disse Dio a gran voce, richiamando l'attenzione di tutte le persone nella stanza.
«Parla, perché tutta questa fretta?» chiese un uomo magrolino, aveva uno sguardo profondo e agghiacciante e i capelli, lunghi e ricci, gli ricadevano sul collo dove vi era tatuato un serpente.
«Lui è Lucifero, il suo peccato capitale è la superbia» mi sussurrò all'orecchio Marie. Non ho mai visto nessuno dei principi dell'Inferno prima d'ora, quindi precedentemente mi aveva rassicurato che mi avrebbe spiegato tutto lei.
«Come già sapete accadono cose strane ultimamente – rispose la Signora, sostenendo lo sguardo dell'uomo davanti a lei – e come avrete notato qui con me non c'è l'arcangelo Gabriele. Questo perché è scomparso».
Ricordo che quando perdemmo ogni contatto con lui, la Signora aveva ordinato di non farne parola con nessuno e di non divulgare la notizia. Ma dopo due mesi gli altri arcangeli la convinsero che era arrivata l'ora di rivolgersi al Consiglio dell'Unione dei Cieli - Consiglio nato in seguito alla caduta di Lucifero dal Paradiso e alla guerra che ne seguì, con lo scopo di aiutarsi a vicenda nella gestione delle anime, ma soprattutto per fare rapporto a Dio - e lei accettò, anche se ancora un po' restia a parlarne con loro.
Un brusio si alzò dopo questa rivelazione, reazione che si aspettava.
«Com'è successo?» chiese un altro uomo pelato. Aveva la testa piena di tatuaggi, ma uno di questi si intravedeva perfettamente anche da quella distanza: erano tre sei messi vicini. Inoltre nella mano teneva una coscia di pollo e davanti a sé vi era un vero e proprio banchetto. Aveva la classica pancia da birretta, ma delle braccia muscolose.
«Lui, invece, è Belzebù e il suo peccato capitale è la gola» mi informò Marie e io lo osservai stranita, dopotutto erano solamente le otto del mattino, aveva seriamente tutta questa fame?
«Tempo fa lo mandai nel Limbo, per controllare che cosa stava accadendo alle anime residenti. All'inizio ricevevo sue notizie, ma dopo una settimana smise e non riuscii a rintracciarlo» spiegò brevemente Dio e una stretta al petto mi costrinse a grattarmi nervosamente il collo. Per me l'arcangelo Gabriele era importante; è stato lui a insegnarmi a combattere, è la persona che mi era stata più vicino da quando ero arrivata in Paradiso.
«Si sarà rotto i coglioni di farti da cagnolino e si sarà nascosto da qualche parte» sghignazzò un uomo stravaccato e con i piedi appoggiati al tavolo. Portava i capelli biondi legati in un codino basso, un po' ricrescita di barba sul mento e dalla sua bocca usciva un susseguirsi di sbadigli.
«Che maleducato» sussurrò Marie.
«Chi è?» bisbigliai alla donna accanto a me.
«Lui è Belfagor e il suo peccato capitale è l'accidia» e fece il segno della croce. Uno di loro lo notò e alzò gli occhi al cielo: «Dio ce l'hai lì accanto!» esclamò deridendola.
«Lui, invece, è Amon, e come si può notare è suscettibile» disse ad alta voce rivolgendosi a me, ma fissando malamente l'uomo con la folta barba e simile a un gigante.
«Marie, sei bella come sempre!» s'ntromise una donna, guardandola con occhi languidi.
«Costei è Asmeda, il suo peccato capitale è la lussuria» mi sussurrò mentre io osservai la donna che a differenza degli altri aveva un aspetto abbastanza giovane ed elegante.
«Possiamo concentrarci sulle cause di questa riunione?» la interruppe la Creatrice, la più temuta e apprezzata – dipendeva da che parte del tavolo sedevi – in quella stanza.
Alcuni sospirarono, altri non ebbero alcuna reazione, mentre Belzebù continuò a mangiare come se nulla fosse stato detto.
«Lei chi è?» chiese un ragazzo giovane, puntando l'indice su di me. Mi accorgo che i suoi occhi sono di due colori diversi, uno rosso e uno nero. Inoltre sembrava essere un po' basso, il corpo ben piazzato, con una folta chioma nera, aveva qualche treccina come decorazione ma li lasciava liberi sulla schiena. Totalmente diverso dal padre che sembrava un vichingo con un brutto rapporto con l'acqua. L'unica cosa che gli accumunava era la pelle abbronzata.
Dio lo guardò e sorrise: «E tu chi sei? Non ti ho mai visto».
«È mio figlio» rispose Amon, guardandoci con sguardo atroce.
«E lei invece? Il rimpiazzo del tuo cane scomparso?» chiese con rabbia l'uomo. Lo guardai con disgusto ma non dissi niente. Rivolgerò la parola a questi demoni solo se sarà la Signora a darmi il permesso.
«No, è la sua allieva, a cui tengo molto. Vi crea qualche problema?» chiese agli uomini di fronte.
«Se fosse un problema la cacceresti?» chiese un altro uomo, che finora non aveva mai parlato. Era l'unico che assomigliava a Lucifero, lo stesso colore di capelli tirati indietro con il gel, pallido come un cadavere. Anche se i suoi occhi erano neri e non rossi.
«No».
«Come sospettavo» rispose l'uomo con un sorriso aspro, come se avesse mangiato del limone e non volesse darlo a vedere.
«Lui è Mammona, il suo peccato capitale è l'avarizia» mi sussurrò Marie.
«Io sono Levin – si presenta l'ultimo uomo che mancava all'appello – e il mio peccato capitale è l'invidia». Lo osservai e notai delle squame verdi sugli avambracci, occhi e capelli castani. E anche lui con una pelle biancastra, uscito direttamente da un film di fantasmi.
«Nessuno te l'ha chiesto» sghignazzò Belzebù, con la bocca piena di cibo.
«Ma sii civile e mangia con la bocca chiusa! – esclamò l'uomo magrolino e con gli occhi pieni d'odio – e poi quella stronza della santa non mi ha presentato! Non è giusto che si ci dimentichi di me!» incrociò le braccia al petto e mise su il broncio, lanciando occhiate cariche d'odio alla povera Marie. Quest'ultima sbuffa: «Neanche mio figlio da piccolo faceva tutti questi capricci!»
Alcuni scoppiarono a ridere e il diretto interessato, invece, non la degnò nemmeno di una risposta, proprio come un bambino.
«La finite di perdere tempo in chiacchiere inutili?» chiese Lucifero con uno sguardo omicida. Tutti si zittirono e Dio osservò la scena alquanto divertita. Si capisce subito chi comanda tra i sette principi dell'Inferno.
«So che anche da voi è scomparso qualcuno, recentemente».
«E l'arcangelo Gabriele non è il solo di cui abbiamo perso le tracce» aggiunse, attirando ancora di più l'interesse dall'altra parte della tavola.
«Ognuno di noi ha perso demoni inferiori e spiriti maligni dal proprio territorio» sussurrò Belzebù, allontanando il piatto pieno zeppo di cibo e guardandoci con uno sguardo impassibile. Questi discorsi gli fanno passare l'appetito?
«E non pensate anche voi che sia strano?» chiese turbata Marie, tenendo tra le mani un rosario.
«Marie, anche se preghi non posso ascoltarti, lo sai» le sussurrò la Signora con un sorriso gentile, cercando di non turbarla ulteriormente.
«Lo so, lo so. Prego perché serve a me, mi aiuta» le rispose con un sorriso e l'altra donna la guardò con uno sguardo di compassione. L'altra faccia della medaglia delle preghiere.
«Non penserai mica che c'entriamo noi altri!» esclamò Amon, alzandosi in piedi e sbattendo le mani sul tavolo, guardandoci con furia.
«Oh no, no. Tutto il contrario. Penso sia qualcuno di esterno, ma non so chi» lo rassicurò e il demone si risedette al suo posto, soddisfatto della risposta.
«Io avrei dei sospetti» disse Belfagor in uno sbadiglio.
«Allora parla» gli ordinò Lucifero, con voce ferma e autoritaria.
«Penso sia una certa anima che si faceva chiamare "Senza Volto" e circa due decenni fa cercò di dar vita a una rivoluzione, ricordate?» chiese appoggiando la testa al tavolo, stanco di quella riunione – o forse stanco per aver parlato? –.
«Intendi quell'anima che cercò di ribellarsi perché secondo lui non era giusto come funziona il mondo dei morti?» concluse Levin, con una stridula risata.
«Sì, sì, quello lì» rispose Belfagor, stiracchiando le braccia.
«Ammetto che l'idea che aveva m'incuriosì un poco, ma il suo modo di agire non mi piaceva: prendeva le decisioni d'impulso, senza rifletterci e cercare un'alternativa migliore. Non cercò neanche degli alleati tra di noi, solo alcuni demoni inferiori e forse qualche spirito maligno, da non credere! Era troppo ingenuo e impulsivo, non valeva la pena ascoltarlo» spiegò Levin con tono presuntuoso.
«Indovino: era una delle anime del tuo territorio, vero Lucifero?» si rivolse, la Creatrice, all'uomo davanti a lei. Lo guardò con sguardo divertito, perché sapeva di averci preso e lo confermò l'espressione d'odio che si dipinse sul volto del demone dopo quell'affermazione. Digrignò i denti: «Sì, era uno dei miei».
«Cosa sai dirci su di lui?» chiese la donna con espressione compiaciuta.
Il demone, però, a quella domanda non reagì come la precedente.
«So solo che prima di darsi quel nome, si chiamava Nikolai. È morto assieme alla ragazza con la falce, un'informazione degna di nota e difficile da dimenticare» disse Lucifero, questa volta, compiaciuto.
Nikolai
Il mio cuore saltò un battito e io impallidii.
Nikolai
Puntai il mio sguardo su Lucifero e lo guardai incredula.
Nikolai
Sentii il mio respiro farsi più veloce e affannoso.
«Come fai a saperlo? Ne sei sicuro?» chiese la donna con sguardo accigliato. Sapeva che ero morta in contemporanea con un'anima che è finita all'Inferno, ma non di certo a un'anima che cercò di far partire una rivoluzione...
«Ma questo non vuol dire nulla! Vi sono molti vivi che muoiono, dovrebbe essere normale che ne arrivino qualcuno in contemporanea, no?» s'intromise Marie, ansiosa di trascinarmi fuori dalla discussione. Ma ormai era troppo tardi.
«Ed è qui che ti sbagli. Potrebbe succedere, ma è un episodio rarissimo. La maggior parte delle volte che due o più anime arrivano assieme è perché sono morte assieme per la stessa causa» spiegò Lucifero, soddisfatto della reazione di Marie.
«Ragazzina, conoscevi un certo Nicola? – chiese Amon, fissandomi con sguardo truce – Se è così, allora parla!».
«Padre, calmatevi! E poi si chiama Nikolai, non Nicola» sussurrò il figlio al padre, che di tutta risposta gli arrivò uno schiaffo dietro la nuca che gli fece sbattere il mento sul tavolo.
«NON DIRMI COSA DEVO FARE!» strillò paonazzo di rabbia, mentre il figlio cominciò a scusarsi e cercare di spiegare che non voleva di certo dargli degli ordini.
Mi volto a guardare Marie e lei scuote la testa, come a dirmi di non immischiarmi.
Portai nuovamente il mio sguardo su Lucifero e lo vidi osservarmi incuriosito.
«Finiscila di picchiare mio nipote! È così carino, gli rovineresti quel bel faccino!» si lamentò Asmeda, mentre osservava il giovane demone che si prostra davanti al padre chiedendogli perdono.
«Finitela!» tuonò Lucifero, fulminando con lo sguardo il padre e il figlio. Quando il trambusto cessò, Lucifero rivolse la sua totale attenzione a me: «Come ti chiami?».
«Mirta» risposi con tono pacato, guardandolo negli occhi, cosa che non molti angeli farebbero con tranquillità, cercando di nascondere il mio nervosismo. Avevo imparato dal migliore come tenere testa a un nemico, anche non combattendo.
«Il tuo nome deriva dalla parola greca "Myrtos", lo sapevi?».
«Sì».
«E chi te l'ha detto?» chiese incuriosito, non tutti conoscono il latino e il greco essendo sono lingue morte.
«L'arcangelo Gabriele».
«Ti ricordi di qualcuno nella tua vita passata che si chiamava Nikolai?» domandò e io sospirai. Mentirei ma neanche troppo se dicessi di no, non so chi fosse per me, non me lo ricordo, ricordo solo la paura che provo nel sentire quel nome.
«Non ne ho la più pallida idea. Non ho alcun ricordo di quando ero in vita».
«Una rivelazione scioccante. Ora mi interessi ancora di più!» esclamò Asmeda, guardandomi con malizia. Io non la guardai nemmeno e continuai a sostenere lo sguardo di Lucifero.
«Va bene, un tizio ha voglia di creare scompiglio e sappiamo il suo nome. Quindi? Cosa vogliamo fare? Chiedere alla Vergine Marie qual è la sua preghiera preferita? No, perché continuate ad allungare il discorso inutilmente» si intromise Amon, spazientito da quanto Lucifero si fosse concentrato su di me.
«Per chi interessasse, la mia preghiera preferita è il Padre Nostro...» sussurrò Marie, offesa da quelle parole. Il che suscitò ilarità in molti ed esasperazione in altri.
«Hai ragione» disse Dio, rivolgendosi al demone, e quest'ultimo ne rimane sorpreso, era la prima volta da quando era nato che Dio gli dava ragione su qualcosa. Qualcosa dentro di lui si mosse ma lo scacciò via, o almeno mi diede questa impressione.
«Dovremmo andare a indagare noi» propose Marie.
«Non penso sia una buona idea» risposi io.
«E perché no? Non sarebbe meglio se controllassimo la situazione di persona?» chiese Marie e io sospirai scocciata. Proprio non ci arriva?
«Non lo nego che sia la soluzione più affidabile, ma neanche la più ideale, visto com'è delicata la situazione. La persona che sta architettando il tutto vuole delle reazioni, cosa che ha avuto con le varie scomparse da ambo le parti. Converrebbe che ci vada qualcuno di affidabile e poco conosciuto».
«Mi piace la tua idea. Però se la si vuole mettere in pratica, bisognerebbe prima sistemare i fattori tecnici e il resto, ma penso che valga la pena provarci» mi appoggiò Lucifero, guardandomi con un sorriso alquanto strano. Mi limitai ad annuire.
«Scusate se interrompo il vostro sogno ad occhi aperti, ma chi sarebbero queste persone affidabili e poco conosciute? E vorrei aggiungere anche un altro requisito, ovvero saper combattere. Altrimenti, come direbbero i vivi, sarebbe una missione suicida» disse Amon, guardandoci con disprezzo.
«Anche su questo hai ragione» rispose la Creatrice e per poco il demone non sussulta.
Dio sapeva esattamente l'effetto che avevano le sue parole su di lui e su tutti gli altri, sapeva che se diceva determinate cose, con uno specifico tono e una specifica espressione poteva manipolarli a suo piacimento. E questo perché – anche se nessuno tra questi demoni lo avrebbe mai ammesso – loro erano molto influenzati da lei, in special modo Lucifero e Amon.
Subdola e manipolatrice.
«Propongo di mandare un angelo e un demone».
«E chi li sceglie?» chiese Mammona, guardandola con sospetto.
«Io scelgo l'angelo e voi il demone, semplice no? – tutti la guardano un po' sorpresi, la maniaca del controllo che lasciava scegliere a qualcun altro? – E poi è la scelta migliore. Io conosco gli angeli, ma non tutti i demoni, mentre voi sì. Quindi la scelta più saggia è quella di lasciare a voi decidere quale demone mandare».
«Mi sembra un'ottima idea!» esclamò Marie, stringendo nelle mani il rosario.
«Per me va bene» disse Lucifero, dopo qualche momento di riflessione.
«Perfetto, – e volse la sua attenzione su di me – cara, ti andrebbe di prendere parte a questa missione? So quanto sei legata all'arcangelo Gabriele e questo ti rende ancora più che perfetta per questo incarico».
La guardai a lungo, meditando su come rispondere. Ne sarei all'altezza?
Sospirai e strinsi la falce con determinazione. Non è importante se riuscirò a farlo o meno, devo provarci. Devo provarci per lui.
«Accetto».
«Perfetto!» esclamò Dio con un sorriso raggiante.
«Voi avete già in mente a chi affidare questa missione?» chiese la Creatrice, osservando, uno ad uno, tutti e otto i demoni dall'altra parte del tavolo.
«Vorrei che venisse affidata a me» intervenne il giovane demone, facendo sputare il cibo a Belzebù e svegliando Belfagor. Levin rise e Asmeda urlò sorpresa, mentre Mammona e Lucifero lo guardarono perplessi.
«Voi siete d'accordo, padre?» chiese il ragazzo con un po' di insicurezza nella voce. Era chiaro come il sole che per lui l'opinione del padre era al centro della sua esistenza, anche un'estranea come me riuscì a intuirlo senza problemi – e non che lui si impegnasse a nasconderlo –.
«Mi astengo, chiedi agli altri» rispose Amon, lasciando deluso e smarrito il figlio.
«Per me va bene, l'ho allenato qualche volta ed è bravo. Inoltre posso mettere la mano nell'acqua santa che sia affidabile, non ci tradirebbe mai» decise Lucifero, concludendo la discussione.
«Perfetto» rispose la Signora, sorridendo al giovane demone.
«Domani ci rivedremo solo noi per definire i dettagli, e poi li comunicheremo ai due giovani, va bene?» chiese la Creatrice, anche se era più un avviso che una domanda. I demoni annuirono e si alzarono dal proprio posto, cominciando a parlare tra di loro.
Noi tre ci alzammo e dirigemmo verso la parete in cui, non appena Dio prese il mazzo di chiavi, comparve la porta.
«Ah, un'ultima cosa – si bloccò con la chiave in mano e si voltò verso il figlio di Amon – qual è il tuo nome?».
«Ultio».
«Significa vendetta» sussurrò la Signora, sorridendogli. Tornò sui suoi passi e inserì la chiave nella serratura, la girò e la porta si aprì. 

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