Capitolo 5

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Subito dopo Nico si addormentò e approfittai per scendere in cucina, dove i miei erano tesi come corde di violino.

Hanno iniziato a parlare nello stesso momento, mia madre dicendo che aveva chiamato ogni sera, mentre mio padre cercava di spiegare perché non me l'aveva detto. Io stessa sono rimasta sorpresa quando mi sono sentita dire che non me ne importava niente e che dovevano dirmi subito quali erano le condizioni di Nico. Così hanno fatto.
Gli avevano diagnosticato tutto il possibile immaginabile, ovvero la leucemia linfoblastica acuta, una forma di cancro del sangue per cui certi tipi di globuli bianchi subiscono una mutazione e iniziano a moltiplicarsi rapidamente.

In pratica, questi globuli, chiamati blasti, non fanno il loro dovere e siccome combattono contro i globuli buoni per la sopravvivenza, la malattia può risultare fatale se non curata adeguatamente. Il motivo per cui gli era uscito tanto sangue dal naso era che la leucemia aveva già drasticamente ridotto il numero delle piastrine presenti nel suo sangue, che di conseguenza non si coagulava come avrebbe dovuto. Per questo, anche, era ricoperto di lividi. Quando era arrivato a Padova, i medici gli avevano fatto un'infinità di esami, tra cui la TAC, la PET e la risonanza magnetica, per determinare a che stadio fosse arrivato il cancro, se si fosse esteso ad altri sistemi del corpo e se sarebbe riuscito a cavarsela. La situazione non era delle peggiori - apparentemente il cancro non aveva intaccato altri sistemi - ma nemmeno delle migliori. Il mio fratellino correva quello che i medici chiamano un "rischio moderato". Il che significava che aveva più del 50% delle possibilità di sopravvivere. Le possibilità che morisse erano inferiori al 50%, ma di nuovo, non di molto. Era una percentuale, solo un numero, ma nella mia mente assumeva una dimensione enorme, ingombrante, come un macigno.

Sfido io che la mamma piangeva e il papà sembrava uno zombie. Abbiamo discusso per un po' su come organizzarci - mia madre e Nico sarebbero dovuti andare a Padova almeno due volte alla settimana per il primo mese di trattamento - e su cosa dire a chi ci chiedeva qualcosa. È venuto fuori che i genitori della mamma già lo sapevano e così anche un bel numero di parenti acquisiti. Il motivo per cui non avevano ancora chiamato era che la mamma aveva chiesto espressamente che nessuno venisse a farci visita o telefonasse prima del loro rientro. Lo sapevano le sue amiche più strette, ma a scuola era ancora un segreto. Non sapevo cosa avesse detto o non detto papà al lavoro, ma a giudicare dal suo generale livello di comunicazione, doveva aver tenuto la bocca chiusa con tutti. D'altro canto, però, i colleghi dovevano essere ciechi o sordi per non notare un improvviso cambiamento di quella che in teoria era la sua personalità. Sul fatto di dover informare la scuola di Nico non si è nemmeno discusso. Nico avrebbe dormito in camera di Sofi, non poteva continuare a condividere la cameretta con Maddi e ogni volta che venivamo in contatto con lui dovevamo indossare la mascherina chirurgica. La sua salute era molto fragile in quel periodo, e se fosse capitato che uno di noi si fosse ammalato, sarebbe dovuto andare via di casa finché non fosse guarito.

Poi mia madre si è posta un altro problema. «E tu, Cate? Vuoi che chiami a scuola? Potremmo parlare con i tuoi professori in videoconferenza...»
«Oppure potresti direttamente spararmi e farla subito finita» sbottai.
«Cate! Non c'è niente di male ad avvisare la scuola che in futuro una delle sue alunne avrà bisogno di maggiori attenzioni».
«Ma che attenzioni vuoi che mi diano? Un abbraccione di gruppo ogni mattina? Se vuoi gli dico di scrivermi delle frasette carine per Nico sul diario. E se invece mi iscrivessi a un gruppo di sostegno? Sarebbe un'occasione perfetta per farmi apparire ancora più cretina. Dato che ci sei perché non mi prenoti anche un posto sull'autobus dei ritardati?»
«Ma che ti prende, Cate? lo sto solo cercando di aiutarti. I medici dicono che i fratelli dei... » a questo punto ha dovuto deglutire per proseguire «...bambini malati di cancro sono sottoposti a forti pressioni e...»
«Pressioni? Che tipo di pressioni potrei mai subire? Solo perché mia madre e mio fratello spariscono per due settimane, nessuno mi dice niente, poi tornano e mio fratello sbocca ovunque ed è pieno di lividi? E non riesce nemmeno a stare sveglio e ha la schiena tutta... tutta...»
E sono scoppiata a piangere, il che è stato di grande sollievo per tutti, credo. Se non altro perché sono rimasto zitta per un po'. Mia madre mi ha preso fra le braccia e siamo rimasti così finché non mi si è incriccato il collo. Mettiamo subito in chiaro una cosa, non stravedo per gli abbracci di mia madre, ma devo confessare che mi sono subito sentita meglio.
Quando mi sono staccata da lei, l'ho guardata e l'ho scongiurata: «Ti prego, non chiamare a scuola».
«Okay... per ora non chiamerò».

ALL OF MEDove le storie prendono vita. Scoprilo ora