Capitolo 18

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"Io ho un'udienza domani mattina a Venezia. Cate, puoi saltare scuola per un giorno. E' importante" disse subito papà, andando sulla difensiva. Ed era strano detto da loro che non mi lasciavano saltare scuola nemmeno se ero sul letto di morte. 

"E come andiamo a Padova? Io non ho la patente" ribattei.

"Vi accompagnerà Diego Lucas" la mamma rientrò in cucina.

"Che cosa? Perchè proprio Diego?" per poco mi strozzai con il petto di pollo.

"Conosce l'ospedale meglio di tutti, e tu non ci sei mai stata"

"Prenderemo il treno, e mi dirà Nico dove andare" protestai. 

"Sai benissimo che Nico non può prendere i mezzi pubblici"

"Se viene Diego, allora non ha senso che vengo anch'io" decretai, incrociando le braccia. 

"Serve un parente, Cate. Non si discute" concluse la mamma, e capii che la conversazione era finita. Alla fine è stato deciso che sia io che Diego avremmo accompagnato Nico a Padova.

Un'ora dopo, Nico andò a letto, e la mamma era di sopra che riposava e mi dava istruzioni.
«Allora, tesoro, fatti dare l'EMLA appena arrivi. Ci vuole un'ora prima che la crema faccia effetto, perciò devi mettergliela subito. Nico preferisce farsela spalmare da noi, ma prima scaldala fra le mani così non gli fa freddo. A quel punto verranno gli infermieri e gli faranno un prelievo del sangue. A Nico la vista del sangue non dà fastidio, ma forse è meglio se resti fuori. Quella volta al pronto soccorso ti ha fatto proprio impressione."

"Avevo dieci anni, mamma" protestai, ma lei continuò "Che altro? Entro breve l'oncologo arriverà per farti alcune domande prima di somministrargli il Methotrexate. Dopo ti scrivo un foglietto, ma in pratica devi dirgli che Nico non ha vomitato tanto questi giorni e il sistema nervoso centrale sembra funzionare bene. Lui capirà. Ooooh, quasi dimenticavo: se c'è il dottor Furlan, vorrà tenerti la mano. Ha paura di lui. Se invece c'è il dottor De Santis non c'è problema, è il preferito di Nicolò. A proposito di preferenze, Nico adora le pizzette del bar al terzo piano. E convinto che abbiano un sapore migliore di quelli del suo piano...»

Dopo un lavaggio del cervello di venti minuti, la mamma dovette scappare di nuovo in bagno, ma da lontano la sentivi lo stesso che diceva: «... e di' al dottor Furlan di chiamare la dottoressa De Bortoli appena arrivano i risultati del sangue. Sta ancora studiando il dosaggio giusto di Leucovorin».
A quel punto la nausea ha avuto la meglio e ha dovuto smettere di dare ordini per un po'. Ci aspettavano tempi molto duri.

Qualche ora più tardi, mentre ero distesa a letto, mi sono resa conto che mio padre non aveva ancora espresso il verdetto finale sulla questione di Riccione. Poi avevo cominciato  a pensare ai debiti che avevamo e a quello che avrei visto all'ospedale il giorno dopo e a tutto quello che mi sarei persa a scuola e come si sarebbe comportato Diego nei giorni successivi. Nemmeno a dirlo, mi ci sono volute ore per addormentarmi.

Dormii malissimo, mi ero rigirata più e più volte nel letto. Ad un certo punto, il mio telefono iniziò a suonare e mi svegliai.

Diego:

sono fuori casa tua

Mi alzai di scatto, e andai a sbattere la testa sulla mensola. Cazzo. Solo allora guardai lo schermo dell'iPhone e mi accorsi che erano le 7:22. Non solo era troppo tardi per rimettersi a dormire... era tardi in generale. Non sono mai stata una che si sveglia presto, nonostante tutti i miei sforzi ero una dormigliona professionista. La giornata iniziava con un bernoccolo e una delusione.

Nico gli saltò in braccio. Io presi posto nel sedile davanti.Non feci in tempo a fare colazione e truccarmi che io, Diego e Nico eravamo già legati ai sedili della macchina, con i miei libri di scuola, il Macbook, cuscini e un cambio di vestiti per Nico. La mamma mi aveva detto che era un controllo giornaliero, ma c'era la possibilità che Nico dovesse fermarsi per una notte. Come sempre, nella confusione generale, avevamo dimenticato qualcosa di fondamentale, ma ancora non lo sapevamo. 

ALL OF MEDove le storie prendono vita. Scoprilo ora