CAPITOLO 5 - DOLORE

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Stava con te e non sentivi i suoi passi e il suo profumo. I suoi silenzi erano grida che solo l'animo udiva. I suoi occhi erano fari nelle notti buie. Or che le sue braccia son diventete ali, ti accorgi solo ora di non averla stretta abbastanza al tuo cuor. (Carmen Beretta)

❤️

Nessuno aveva più visto e sentito Katsuki da una settimana. Si era rinchiuso dentro quella stanza d'albergo, spegnendo il telefono e isolandosi dal resto del mondo.

Notti insonni contornate da sogni dove lui e Izuku erano felici e incubi che lo svegliavano di soprassalto in preda alla disperazione.

Non riceveva nemmeno il servizio in camera, se non per l'acqua. Il personale dell'hotel aveva deciso di lasciargli fuori dalla porta le bottiglie senza disturbarlo. Di mangiare non se ne parlava proprio. Il suo stomaco si rifiutava di tenere al suo interno qualsiasi cosa solida o commestibile.

Un ennesimo conato di vomito lo fece scattare dal letto verso il bagno, dove si aggrappò al water e vomitò i succhi gastrici. Era uno straccio, ma a lui non interessava. Aveva perso il suo Soulmate e questo era il pensiero fisso che non voleva e doveva andare via dalla sua testa.

Quando finalmente il sentore di dover rimettere finì, si alzò per andare al lavandino a sciacquarsi la bocca e il viso.

Si guardò allo specchio e con un forte pugno lo ruppe ferendosi la mano destra che iniziò a sanguinare.

- È solo colpa mia! Tu avevi bisogno di me, Izuku! Perché non mi hai trattenuto? Perché non hai lasciato che ti dicessi che tu vieni prima di una stupida carriera? Perché mi hai lasciato solo? Dannazione... io... ho bisogno di te, Izuku... non ce la faccio ad andare avanti senza averti accanto. Non ce la faccio... -

Katsuki si accasciò sul pavimento, tenendosi la testa mentre piangeva.

Aveva dato per scontato la presenza di Izuku. Aveva avuto la certezza che sarebbe rimasto sempre con lui, senza pensare che potesse succedergli qualcosa. Uno stupido. Ecco cos'era stato. Izuku in tre anni gli aveva dato più di chiunque altro in tutta la sua vita. Lo aveva sostenuto, appoggiato, aiutato in tutte le sue scelte, senza mai tirarsi indietro, nonostante i suoi scatti d'ira dovuti all'insoddisfazione lavorativa. Lui c'era sempre stato e lo aveva dato per scontato. E ora cosa gli rimaneva? Niente!

Sentì bussare alla porta, ma non si alzò da terra. Prima o poi avrebbero smesso e lo avrebbero lasciato in pace. Invece quel picchiettare di nocche non smise, anzi aumentò sempre di più innervosendo Katsuki fino a farlo aggrappare al porta salviette e tirarsi su. Afferrò un asciugamano e se lo avvolse sulla mano per poi andare con passo incerto ad aprire.

Lo stupore lo travolse come una valanga. Davanti a sé vedeva il suo Izuku. Ma in realtà si accorse immediatamente che era Inko, la madre di Izuku. Perché per un istante un solo istante l'aveva confusa con il verdino? Perché la sua mente gli giocava brutti scherzi? Perché ogni fibra del suo essere ne sentiva il bisogno. Ecco perché.

- Katsuki...- Disse di punto in bianco Inko vedendo in quale stato fosse il ragazzo. Poi abbassò lo sguardo sulla mano avvolta dall'asciugamano bianco macchiato di sangue e fu inevitabile non ripensare alla notte in cui aveva trovato suo figlio nel letto in una pozza di sangue. Le mani iniziarono a tremare, ma si costrinse a rimanere lucida. Katsuki doveva essere medicato.

- Cos'hai fatto? F-fammi dare un occhiata. - Disse la donna avvicinandosi al ragazzo.

- Non...è niente. Come... mi hai trovato? - Chiese impanicato Katsuki. Ma non ebbe bisogno della risposta, perché si ricordò che l'unico a sapere dove fosse era Kirishima.

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