CAPITOLO 9 - PRIMO PASSO

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Dopo aver visto cosa vuol dire amare, anche la morte si innamorò dell'amore.

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- Katsuki! Fermati! Aspetta! - Gridò Mitsuki una volta usciti dell'ascensore.

Katsuki si era precipitato immediatamente verso l'uscita, come se i suoi piedi avessero preso a muoversi più rapidamente del solito, spinti da qualcosa.

Mitsuki riuscì a bloccarlo per un braccio e a farlo voltare verso di lei.

- Sono giorni che non mangi nulla! Andiamo da qualche parte e butti giù qualcosa! - Lo supplicò sua madre con occhi lucidi.

Katsuki non sentiva i morsi della fame, nonostante i tanti giorni di digiuno. Aveva solo bisogno di capire quello che Izuku voleva comunicargli. Il suo cuore e la sua mente lo chiedevano come una preghiera.

- Io devo andare, mamma...lui mi sta aspettando...- Rispose sicuro Katsuki.

Le pupille di Mitsuki si allargarono tantissimo. Non poteva farlo andare da solo, non avrebbe retto alla vista di una determinata cosa.

- A-ascolta...ci prendiamo un caffè e una brioche e poi ti accompagno io, ok? Ci-ci stai tesoro? - Domandò preoccupata Mitsuki.

Dannazione! Era stata lei a insistere perché andasse a casa e in tutta quella disperazione si era dimenticata della cosa più importante. Come aveva potuto?

Mitsuki prese le chiavi dell'auto e subito dopo il cellulare. Doveva chiedere aiuto a Inko e lo sforzo di essere presente anche lei quando Katsuki avrebbe chiesto di aprire quella porta che era stata chiusa a chiave e mai più riaperta.

- Dove...mh...dove vuoi andare a prendere il caffè? - Domandò Mitsuki, cercando di prendere tempo.

Katsuki la osservò in viso, notando la sua irrequietezza e capì che non gli era stato detto ancora tutto.

- Cos'è che non so ancora, mamma? - Ringhiò frustrato.

Gli occhi rossi della madre vagarono in giro senza mai guardarlo. Non ce la faceva. Aveva qualcosa che le bloccava la gola e il respiro. Avrebbe dovuto guardare inerme suo figlio mentre si sarebbe disperato e non sapeva come evitarlo.

Se era vero che Katsuki e Izuku erano Soulmate, legati da quel filo invisibile chiamato infinito, suo figlio avrebbe sentito e provato tutto quello che il suo compagno aveva passato, anche a distanza di tempo. Avrebbe retto? Non ne era per niente sicura. Katsuki aveva sempre avuto un carattere forte e determinato, ma quello che aveva davanti non era il solito ragazzo che per un nulla se la prendeva. Era fragile e lei aveva il timore che potesse rompersi del tutto quel poco di cuore intatto che gli era rimasto.

- Allora? - Insistette Katsuki nervoso.

Mitsuki scosse la testa. Non poteva, non poteva dargli il colpo di grazia.

- Io... non posso Katsuki, non me la sento. - Rispose Mitsuki piangendo.

Gli occhi di Katsuki si spalancarono. Era arrivato da solo alla risposta che sua madre faticava a dargli.

- Io...io devo andare...- Disse confuso.

Si girò e uscì dall'albergo senza dare peso alle suppliche di sua madre che gli chiedeva di ascoltarla. Allungò una mano per fermare un taxi e ci salì quasi in corsa, dando all'autista l'indirizzo di casa.

Il petto bruciava da morire, il cuore batteva come un tamburo impazzito e la sua mente continuava a pensare all'Omega che si contorceva dal dolore.

- Si sbrighi, per cortesia! - Ordinò al tassista che lo guardò dallo specchietto retrovisore.

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