Diario di bordo 25/07/1713

56 7 0
                                    

Sono ormai 3 giorni che i miei uomini stanno torturando Mon, eppure lei non cede! Continua a ripetere la solita storiella della ragazzina di strada affamata che provò a rubare il borsello a un ufficiale spagnolo.

Ma io non me la bevo più. È troppo colta per essere una misera senzatetto di Pattaya e questo è sempre stato fin troppo sospetto per me.

Eppure quella maledetta ragazzina era riuscita a farmi abbassare la guardia e ad attrarmi nella sua ragnatela. Mi sono lasciata trasportare da queste disgustose emozioni che provo per lei e ho dimenticato di tenerla d'occhio.

La odio!

Non riesco a togliermi dalla testa il modo in cui si muoveva durante quello scontro, le sono bastati pochi colpi assestati per mandare al tappeto 4 uomini. È sicuramente stata addestrata! Ma da chi?

Forse sto iniziando a farmi un'idea di chi sia veramente Mon, ma non ho più tempo per scoprirlo! I pirati non fanno prigionieri: vivere o morire. E i miei uomini stanno diventando irrequieti con tutta questa storia. Inoltre alcuni di loro hanno iniziato a lanciarmi degli sguardi sprezzanti, credo che vedano in me la debolezza di una donna in balia dei sentimenti e non posso permettere che mettano in discussione il mio valore di capitano per questo schifo che provo nello stomaco.

Se entro oggi non parlerà... Domani la impiccheremo all'albero maestro.


Al di là di ciò che scriveva nel diario, gli ultimi giorni di Freen erano stati un inferno.

Il suo umore oscillava tra la rabbia e l'agonia.

Si sentiva tradita, usata, presa in giro e la cosa la faceva uscire di testa, aveva già messo a soqquadro l'intera stanza e sui muri c'era ancora il sangue delle sue nocche che nevrotiche si erano scagliate contro il duro legno della Dama Bianca. Però poi, quando sentiva le urla strazianti di Mon, mentre veniva torturata dai suoi stessi uomini, la rabbia evaporava e il suo cuore si rompeva in mille pezzi, lasciandola in un mare di lacrime e sensi di colpa.

Per tre giorni non era mai uscita sul ponte. L'idea di vedere Mon la turbava oltremodo. Ma se i suoi uomini non erano riusciti a farla parlare, allora toccava a lei provare a tirare fuori anche solo qualche piccola informazione. La verità è che tremava all'idea di uccidere Mon e avrebbe accettato anche altre bugie pur di trovare una scusa per risparmiarle la vita e salvarsi la faccia davanti ai suoi uomini, ma Freen era ancora troppo codarda per ammettere questa verità a se stessa.

Era ormai notte inoltrata quando finalmente si decise ad andare a parlare con Mon, ma ciò che trovò le procurò un doloroso nodo in gola e a stento riuscì a trattenere le lacrime.

Mon era rinchiusa in una gabbia per animali, indossando solo un vecchio pantaloncino consumato. Aveva i capelli crespi e la faccia bruciata a causa del sole e dell'acqua salata con cui avevano tentato di affogarla i suoi, nel tentativo di farla parlare. La parte superiore del corpo, completamente denudata, era abbronzata e, apparentemente, non sembrava riportare lividi e ferite, ma Freen era perfettamente consapevole di quante frustate di stracci bagnati avesse ricevuto quel corpicino.

Mon dormiva nella sua gabbia, rannicchiata in posizione fetale, e nonostante le torture subite sembrava dormire beatamente, aveva lo stesso faccino innocente di tutte le altre volte in cui Freen l'aveva spiata dormire nel suo letto.

Freen si avvicinò alla gabbia, ma appena l'asse di legno del pavimento scricchiolò sotto il peso dei suoi piedi, Mon si svegliò di soprassalto, indietreggiò spaventata ma purtroppo sbatté la schiena contro le sbarre di ferro alle sue spalle e non trattenne un grido di dolore. Quando vide Freen davanti a sé, il suo primo istinto fu quello di rannicchiarsi con le ginocchia al petto e abbassare la testa in preda alla vergogna. In parte si vergognava delle pessime condizioni in cui si trovava, ma in particolar modo provava sdegno per aver tradito la sua fiducia.

Dama Bianca | FreenbeckyDove le storie prendono vita. Scoprilo ora