Guilt

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Izuku varcò la soglia della centrale di polizia con il passo pesante, il cuore ancora appesantito da tutto ciò che era accaduto nelle ultime ore. Mentre passava accanto ad alcuni colleghi che iniziavano a prendere servizio, sentiva addosso il peso della menzogna che aveva elaborato lungo tutto il tragitto, fatto a passo svelto, rischiando un paio di volte di finire gambe all'aria su una lastra di ghiaccio.

L'ea testa dell'edificio era illuminata solo dalle luci fioche dei lampioni che filtravano attraverso le finestre. Fuori era ancora buio, e la città stava appena iniziando a svegliarsi.

I corridoi erano illuminati da luci elettriche tremolanti, giallastre, e le pareti rimandavano una tonalità grigiastra sotto quella illuminazione.

Quando entrò nel suo ufficio, il capo del dipartimento, il burbero capitano Aizawa, sedeva alla sua scrivania, intento a leggere alcuni fascicoli.

Sollevò lo sguardo quando Izuku entrò, notando subito lo stato disordinato dei suoi vestiti e il sangue ormai secco che macchiava la sua camicia e le sue mani.

Il suo sguardo si fece più severo, ma anche velato di preoccupazione.

«Midoriya?»disse il capitano, con la sua voce roca. «Cos'è successo là fuori? Dove diavolo siete stato?»

Izuku si fermò davanti alla scrivania, il volto segnato dalla stanchezza. «La retata... è finita male, signore. Abbiamo fatto irruzione come da piano, ma... le cose sono precipitate in fretta. C'era una distilleria clandestina... e credo ci aspettassero. C'è stata una sparatoria e... è esplosa, signore. Abbiamo perso tutti gli uomini.»

«Nessuno vivo?», e lo squadrò con un sopracciglio alzato. «Oltre a voi, ovvio.»

Izuku scosse la testa, avvilito. «Io... Ho controllato ma... nessuno. Ero in un punto riparato...».

Il capitano sospirò, passandosi una mano sul viso, visibilmente colpito dalla notizia. «E il capo dei contrabbandieri? Ground Zero? L'avete preso? O almeno... Sapete se era lì?».

Izuku serrò i denti, sentendo l'impulso di confessare tutto, di dire la verità. Ma sapeva che non poteva. Doveva mentire, almeno per ora. «No, signore. Non l'abbiamo trovato. Ho cercato, anche tra i cadaveri, prima che le fiamme mi costringessero a ritirarmi, ma... non l'ho visto.»

Il capitano Aizawa lo scrutò con attenzione, cercando forse qualche segno di insincerità nel suo giovane sottoposto, ma alla fine annuì. «Dannazione... quel bastardo ci è sfuggito di nuovo!»

Izuku abbassò lo sguardo, cercando di nascondere il senso di colpa che gli stava rodendo dentro. La bugia era stata pronunciata, e non c'era modo di tornare indietro. Ma il pensiero dei colleghi caduti, dei volti che non avrebbe più rivisto, era ciò che lo tormentava di più.

«Compilate il rapporto a mano, Midoriya.», ordinò il capitano, spingendo un modulo verso di lui. «Poi potete andare. Prendetevi qualche giorno di riposo. Ne avete bisogno.» Il capitano osservò di nuovo i vestiti sporchi di sangue e le mani di Izuku, poi aggiunse con un tono più gentile, quasi paterno: «Credo che abbiate visto abbastanza per oggi.».

Izuku annuì lentamente, prendendo il modulo e la penna, ma le sue mani tremavano leggermente mentre si sedeva alla scrivania nella stanza accanto.

Il rumore della punta che grattava sulla carta era l'unico suono nella stanza, mentre scriveva con meticolosa attenzione il resoconto, pur sapendo che ogni parola era una menzogna.

Ma quando giunse alla parte in cui doveva riportare i nomi degli agenti caduti, le sue mani si fermarono, la penna sospesa a mezz'aria.

Sentiva un nodo stringergli la gola, gli occhi che iniziavano a bruciare per le lacrime trattenute a fatica. Li aveva visti morire. Li aveva sentiti urlare mentre le fiamme divoravano la distilleria.

Prohibition | {Bakudeku}Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora