Are you persecuting me?

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ESTELLE


Lunedì mattina.

L'aria fresca di settembre mi accarezzava il viso mentre camminavo verso la scuola.

Le foglie cominciavano a cambiare colore, tingendosi di sfumature arancioni e dorate, e l'odore dell'autunno si faceva più forte.

Mi sentivo stranamente tranquilla, una sensazione che non provavo da giorni.

Sopratutto dopo quella scoperta.

Avevo dormito bene, forse per la prima volta in una settimana, e il mondo sembrava leggermente più luminoso.

O forse a colazione mi hanno messo della
Droga nel pasto.

Comunque L'unica cosa che mi rodeva, é che il Lunedì, mi sta sui coglioni.

Ho appena varcato il cancello di scuola, e volevo già scappare.

I soliti gruppetti di studenti erano sparsi nel cortile, chiacchierando e ridendo come ogni mattina.

Qualcuno stava ancora finendo di copiare i compiti, altri bevevano caffè con aria assonnata.

Entrai nell'edificio e mi avviai verso il mio armadietto.

Come sempre, c'era un po' di caos nei corridoi, studenti che si muovevano avanti e indietro, zaini che sbattevano contro gli armadietti, risate che echeggiavano nelle orecchie.

Aprii il mio armadietto e cominciai a sistemare i libri, la mente divagava tra i pensieri di quella giornata.

Avevo un compito di matematica -motivo in più per scappare- , e un'interrogazione in storia che non mi preoccupava troppo.

Ma mentre chiudevo l'armadietto, mi accorsi di qualcosa di strano.

Mi voltai e notai alcuni studenti che mi guardavano, e quando incrociai il loro sguardo, si voltarono velocemente, come se fossero stati colti in flagrante.

non ci feci troppo caso.

Magari era solo una mia impressione, o forse avevo i capelli un po' spettinati e loro erano semplicemente "curiosi" se così si può definirli.

In fondo, non era insolito che la gente lanciasse sguardi occasionali, ma man mano che proseguivo nel corridoio, cominciai a notare sempre più occhi su di me.

Sguardi che mi seguivano, risatine soffocate che mi mettevano a disagio.

Cercai di scrollarmi di dosso quella sensazione, di convincermi che era tutto normale, ma il disagio cominciava a insinuarsi dentro di me, lentamente ma inesorabilmente.

Arrivai in classe, cercando di ignorare la crescente sensazione di allarme.

Presi posto e iniziai a sistemare i miei libri sul banco, ma non potevo fare a meno di notare che gli sguardi insistenti non mi avevano lasciata.

C'era qualcosa di strano, qualcosa che mi sfuggiva.

Le lezioni iniziarono, e cercai di concentrarmi, ma era come avere una spina nel fianco.

Gli sguardi, i sussurri, erano come una pressione costante che non riuscivo a ignorare.

Ogni volta che alzavo gli occhi, qualcuno stava fissando il telefono o ridacchiando con il compagno di banco, e poi, inevitabilmente, lanciava un'occhiata nella mia direzione.

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