CAPITOLO 4

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ISABELLE

Amo Londra proprio perché ogni stagione si identifica gradualmente. In Italia, questo non accade mai. O fa troppo caldo o troppo freddo.

Grazie a questo clima, decido di indossare un pantaloncino elegante, una semplice maglietta e una giacca dello stesso colore. Guidare uno scooter con la gonna, non è il massimo della comodità.

«Puoi sempre venire con me e James» Sophie sta provando a convincermi ad andare all'università insieme a lei e al suo fidanzato.

Chiudo i bottoni della giacca e tiro fuori i capelli, lasciandoli ricadere dietro la schiena. Prendo gli orecchini dal comodino e li indosso.

«Stai tranquilla, Sophie» le sorrido, rasserenandola «Pur volendo, ormai ho già affittato lo scooter.»

«Mmh, va bene» si arrende «Tu inizi già ad andare?»

Circondo il manico della borsa a tracolla e la porto sulla spalla. Mi guardo allo specchio e mi pettino i capelli con la spazzola.

«Sì, devo prima raggiungere lo scooter e poi vorrei evitare il traffico.»

«Allora, ci sentiamo non appena arrivo» mi sorride e sparisce dentro il bagno.

Esco di casa e chiudo il portone alle mie spalle. Rimango ferma sugli scalini e adagio una mano sopra la ringhiera. Il cielo di Londra è coperto da nuvole, ma il meteo non porta pioggia. Il clima è mite anche se sicuramente sullo scooter farà un po' fresco.

Questi scooter sparsi per la città, sono davvero una salvezza.

Con grande salvezza, raggiungo l'università in poco tempo. Parcheggio vicino all'entrata e mi incammino verso le porte di ingresso.

Quanti ricordi.

Un nodo mi stringe la gola, ripenso ad alcuni momenti vissuti tra queste mura e al desiderio mai realizzato di concludere gli studi. Avrei voluto specializzarmi e terminare il mio percorso, ma purtroppo questo non mi è stato possibile. Per me e mia madre, sarebbero state troppe spese da affrontare.

Con un grosso sorriso, più finto che vero, entro nella mia vecchia università. I miei occhi si abituano subito alla luce artificiale, mentre rimango immobile e spaesata. Mi sento in soggezione, sebbene ci siano ancora poche persone.

«Isabelle Miller?»

Mi giro nella direzione della voce e vedo un volto familiare. La mia professoressa mi riconosce e con un sorriso si avvicina a me, dandomi un abbraccio. Ricambio il gesto e la saluto, non pensando di poterla incontrare.

«Professoressa Carter, è un piacere rivederla.»

«Lo stesso vale per me, pensavo fossi in Italia.»

«Sono stata a Roma alcuni anni, ma ieri sono tornata» le dico.

«Mi piacerebbe tanto scambiare due chiacchiere con te, ti andrebbe?»

«Certamente» sorrido.

Decidiamo di dirigerci verso il bar dell'università. È sempre stato il nostro punto di ritrovo e difatti, tra questi tavoli, noi studenti passavamo qui la maggior parte del tempo.

Ordiniamo alla barista un caffè e un ginseng – ho una vera dipendenza – e ci accomodiamo. La professoressa Carter è stata la mia relatrice e devo ammettere che con lei, ho sempre avuto un bellissimo rapporto. Amavo le sue lezioni e come spiegava, è riuscita a farmi appassionare alla materia che insegna.

«Sei contenta di essere tornata a Londra?» sorseggia il suo caffè.

«Molto, professoressa. L'Italia è bellissima, ma Londra è pur sempre la mia città. Ho trovato un buon lavoro, quindi ho deciso di approfittarne. Spero solo che vada bene, anche perché come ben sa, non sono riuscita a proseguire gli studi con la magistrale.»

Hard HateDove le storie prendono vita. Scoprilo ora