CAPITOLO 2

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ISABELLE

Il picchiettio di un ramoscello contro la finestra della mia camera mi risveglia, facendomi aprire lentamente gli occhi impastati ancora di sonno. Noto il cielo grigio e delle gocce di pioggia scivolare lungo tutto il vetro. Provo a riaddormentarmi, assodando sia prestissimo, ma il vento continua a battere incessantemente, disturbando definitivamente il mio riposo.

Con le lenzuola addosso, mi metto seduta e mi stropiccio gli occhi. Mi alzo dal letto svogliata e con il proposito di fare una colazione rapida e poco elaborata. Ancor prima di entrare in cucina, sento mia madre canticchiare e il rumore di diverse pentole sbattere tra loro.

Vorrei avere la sua stessa vitalità.

«Buongiorno» la saluto, vedendola riporre delle padelle dentro il mobile. Chiude l'anta di legno e si volta verso di me, dandomi una carezza tra i capelli. «Come mai sei già sveglia?» chiedo, mentre cerco di abituare la vista alla luce del giorno che incombe dentro la cucina.

«Forse dovrei essere io a farti questa domanda» indica con un gesto svelto l'orologio fissato alla parete «Devi andare dai signori Laurence per guardare Grace?» mi domanda, sapendo che di tanto in tanto faccio anche la babysitter a una bambina di cinque anni.

«No, ma il vento mi ha svegliata e non sono riuscita più a chiudere occhio» prendo delle fette biscottate dalla dispensa e la marmellata dal frigorifero. Mi siedo davanti al tavolo e con un coltello, inizio a spalmare la confettura di albicocca sopra ogni fetta.

«Belle, stavo pensando a una cosa» si mette di fronte a me, circondandomi il polso «Non devi fare tutti questi lavori per aiutarmi con le spese. Dovrei essere io a prendermi cura di te.»

«Mamma, ti prego, preferirei non riaprire questo discorso» sospiro, guardandola e posando il coltello sul tavolo per prestarle tutta la mia attenzione.

«Sono seria. Non è compito tuo, ma mio.»

«Non sono una bambina ed è giusto che io vada a lavorare.»

«Capisco cosa intendi, Isabelle» si rimette dritta, iniziando a pulire con un panno avorio il tavolo da tutte le briciole «Ma non è neppure giusto che tu debba farne così tanti. Durante tutta la settimana lavori come cassiera al supermercato, nei pomeriggi liberi fai la babysitter a Grace, la sera lavori in pizzeria come addetta alle consegne a domicilio e quando ne hai la possibilità aggiungi anche le ripetizioni di matematica ai ragazzi delle scuole superiori.»

«Fare la cassiera non mi pesa, adoro Grace, amo girare per la città con lo scooter che mi danno a disposizione e sai quanto mi piace insegnare matematica» faccio l'elenco, indicandomi le dita sotto il suo sguardo angosciato «Fare tutti questi lavori non mi è mai pesato.»

«Lo vedo quanto sei stanca, non mentirmi» vedo i suoi occhi diventare umidi e la voce iniziare a tremare. Avverto il mio cuore appesantirsi, mentre continuo a guardare il viso di mia madre rigarsi di lacrime. «È colpa mia se non riesci a trovare una buona sistemazione lavorativa e questo è perché non ti ho aiutata a continuare gli studi. Ho sempre desiderato vederti immersa nello stesso mondo di tuo padre e quando anni fa, decidesti di iscriverti a ingegneria informatica proprio come lui, sentivo che il mio sogno si stava realizzando. Sai quante volte ho immaginato di vedervi lavorare insieme?» singhiozza, non riuscendo più a parlare.

Mi alzo dalla sedia e vado da lei per abbracciarla. La stringo a me e cerco di tranquillizzarla, ripetendole che non deve affatto sentirsi in difetto. La decisione di non proseguire gli studi, ed eventualmente anche riprenderli, è stata soprattutto mia. Lei non ha nessuna colpa, è stata solo una mia scelta.

«Mamma, non piangere.»

Si abbandona al mio abbraccio, passandosi successivamente i palmi delle mani sotto gli occhi. Asciuga le ultime lacrime e mi lascia un leggero tocco sulla guancia con il pollice. «Non so come farei senza di te» mi confessa.

Hard HateDove le storie prendono vita. Scoprilo ora