Prologo

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"Casa dolce casa"

L'Inferno, noto per la sua focosità e la sua spasmodica presenza di tutto ciò che peccaminoso e maligno esisteva, mai come ora sembrava giunto ad un bivio. Ma almeno, pareva essere qualcosa di buono, in contrapposizione rispetto al luogo in questione. Ormai, gli eventi di Shirya erano stati trascritti nella leggenda, ma incompiuti sotto la storia stessa, proprio a causa del grosso punto di domanda che chiunque si era posto, venendo a conoscenza dei danni avvenuti tra Kamigami e tutto il lato a sud-est del Regno. Era una domanda che pareva senza risposta, e senza un'identità effettiva, tangibile, ma solo uno avrebbe potuto rispondere a questa, avendo vissuto il dolore sulla sua pelle. Ma ovviamente, perché soffrire ancora, dopo anni, quando vi era la possibilità di vivere serenamente, finalmente, con chi la sicurezza gliela offrirebbe pure in guerra?
«Lucifugo, sei pronto? Ti stanno aspettando alla balconata» ecco che la voce del potente Diavolo risuonò fin dentro la camera dove il principe degli Inferi, il Portatore delle Tempeste, era rimasto per qualche tempo. Era da quando egli tornò all'Inferno che sembrava esser cambiato anche nel suo spirito, prima gaudioso e sempre allegro, spensierato. Ora, pareva sempre più triste, dettato dal continuo pensiero di quanto avvenuto qualche anno prima. La morte del padre ancora lo opprimeva quanto migliaia di spine conficcate tutte attorno al suo corpo, e facevano male. Infatti, la sua risposta tardò ad arrivare, quasi come se fosse obbligato a farsi sentire:«Sì, sì, arrivo» sospirò, guardando la foto che teneva sulla scrivania, dove lui, la madre e il padre si abbracciavano felici. Felici, perché ora di ciò non ne conosceva neanche il significato. Alzandosi dal letto, strascicando il lungo mantello a terra, prese proprio quella foto, e passando le dita sulla figura di Luciftias, le lacrime gli percorsero il volto, in un momento impossibile da fermare, come quello della nostalgia. «Mi manchi, papà... grazie ancora per quello che hai fatto per me» mormorò, stringendo a sé essa, cercando solo di non esalare singhiozzi vari. Dio, quanto stava soffrendo quel ragazzo, incapace anche solo di vivere con quel dolore che lo opprimeva dal profondo. Mentirebbe se dicesse di non sentirsi solo, perché a dirla tutta era così: Luciftias era la sua guida, pur senza mai dirlo realmente. Aveva preso tanto da lui così come dalla madre, ma lo Splendente era proprio la sua fonte di coraggio nei confronti di ogni patema. E ora, a vivere con il peso di onorare il suo nome, proprio, non ci riusciva. Non come un tempo, almeno.
Perciò, asciugandosi le lacrime con una manica dell'abito regale, messosi per l'occasione, il quale era sì elegante, ma esprimente proprio la sua totale depressione, il nero quindi, prese un ultimo respiro di quella nostalgia, prima di aprire la porta, e uscire dalla sua stanza.
Sentiva le voci del suo popolo che acclamavano proprio il figlio di Luciftias, in ogni modo. Eppure, non voleva considerarsi così meritevole di riconoscenza, come avrebbero fatto con una leggenda, al pari del padre. Guardava a terra, estraniandosi da quel continuo osannare la sua figura, e ripensando a tutti quei momenti in cui lui era stato al suo fianco, a difenderlo da ogni minaccia. Ricordava persino quando si fusero assieme nella prima lotta contro Otis, a Baxiya... era bellissimo essere al suo fianco, e lui sentiva quella sensazione come una piccola, flebile, scarica di felicità: la stessa che aveva dimenticato di avere.
Ma comunque, raggiungendo i suoi nonni, Lilith e Lucifero quindi, oltre alla madre, Anachiel, oltre ad una figura che mai avrebbe pensato di aver voluto tanto al suo fianco, che no, non era Ragnar, ma qualcun altro... l'ultima goccia di vita che Luciftias aveva dato a questo mondo, Lucifugo aveva solo la necessità di mostrare a tutto l'Inferno chi lui era davvero. Non voleva piangersi addosso per questo, e anche se faceva male a pensarci, non lo avrebbe fatto. Non davanti a loro. Non con tutti loro.
Alla vista del principe, infatti, tutto il popolo infernale esplose in un boato di riverenza e rispetto nei confronti di questo, con Lucifero che, al suo fianco, disse loro, nel suo solito tono autoritario, forte e imponente:«Inchinatevi, uno per uno, dinanzi al principe Kaiyo Lucifugo Morningstar» e così, seguendo alla lettera le parole del Diavolo, ognuno di quei demoni fecero per inchinarsi da sotto la balconata della Luciferian fin chissà dove, là nelle retrovie. Egli guardava quella scena, rivedendosi tanto nel padre, per quando egli venne incoronato re ereditario degli Inferi, e quasi non ci credeva di essere lì. Tutti loro, prostrati davanti a lui, mostranti rispetto e un affetto infinito nei confronti del giovane principe che, per dire, aveva anche appena raggiunto i suoi cinquecentocinquanta anni di vita. Beh, aveva sicuramente raggiunto un traguardo grandioso.
E quando lui alzò la mano sinistra, chiudendo mignolo, anulare e pollice, mostrando solo le due dita alzate, a simboleggiare il Saluto Luciferino, ecco che lui disse, cercando di far valere più il suo titolo che la sua persona che, francamente, era ancora sotto effetto della depressione:«Grazie, grazie mille a tutti coloro che sono giunti qui. Sono passati ormai cinquant'anni da quel fatidico scontro, e cinquant'anni dalla morte del grande re Luciftias... mio padre. Ancora adesso mi sto chiedendo davvero come io sia ancora qui, senza piangermi addosso per la sua scomparsa, ma se sto facendo tutto questo è perché voglio onorarlo, anche oltre la mia più sincera disperazione. Sono sincero con voi, mio popolo: io sono infelice, e ho davvero bisogno di tutti quanti voi per sentirmi di nuovo vivo» era un discorso che toccava le corde dei loro cuori peccaminosi, ammettendo quanto ciò faceva male all'animo allegro del principe. E ognuno di loro avrebbe posto la sua vicinanza a Lucifugo, intonando proprio il loro affetto nei confronti di questo, facendosi sentire, dal punto più distante dell'Inferno fin là sotto, all'entrata del castello dei Morningstar. Vedere miliardi di quei demoni mostrare tutto il loro supporto, davvero, riscaldava il cuore del principe. E poi, sentì anche la mano rassicurante della madre, ad indicare che andava tutto bene, e che sarebbe andato tutto bene d'ora in avanti. Lo sperava, ma lo sperava con tutto sé stesso.
«Io devo la vita a mio padre e a mia madre per avermi fatto crescere e conoscere la mia anima, me stesso, oltre a quell'avventura che, a dirla tutta, ha costruito il mio essere. Shirya ha mostrato tutto ciò che poteva fare per farmi aprire gli occhi, e posso dire che c'è riuscito in pieno. E ora, a parlarvene così apertamente, quasi stento a crederci di esser arrivato fino al punto in cui ho dovuto affrontare un nostro ex fratello: l'ex demone goetico Malphas, ora noto come Decadia» aggiunse lui, alzando lo sguardo sul cielo roccioso, rosso sangue degli Inferi, a ribadire come lassù, al di sopra delle loro teste, quel viaggio lo avesse costruito, con fondamenta solide ed uno spirito unico, perfetto per sé stesso. Shirya aveva davvero plasmato il suo essere, e di ciò non poteva esser altro se non felice. Certo, aveva subito le più atroci perdite, come quella di suo padre Luciftias, ancora tanto compianto da lui e dal suo popolo, ma non poteva negare che tutto questo, in quell'anno e mezzo di avventura, aveva segnato un punto focale nella sua storia. E ora che erano passati cinque decenni da quell'ultima battaglia, poteva dire di averne fatto tesoro di quest'esperienza. Poi, quando Anachiel si affacciò più avanti rispetto a Lucifugo, la madre vedova disse con un tono regale, ma ancora segnato dagli eterni postumi di quella perdita:«Mio figlio è un ragazzo con la testa sulle spalle, capace di vedere il meglio anche in coloro che paiono inferiori. L'ha fatto con quello che ora è il suo compagno, il principe Ragnar Raugen, e per tutti coloro che hanno accompagnato il nostro Principe durante la loro avventura. E da madre sua, quale sono, non posso far altro che dire di esserne orgogliosa, per tutto quello che lui ha fatto, ormai cinquant'anni fa» e rivolgendosi proprio al figlio, con questo che faceva trasalire un sorriso gioioso, ricco di significato in quel suo silenzio, disse ancora:«Per me, tuo padre sta pensando a com'è stato fortunato ad aver cresciuto cotanto splendor di figlio. E lo stesso vale per la sottoscritta. Ti voglio bene, Kaiyo, dal profondo del mio cuore» la meraviglia per un figlio di avere un genitore premuroso, sempre pronto a elogiare ogni suo progresso, sicuramente, era un'esperienza tanto piacevole quanto motivante, e Lucifugo non era esente da questo. Infatti, mostrandosi assai raggiante dalle parole della madre, questo praticamente le saltò addosso, abbracciandola forte, in un tripudio di applausi oltre che di pura meraviglia nel vedere il Principe degli Inferi così vulnerabile dinanzi a chi l'aveva messo al mondo. «Ti voglio bene anche io, mamma. E sappi che, fino al giorno in cui questo universo perirà, io darò tutto per onorare il nome e la leggenda che papà è per questo Regno» ed ella annuì, a simboleggiare quanto ci contava in questa promessa fatta dal figlio. Sapeva che per lui, Luciftias non era solo un padre, ma un maestro, una guida e, per assurdo, anche un amico, e così era; Luciftias era noto per essere estremamente adatto per supportare il figlio nei momenti di difficoltà, e spronarlo quando serviva, in tutti i modi a lui affini. Essendo nato e cresciuto con la famiglia Morningstar da assoluto primogenito assoluto, aveva avuto modo di prender spunto dal Diavolo e dalla Madre di tutti i Demoni, ereditando i loro metodi per sfruttarli con suo figlio... ed era inutile dire che erano perfetti per vedere il suo principino perfetto e pronto per ogni evenienza. E se proprio questo era riuscito ad ereditare un intero complesso così potente e ricco di potenzialità come quello goetico, beh, sicuramente lo Splendente ebbe fatto un lavorone.
Poi però, quando fu il momento della chiosa per quanto riguardava quell'incontro col Principe, Lucifero prese la parola e, allargando le braccia, disse in direzione di tutto il popolo del quale era il re indiscusso:«Ora, se non avete niente da domandare al nostro Principe, sappiate che siete liberi di prendere congedo e riprendere con ciò che stavate facendo. Questo incontro era solo per farvi rivedere la nostra piccola leggenda vivente, gaudiosa come sempre» ma vedendo tutti quanti loro inchinarsi in segno di assenso e rispetto, era chiaro che fosse tutto chiaro. C'era chi già partì per i propri compiti, e chi invece passeggiava lì in zona.
«Ahh, quante volte ho visto i loro volti, tutti nello stesso posto, e quante volte ho sorriso per ciò. Sono un popolo così dannatamente affiatato, e io ne sono orgoglioso» disse il Diavolo, davvero mostrandosi felice nel vedere come tutto l'Inferno sembrasse aver tenuto botta dopo lo scossone dovuto alla morte del suo primogenito, nonché la seconda luce più abbagliante del Regno, dopo il Portatore di Luce. E ora, vi era un altro portatore lì tra loro: il Portatore delle Tempeste. Lucifugo proprio, sentiva come se quel momento lo avesse fatto sentire meglio rispetto alla solitudine percepita fino a prima. Non aveva motivo di sentirsi tale, ora come ora: aveva tutto l'Inferno al suo fianco, pronto a supportarlo, e lo stesso valeva anche per chi davvero lo amava alla follia, Ragnar. Che poi, ora aveva anche modo di rivolgere questo amore in modo più familiare, fraterno in questo caso, alla giovanissima sorellina Lucistos, quindi poteva dire di sentirsi pieno di responsabilità e modi per far accendere quel sorriso sul suo volto.

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