Capitolo 5 - Per ogni fine, c'è un inizio

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Ser Persifal era a terra, immobile, privo di vita. Quando Agnes si allontanò dal suo banchetto, una scena raccapricciante si presentò agli esorcisti: il corpo martoriato del loro maestro iniziò a contorcersi. L'orrore attraversò gli occhi dei suoi discepoli mentre lo vedevano rialzarsi. Erano stati addestrati per quella eventualità ma non volevano credere che fosse accaduto davvero e non si sentivano pronti a farlo: non avevano la forza per uccidere il loro maestro.

Il vampiro un tempo noto come Ser Persifal si girò verso di loro, li guardò uno per uno come una volpe che sceglie quale gallina divorare per prima. Il suo volto era distorto da una fame insaziabile, la sua umanità era dissolta. Il suo ruggito animalesco, la sua risata diabolica, il suo ghigno di malizia e oscenità: la sua bocca continuava a cambiare forma e lasciava intravedere i denti che crescevano lentamente fino a diventare zanne pronte a mordere e dilaniare. Gli altri vampiri restarono in disparte, dando al loro nuovo fratello lo spazio necessario al suo svezzamento.

Persifal si mosse rapido e letale scagliandosi contro Mileto. La mano destra del vampiro sembrava una lama affilata. Trapassò il collo del giovane e lo staccò dal resto del corpo, bevve come da un calice di vino e iniziò a divorare il cuore e i polmoni dell'esorcista come un antipasto.

Galadrele agì d'istinto: la sua frusta avvolse il busto del vampiro che aveva ucciso il suo amico fraterno. Persifal non sopportò quell'interruzione, afferrò la frusta e tirò verso di sé: impalò il torace di Galadrele, lo aprì in due e affondò la faccia in quel mare di organi.

Uffizi si avventò contro di lui, con le lacrime agli occhi e la daga in mano. Riuscì a trafiggerlo alla schiena e quasi lo decapitò, ma Persifal si girò di scatto e lo allontanò con forza. Uffizi sbatté contro la parete e cadde a terra. Un suono sordo gli invadeva le orecchie, la vista annebbiata gli permetteva a malapena di distinguere l'oscura figura che si stava avvicinando.

Sembrava finita, si stava arrendendo alla sorte, alla fine ineluttabile che gli si parava davanti: sarebbe morto per mano del suo maestro. Un altro suono però lo svegliò da quel torpore: la voce di Suor Mary che chiamava il suo nome.

Doveva reagire. Non era riuscito a salvare i suoi compagni ma poteva ancora proteggere Suor Mary. Il vampiro davanti a lui non era più il suo maestro. Con uno sforzo immane, Uffizi afferrò la sua daga e, in un ultimo disperato assalto, si lanciò contro Persifal. La lotta fu feroce, il suo cuore era colmo di dolore, furia e disperazione.

Durante lo scontro, notò ai suoi piedi Nemesis, la frusta di Galadrele, e la afferrò: si ferì alle mani ma riuscì a usarla per bloccare il nemico. Con un gesto rapido e deciso, stringendo la frusta in una mano e la daga nell'altra, trafisse il petto di Persifal e tagliò fino alla mandibola, poi estrasse l'arma e decapitò il vampiro.

Egli cadde al suolo. Era la fine di quel vampiro che aveva ucciso quelli che prima chiamava discepoli e fratelli, di quell'esorcista che aveva ucciso dozzine di demoni e vampiri, di quel monsignore che aveva giaciuto con suore e donne di strada, di quell'uomo che aveva conosciuto i piaceri del mondo e assaggiato i frutti più proibiti, di quel padre che non ebbe mai l'occasione di venire riconosciuto da suo figlio.

Mentre guardava i cadaveri dei suoi compagni esorcisti caduti, Uffizi era pronto a concludere la sua missione: i vampiri intorno a lui ripresero a muoversi e si avvicinavano lentamente.

In quel momento, Uffizi sentì un freddo glaciale attraversargli le vene e il suo sangue pulsare e ribollire. Sentiva il buio che lo avvolgeva, la gola arsa che voleva essere dissetata, lo stomaco che si contorceva esigendo di venire sfamato. La battaglia lo aveva trasformato e si sentiva sporco, corrotto, assetato e affamato.

Si guardò intorno. I vampiri sembravano indecisi ma la sua attenzione si concentrò su qualcun altro: Suor Mary.

Quegli occhi verdi lo guardavano come se fossero la luce divina stessa. Uffizi aveva capito: non era più umano eppure lo era ancora. Raccolse le armi che giacevano a terra: la frusta Nemesis nella mano sinistra, la balestra Baptista al fianco destro, la daga Crucifer nella mano destra. Si scagliò contro i vampiri e li decapitò tutti con pochi movimenti delle mani. Suor Agnes era sparita e non aveva mai nemmeno visto Lord Radu Ruthven. A quel punto, iniziò a pensare che Radu non fosse nemmeno mai stato lì e che fosse solo uno stratagemma di Agnes. Ma allora come era diventata una vampira?

Uffizi si voltò verso Suor Mary, convinto che lo avrebbe giudicato e odiato come un mostro. Lei, però, lo guardava esattamente come prima. Il suo sguardo gentile era lo stesso, non aveva paura. I due non dissero nulla e uscirono dalla tana dei vampiri. Uffizi diede fuoco all'edificio così da assicurarsi di non lasciare nulla al caso. Sentiva la luce e il suo calore sulla pelle, sentiva la leggera brezza primaverile e il profumo dei fiori. Era consapevole di trovarsi a metà tra i due mondi, tra il vampiro e l'umano. Era stato spinto oltre i limiti dell'uomo senza addentrarsi in profondità nell'oscura strada del demone. Aveva ancora lo stesso senso di giustizia che lo aveva accompagnato per tutta la sua vita e sapeva che cosa doveva fare.

Riaccompagnò Suor Mary al convento e spiegò tutto alle altre suore: Agnes le aveva tradite ed era la vera responsabile dietro quelle sparizioni. Non era pronto a dire addio a Suor Mary e doveva ancora dare la caccia ad Agnes. Era risoluto, inviò una lettera a Dama Westenra per spiegare ogni cosa. Era pronto ad affrontare il suo destino: sarebbe stato ucciso da un altro esorcista ma non prima di concludere la sua missione. Un membro dell'Ordine era stato corrotto in qualche modo e lui avrebbe rimediato.

Uffizi non sapeva ancora che cosa stava per accadere, né poteva immaginare le verità che avrebbe presto scoperto.

Exorcist - l'esorcista del crepuscoloDove le storie prendono vita. Scoprilo ora