10.

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Hazel

Il mio muffin ai mirtilli giace abbandonato sul tavolo della caffetteria, insieme al thè ormai diventato freddo. Sono concentrata sui fogli davanti a me, sui progetti che, all'improvviso, hanno preso vita nella mia testa. La matita traccia delle linee leggere ma definite, devo aver disegnato almeno dieci modelli da quando mi sono seduta qui. So che per realizzarli ci metterò mesi, so di non avere davvero il tempo di dedicarmi ad altro che non siano lo studio e gli impegni che ho già preso, ma continuo a disegnare, cercando di accantonare il pensiero dell'appartamento vuoto, dato che Mia è uscita di nuovo con Dan e non ho intenzione di disturbare Kate ed Elija di venerdì sera. Non di nuovo, per lo meno.

Con la coda dell'occhio vedo qualcuno dirigersi verso il mio tavolo, prima di fermarsi di fronte a me e bloccare quasi tutta la luce proveniente dal soffitto. Mi costringo a concentrare l'attenzione su chi mi ha interrotto, rendendomi conto, per la prima volta da ore, del vociare che mi circonda. Quando finalmente metto a fuoco il ragazzo davanti a me, tutto sembra tornare silenzioso. Spaventosamente silenzioso.

Cole rimane in piedi mentre mi guarda, la sua attenzione fissa sul mio volto, i suoi occhi che ne analizzano ogni tratto in maniera accurata e frenetica al tempo stesso. Io non respiro, non ci riesco. «Elle.» mormora a mo' di saluto, la voce che non sento da mesi più roca del solito. Nonostante il mio stato di shock, riesco a vedere bene le occhiaie scure sotto i suoi occhi blu. Un riflesso delle mie, ne sono consapevole. «Posso sedermi?» chiede speranzoso. Mi affretto ad annuire, sebbene non sia sicura che si tratti di una buona idea.

Quando Cole si accomoda di fronte a me, quando una ventata del suo profumo familiare mi colpisce in pieno e le sue gambe sfiorano le mie al di sotto del tavolo, sento il mio cuore ricominciare a battere, troppo veloce perché sia normale.
"Mi sei mancato", vorrei dirgli, "Mi sei mancato, mi sei mancato..." «Cosa ci fai qui?» chiedo invece, chiudendo il mio quaderno ed indietreggiando verso lo schienale della sedia.

Cole mi osserva a lungo, in silenzio, le mani al di sopra del tavolo che sembrano tremare, tutto il suo corpo sembra teso quanto una corda di violino. So che vorrebbe venire dalla mia parte del tavolo, so che vorrebbe avvicinarsi il più possibile. Lo so, perchè è quello che voglio anch'io.
"Mi sei mancato, mi sei mancato...".
Non mi muovo.

Lui si schiarisce la voce. «Non ti stavo seguendo, lo giuro. Stavo solo... passavo di qui e ti ho vista.»

«Okay.» sussurro, il mio cervello un'encefalogramma piatto mentre il mio corpo urla, scalcia, si agita. "Mi sei mancato. Cole, mi sei mancato."

«Elle...» comincia, sporgendosi leggermente nella mia direzione, prima di spostare il muffin e la tazza di thè verso il bordo del tavolo, lasciando il mio quaderno come unico ostacolo tra di noi.
«Mi hai chiesto tempo, mi hai chiesto spazio.» comincia, la voce che trema, gli occhi lucidi. «Sono passati tre mesi.».
Afferro il quaderno e lo stringo al seno, prima di abbassare gli occhi. Il vociare nella caffetteria sembra farsi più basso. Ci stanno ascoltando tutti.
«Elle, sto impazzendo.» continua, sporgendosi ancora. «Dimmi che un'estate è abbastanza, per favore.»

«Non posso...»

«Dimmi che possiamo dimenticarci tutto, ogni cosa, mettere da parte questo momento e riprendere da dove ci siamo interrotti.»

«Non posso.» ripeto con le lacrime agli occhi.

Cole deglutisce, si prende un momento per pensare ma non demorde. «Non posso continuare così, Elle. Non posso continuare ad aspettarti così.»

«Cole...»

«Ho bisogno di una risposta ora.» mi interrompe determinato.

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