Capitolo 9-Forbitten dream

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Emery

Quello schermo è rimasto fermo davanti ai miei occhi per troppo tempo e ormai ho perso il conto dei minuti in cui sono rimasta a guardarlo. Parola dopo parola, immagine dopo immagine, continuo a rendermi conto di quanto quello che mi sia successo sia surreale.

E se non sono capace a vivere nella mia stessa realtà, allora come ho fatto a passare gli anni della mia infanzia in questo modo? Sono domande che non dovrei neanche chiedermi, ma allo stesso tempo sono così frequenti nella mia testa che non mi chiedo più nemmeno quale sia la risposta, perché in verità la so: è Marc, la mia risposta è Marc. Dovrei chiamarlo? Oh santo cielo Emery, basta...Devi smetterla di dire sempre la stessa cosa a te stessa.

Pensa al fatto che domani mattina inizierai le lezioni alla Averdeen, che sei appena andata ad una festa affrontando la tua ansia sociale e che... sei scappata dalle amiche della tua coinquilina senza dire una parola, balbettando e rimanendo in silenzio per minuti e minuti rendendo il momento piuttosto imbarazzante...d'accordo magari questo è meglio scordarserlo, eh?

Il nome di mia madre scritto sull'articolo, seguito dall'uomo di cui nessuno apparentemente ricorda il volto e che mi ha rovinato la vita. Sono lì, immobili, tutto ciò che posso avere di loro è questo: un semplice nome di poche lettere stracolme di ricordi, spesso più brutti che altro, in cuor mio però so che dietro a quel dolore che si cela, è nascosto un velo di amore, quello che mia madre è sempre riuscita donarmi.

Mi sforzo di alzare lo sguardo per vedere l'orario ed è mezzanotte in punto.

Dopotutto non sono rimasta per troppo tempo davanti al telefono, meno male, vuol dire che la mia vista malandata non ha patito troppo la luce.

Sento comunque un leggero dolore agli occhi il che mi spinge finalmente ad alzarmi e ad andare in bagno per togliermi le lenti a contatto. Già...lenti a contatto, l'ennesimo trucco della Commissione per non farmi riconoscere tra la folla.

Prendo i miei bellissimi occhiali dall'astuccio che ho messo sul lavandino e mettendoli li guardo allo specchio, questa è la vera Emery Castle, non quella sempre perfetta che non ha difetti e che è costretta a cambiare il proprio aspetto per proteggersi.

Odio quella Emery, non ho scelto io di esserlo, ho dovuto farlo.

La luce nella stanza non è molta, ho tenuto accese solo due lampade, quella accanto al letto e quella sulla scrivania. Approfitto del fatto che sia in bagno per mettermi il pigiama e dormire, quindi subito dopo essermi infilata i miei pantaloncini azzurro pastello e la maglietta bianca più classica del mondo, cioè bianca con la scritta "It doesn't matter" in rosso poco più sotto al colletto, sono pronta per infilarmi nel letto.

Ho già infilato il caricabatterie alla presa e osservo qualche istante il materasso coperto dal piumino bianco e dal cuscino super soffice su cui presto dormirò per tre anni se tutto fila liscio.

Un passo importante...sdraiarsi su un letto.

Non ci penso, le voci si sono spente, tutto ciò che voglio ora è solo un po' di buon riposo prima che l'insonnia possa arrivare a distruggere i miei sogni, anche se questi spesso si rivelano incubi.

Le coperte mi avvolgono, posso sentire il loro calore, lo stesso identico che si prova ad essere a casa, ed il cuscino è...un buon cuscino, tutto è bello, è schifosamente bello ed io ho terrore di ciò che è bello. All'inizio tutto sembra essere magnifico, il buco lasciato dalla scorsa ferita finalmente si compensa di bene, per poi tornare a marcire, questo è quello che succede alle ragazze come Emery S. Castle e non ce ne sono molte grazie a Dio.

Una notifica del telefono mi distrae e accendendo lo schermo vedo che è un messaggio da parte di Mason.

Mason- Ciao

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