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Cosa cazzo avrebbe dovuto dire senza sembrare un completo idiota?
Avrebbe dovuto per caso ammettere che due pensieri gli fottevano il cervello in continuazione? Due cose che non potevano e non dovevano essere dette ad alta voce.
L'ossessione per il proprio riscatto e l'accecante desiderio di assaggiarla.

Pensieri che l'accompagnavano dall'alba al tramonto.
Mai lo avrebbe ammesso, l'avrebbe trattata male e questo sarebbe bastato a tenere lontana quella piccola insolente.
Tanto tra di loro già c'erano muri spessi quanto grattacieli, uno in più non avrebbe fatto alcuna differenza.

Maledetta lei e quella dannata lingua lunga.
Carino eh? Così lo aveva definito su Namek ed era proprio su quella patetica scusa di pianeta che lui aveva sentito per la prima volta quella fastidiosa sensazione nello stomaco.
E non se l'era più tolta di dosso.

Inspiegabilmente quel modo arrogante di fare della donna più che respingerlo, gli faceva venir voglia di scontrarsi con lei.
Era patetico.
E patetico era anche il fatto che i loro battibecchi erano diventati parte della sua quotidianità.
La parte migliore della sua quotidianità.
Quel Ki vermiglio...
Così debole in confronto a quello di un Sayan ma così potente per una stupida terrestre gli provocava brividi in ogni centimetro del suo corpo.

- Dove cazzo credi di andare? -

Eccolo di nuovo quell'indice puntato contro quasi fosse una pistola; che comunque non gli avevano mai fatto paura in vita sua, né quelle né gli scontri con Kakarot né addirittura la sua schiavitù con Frieza.
Eppure quel dito puntato contro lo metteva in guardia come il peggiore dei nemici.
Con l'esile corpo gli aveva sbarrato la porta impedendogli di uscire.
Lui si avvicinò così tanto da schiacciare quel dito sul suo petto.

- Te lo ripeterò solo una volta Bulma, spostati -

Si fulminarono con lo sguardo ma nessuno dei due arretrò.
Un pericoloso gioco di potere era appena iniziato con in premio nient'altro che la supremazia sull'altro opponente.
Per questo adesso doveva andare via il più velocemente possibile da quella stanza e quella terrestre.
Perché avrebbe sicuramente perso.
Il suo avversario possedeva il fascino della seduzione e la capacità tipicamente femminile nel riuscire a leggere le intenzioni maschili.
Cose che neppure il più temibile dei nemici poteva avere.

- Benissimo, se non sei capace di far funzionare le tue gambe lo farò io per te -

L'ultima volta che aveva toccato una donna in quel modo non lo ricordava neppure ma una parte di lui, quella che tentava sempre di reprimere, era sicurissima che mai in tutta la sua vita aveva reagito in quel modo.
Il suo corpo riconosceva e si riconosceva in quello della donna.

Avrebbe volentieri voluto dare un morso a quel sedere piazzato a due centimetri dalla sua faccia.
E più lei si ribellava e cercava di fargli perdere la presa, più lui non aveva alcuna intenzione di lasciarla andare.
O almeno, non adesso che aveva finalmente provato la consistenza di quel seno sulla sua pelle.

Non era un grado di provare sentimenti ma l'attrazione fisica la riusciva a sentire eccome.

La scaraventò sul letto senza un minimo di grazia né attenzioni e lei gli afferrò, quanto più velocemente possibile, il braccio; nel disperato tentativo di farlo restare ed avere finalmente le risposte alle sue domande.

- Che cazzo sta succedendo qui? -

L'aveva amata per davvero quella voce quando era una ragazzina.
Le aveva fatto fare le peggiori pazzie, i più sfrenati sogni e mai una volta avrebbe pensato che un giorno sarebbe arrivata ad odiarla.
La storia con Yamcha non era perfetta, aveva avuto alti e bassi ma quale storia d'amore non li ha?
Si era sempre raccontata questo.
Forse avrebbe dovuto smettere di sperare che prima o poi sarebbe arrivata la pace.
Forse la risoluzione ai suoi problemi era semplicemente mollare la presa.
Dopotutto lui non dimostrava mai di essere equamente coinvolto in quella relazione.
Bugie, ripetuti tradimenti e gravi omissioni: quella era diventata la loro relazione.
E Yamcha non era mai una volta onesto nell'ammettere che loro due avevano dei gravi problemi d'inconprensione, come quella volta in cui gli aveva chiesto perché dopo anni ed anni ancora non si era deciso a farle la proposta.
La risposta era stata così tanto banale e scontata che lei lo aveva cacciato di casa a calci in culo.
Sarebbe dovuta rimanere ferma sui suoi passi e smetterla di lasciarsi impietosire da quel moccioso.

- Sfregio man vai a nanna, papino se vuoi ti mette a letto con due di questi -

E poi c'era lui, un blocco di marmo finemente scolpito da qualche artista neoclassico.
Da quando c'era lui la sua vita era cambiata e su questo non poteva dare torto a Yamcha.
Vegeta passava metà del suo tempo ad allenarsi e l'altra metà ad insultare e dare ordini, eppure anche così riusciva ad essere più presente del suo fidanzato.
Le litigate con il Sayan facevano buttare il sangue e si riducevano sempre ad un mal di gola atroce.
Ma Vegeta sapeva ascoltare.
Per rispondere a tono era necessario che lui ascoltasse cosa uno stava dicendo.
Vegeta sapeva ferire con le parole perché riusciva a leggere i punti deboli delle persone soltanto osservandoli.

Bulma si sentiva sempre una perfetta idiota nel paragonare i due uomini ma non riusciva a farne a meno, nell'aria c'era una forza che gira e rigira la spingeva sempre tra le braccia del sayan.
Contrariamente a quanto pensava quell'idiota del suo fidanzato, lei aveva lottato contro questa forza fin dal primo momento.
Che ci riuscisse o meno questo era ancora da decidere.

- Ti avevo detto di non mettere piede in casa mia -

Vegeta era già pronto a riempirlo di botte, non aspettava altro fin dal loro primissimo incontro.
Non si era mai cimentato perché lo riteneva patetico e non degno neppure di una sua risposta, ma da quando viveva insieme alla famiglia Briefs l'insetto aveva cominciato a dargli un po' troppo sui nervi.

- E menomale che l'ho fatto visto che stavi per fottere con quella bestia! -

Quello sguardo.
Quella complicità senza neppure dirsi una parola, Yamcha non la dimenticherà facilmente.
È proprio in quello sguardo che le paure del guerriero trovano conferma.
Tutte le litigate che avevano avvelenato i loro giorni, le sue paranoie che venivano materializzate proprio sotto i suoi occhi; era quanto di peggio poteva succedere.
Anzi, il soggetto con cui stava accadendo tutto ciò era la cosa peggiore che potesse accadere.

- Quello che stavo facendo tu non lo sai ed a differenza tua io non ti ho mai tradito. Non parlare di Vegeta come se non fosse qui, lo sappiamo tutti che non è neppure attratto da me visto che mi tratta come una sguattera il novanta per cento del suo tempo! -

Trattarla male le aveva fatto capire questo?
Che puttanata.
Avesse solo saputo quella stupida le vere ragioni del suo carattere burbero...
Non poteva avere dubbi adesso, non quando non aveva neppure messo Bulma in condizione di sapere veramente cosa stesse pensando veramente.
E di una cosa era sicuro: avrebbe voluto volentieri passare una notte con lei.
Puro sesso e follia.

- Hai ragione... scusami mi sono fatto prendere ancora una volta dalla gelosia -

E quella la chiamava gelosia?
Quello si chiamava manipolazione psicologica.
Perché cazzo era rimasto ancora in quella stanza? Non aveva alcuna voglia di ascoltare quelle scuse false e il patetico perdono che sarebbe seguito.
Yamcha non aveva neppure idea di cosa potesse essere la gelosia, quella vera.
Quella che giorno dopo giorno ti consuma da dentro come il peggior acido.
Quella di dover guardare una donna che nemmeno sai perché ti provoca quelle sensazioni; una donna intelligente e bella costretta a dover perdonare il solito coglione che non sa tenere il cazzo nelle mutande.
La gelosia di essere il solito secondo, di non essere abbastanza forte per poter battere un guerriero di terza classe.
La gelosia di non avere più una casa, delle tradizioni da mandare avanti, una famiglia.

Non doveva azzardarsi Yamcha a parlare di un sentimento così disgustoso e complesso come la gelosia, non quando questa gli stava infettando la vita e sembrava non lasciarlo più.

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